Nella giungla di pini marittimi la frontiera di guerra e violenza di Paolo Guzzanti

Nella giungla di pini marittimi la frontiera di guerra e violenza Nella giungla di pini marittimi la frontiera di guerra e violenza DALLA PRIMA PAGINA LROMA A zona di via Capo d'Arme è un triste inferno, un residuato delle guerre sociali degli Anni Settanta e Ottanta con le occupazioni, e una frontiera di guerra delle nuove guerre sociali che vedono grumi di umanità senza difesa riuniti sotto l'inségna di un edificio che diventa una patria. E ieri quel casermone occupato da 250 famiglie si è chiuso a riccio come un fortilizio, i giornalisti sono stati come al solito attaccati, spintonati, cacciati e risuonavano clamori e pianti sui pianerottoli. Sapremo forse presto e in modo preciso come è morto questo nostro piccolo concittadino delicato, descritto dalle donne dello stabile come un piccolo sognatore che non amava le maschere di carnevale e che sorrideva con la saggezza infantile dei bambini abituati alla solitudine, ai graffi, alla violenza, le nuove scene del cortile. Una volta nel cortile si svolgevano altre violenze, l'uccisione del maiale, o dei polli. Oggi, in un luogo come via Capo d'Arme il cortile di un tempo è sostituito da una pineta in cui friniscono le cicale e in cui finiscono le vite, inghiottite in una bocca di terra, muri diroccati, testimoni muti o hi fuga. Forse, è stata una delle ipotesi di ieri sera, Simeone è stato ucciso da un ragazzino di poco più grande, un piccolo adolescente. Naturalmente si è pensato subito alla possibilità di una morte nell'abuso sessuale, ma per ora non ci sono elementi per dirlo. I bambini parlano, mescolano fantasie con realtà, paure con morbosità, hanno l'innocenza scafata dei bambini in zona di guerra che hanno visto l'amore, la morte, il diavolo ogni giorno e non si sorprendono più di niente. Il medico dice che è morto soffocato. Soffocato per la frattura dello sterno. Una forte contusione allo sterno, infatti, ha il potere di provocare la paralisi dei muscoli respiratori e l'impossibi lità di immagazzinare aria. Se qualcuno è saltato sul suo petto, fratturandoglielo, ha anche provocato la sua para lisi e morte per mancanza d'ossigeno. Ma ci sono anche altre ferite, e i medici legali per ora non se la sentono di azzardare troppe ipotesi, anche se doverosamente respin gono la casualità. Qualcuno ha voluto colpire questo esserino e fargli male, ammesso e non concesso che avesse proprio l'intenzione di ucciderlo. Chi si ricorderà più di Simeone Narducci, fra qualche mese, fra qualche settimana, in un Paese il cui mare vomita cadaveri, le cui coste sono invase da bucanieri e schiavi liberati, da cacciatori di teste e da lenoni che sbarcano e smistano prostitute? Quanta memoria volete che possa mobilitare un corpo di pochi chili, fragili per giunta, caduto in una fossa umana di miserie anche mal organizzate, sepolto dalle tavole e coperto dalle formiche, accompagnato dalla banda delle cicale che strepitano in questa rarefatta giungla romana di pini marittimi? Simeone ha dovuto percorrere poco meno d'un chilometro per arrivare al rudere della baracca. Probabilmente era un percorso che conosceva bene, e che prevede un passaggio (uno dei tanti) attraverso un buco nella rete di protezione. Adesso gli investigatori si chiedono se il bambino ucciso era solo o accompagnato, se aveva degli amici fissi o se era un solitario. E queste domande vengono poste in modo massiccio a ragazzini impauriti. La gente qui ha tradizionalmente paura della polizia, che non è abituata a considerare come l'espressione di un servizio. Del resto gli uomini del commissariato non ce la fanno a tenere sotto controllo tutta quella zona, specialmente di notte. Le case sono occupate e quindi hanno re¬ gole di convivenza che prescindono dalla legge e che si basano spesso sulla solidarietà, ma ancora più spesso sui rapporti di forza, l'antagonismo, i muscoli, il numero, il denaro. I figli crescono portandosi dietro questo bagaglio culturale. La pineta romana è un antico e perenne luogo di scampagnata svago dei romani, un luogo da picnic e da infrattamenti amorosi, ma da parecchi anni ormai la vecchia pineta dei pini amati da Respighi è anche diventata la selva. La selva delle siringhe e dei malincontri, la selva dell'orco e delle fate albanesi, dietro le quali sono rintanati i lupi armati di pistola. Inevitabilmente 1 omertà, il «fatti i fatti tuoi», diventa una regola di sopravvivenza, un modo persino etico di proteggere la propria gente, la propria famiglia, quelli che parlano la tua lingua e hanno la faccia come la tua. No, non è un delitto semplice, questo del piccolo Simeone Narducci. O meglio: forse Potrebbe esserlo da un punto i vista poliziesco, se e quando la squadra mobile, che sta lavorando sodo, trovasse il o i responsabili. Ma una cattura, una identificazione, non risolverebbero certamente il caso. Che è un caso criminale in senso lato, nel senso collettivo, ampio, comune, un crimine connesso con mille reati connessi, con mille omissioni, con il ritorno allo stato selvaggio di alcuni. Tuttavia si indaga alacremente. Il furgone mortuario che ha accolto la salma del bambino ucciso, si è subito impantanato nella sabbia, e ha dovuto essere tirato fuori con un carro attrezzi. La scena era torbida, torrida, misera. Il corpo del bambino ucciso era in una piccola bara di zinco arroventata. Paolo Guzzanti Motorini smontati e auto rubate, prostitute e spacciatori coi clienti e una selva di siringhe I controlli sono difficili le case occupate e abusive i rapporti basati sulla solidarietà e sulla forza

Persone citate: Respighi, Simeone Narducci