«Mia figlia si sente un bersaglio»

«Mia figlia si sente un bersaglio» «Mia figlia si sente un bersaglio» La madre: non li ha visti, ma ha paura lo stesso REAZIONI TESTIMONI DI UNA STRAGE «guerra» trtadini rimrite tre donmaniera gANAPOLI DESSO ha paura, è spaventata. Teme che quelli possano tornare ad ucciderla perché li ha visti, anche se erano incappucciati». Monica Nacca, 19 anni, è viva per miracolo, scampata alla pioggia di fuoco che si è abbattuta sui tre giovani operai del pastificio Russo. Un proiettile l'ha colpita ad un polpaccio ed ora è in sala operatoria, mentre la madre passeggia nervosamente in attesa di notizie. Lei è la prima di sette figli e soltanto da un anno lavora come cassiera al bar Manila, a poche decine di metri dallo stabilimento. «Mia figlia - racconta Patrizia Busiello - si è resa conto subito di quello che stava accadendo. Mi ha detto che si è gettata dietro la cassa per cercare riparo e che è stata colpita alla i clan citngono fene, una in ave. mi gamba». I chirurghi devono estrarre le schegge del proiettile rimaste conficcate nel muscolo; Monica non è grave, ma è ancora terrorizzata. «Quasi ogni giorno - racconta la madre quei tre operai entravano nel bar dove lavora mia figlia per prendere qualcosa. Da quello che ho capito dovevano essere tre bravi ragazzi. Quando mi hanno avvertito, mi hanno detto che Monica aveva avuto un incidente: sono corsa lì e l'ho trovata seduta su di una sedia fuori dal bar, per strada, mentre aspettava l'ambulanza». Non sa darsi pace: «E' una ragazza sfortunata. Dieci anni fa ha perso la vista da un occhio: le lanciarono per gioco una pietra che la colpì. Per questo motivo ha interrotto gli studi e quando un anno fa ha trovato lavoro era veramente felice». L'intervento riesce perfettamente, Monica è fuori dalla sala operatoria e può riabbracciare la madre. «E' davvero una brava ragazza - sottolinea lo zio - non ha mai avuto a che fare con gente pericolosa ed è terribile quello che è successo: poteva morire senza sapere nemmeno perché». Ferita per errore, vittima innocente di una violenza feroce. Ma anche le famiglie dei tre operai assassinati non sanno trovare una spiegazione e soprattutto non hanno più speranze. Davanti al pastificio Russo si precipita la madre di Salvatore Di Falco. Piange e urla il suo dolore: «Non aveva fatto nulla, era un bravo ragazzo e ora sta là, ucciso come una bestia. Mio figlio era buono, non aveva fatto male a nessuno». Poco distante c'è il marito, anche lui operaio nello stabilimento in cui Salvatore era stato assunto come apprendista. Era al lavoro quando i killer hanno cominciato a sparare ed è corso in strada con i colleghi. Soltanto adesso, però, lo lasciano avvicinare: con la sua tuta rossa si sporge verso il gazebo del bar, vede il corpo del figlio e scoppia in lacrime. E sono increduli e sgomenti anche i compagni di lavoro del pastificio Russo - 100 dipendenti, un marchio noto nel settore della produzione della pasta - dove ieri si respirava un'aria pesante. I tre operai erano lì da febbraio. «Non avevano mai dato problemi a nessuno». Chi parla lo fa malvolentieri, ma nessuno solleva dubbi. «Certo, li conoscevo di vista - spiega uno dei dipendenti più anziani - e secondo me erano delle brave persone. Difficile capire perché siano finiti in quel modo». E qualcuno non nasconde la paura e taglia corto ogni commento, allontanando i giornalisti: «Ma perché chiedete a noi queste cose, parlate con i dirigenti della fabbrica, noi non sappiamo nulla». [m. e]

Persone citate: Monica Nacca, Patrizia Busiello, Salvatore Di Falco

Luoghi citati: Manila