«Una città troppo buona che parla anche coi sordi» di Marco Neirotti

«Una città troppo buona che parla anche coi sordi» «Una città troppo buona che parla anche coi sordi» INTERVISTA LA DENUNCIA TORINO in prima pagina, Torino al tg, Torino di squatters in branco e di albanesi che sparano tra la folla, di parchi drogati e quartieri stravolti e inimigrazione oltre ogni soglia. Ma è la Torino che comprende, che aiuta, che accoglie e vuole dialogare anche con i sordi. Dice lo scrittore Carlo Frutterò: «Torino è deamicisiana. Franti è cattivo, aiutiamo Franti. Ma lì c'erano i buoni - scuola e famiglie - a riconvertire un solo cattivo. Le strade di Torino non sono una classe di De Amicis». Torino è laboratorio, oggi tragico. Non pensa, Frutterò, che ciò sia inevitabile? «C'è sempre stato un orgoglio da prima pagina. Questa città ha dato l'Unità d'Italia, l'Eiar, l'Auto, la Moda. Oggi va in prima pagina per fenomeni che non ha creato, ma che anzi non ha frenato». Torino «troppo buona»? «Ha un vecchio conto da saldare con se stessa: l'inmiigrazione dal Sud, quando non si affittavano case ai meridionali. In quell'immigrazione vinse. La accusavano di razzismo, ma non ci fu nessun episodio di sangue. Un tale fu processato per aver detto "napoli" a un altro e fu assolto. La città assorbì bene e imparò una linea». Oggi non è più capace di gestire i contrasti? «Si porta dietro questo dovere. E' città dell'assorbimento. Ma ora si scontra con qualcosa di diverso e più grande di lei. E' nato il problema della fermezza». Lei cita il buonismo di De Amicis, poco adatto ai killer albanesi Ma Torino ha radici profonde di comprensione. «Don Bosco era un duro, non un mansueto accoglitore: i futuri criminalotti li accettava e li piegava alla disciplina, all'utile sociale. Invece oggi si dialoga con mille Franti. Un pensiero didattico - "riuscirò a farlo rientrare in classe" - che fa ridere gli in- terlocutori, che fa loro sentire la debolezza di gM hanno di fronte. Polizia e Carabinieri, poveretti, li compiango. Acchiappano qualcuno e lo ritrovano fuori, né detenuto né espulso. Nessuno, da qui o da Roma, li autorizza a una fermezza ragionata. Ma non si tratta soltanto di fare i duri. Il Giuliani di New York non ha soltanto mostrato il pugno, ha studiato la teoria del caos e da lì si ò mosso». Per prudenza si tenta di «contenere il danno»? «Si prega, insieme, a Maria Ausiliatrice: che non succeda il peggio. Se il peggio succede, ci penserà l'elettore. Contenere il danno significa passeggiare sulla lama di un coltello. Ne parlava già Machiavelli. Firenze mette in ginocchio Arezzo e poi manifesta benevolenza e Arezzo rialza la testa. Le conseguenze diventano tragiche». E' possibile far coincidere gli slanci del volontariato con la fermezza? «La cultura del volontariato è sacrosanta, ma non può diventare quella politica di gestione dell'ordine pubblico, della legalità. A Roma come a Torino abbiamo una maggioranza tutta rosata, con speranze tutte cattoliche. Non credo che da altri, come il Polo, ci sia da aspettarsi di meglio. Ma, intanto, l'atteggiamento è di sperare che i "cattivi" capiscano, che domani vada meglio». E' anche una questione di alleanze, di maggioranze sostenute da forze diverse. «Castellani deve fare i conti con Rifondazione comunista, con l'assessore che va al corteo degli squatters. Senza Rifondazione niente maggioranza. De Amicis più le combinazioni politiche...». La reazione dura può generare risposte ancora più dure. «E a quelle si risponde ancora meglio. Ma oggi Napolitano può mettersi a fare lo Sceiba di sinistra? E così si aspetta. Finché la degenerazione costringerà a mandare un Bava Beccaris? Non è la soluzione, ma si arriverà lì. La gente resiste, ma poi... Tutti quieti, e poi per un motorino rubato cercano di linciare uno sciagurato. A Los Angeles i ghetti hanno messo a ferro e fuoco la città. Può accadere il contrario. Squatters, albanesi, spacciatori sanno con perfezione di non rischiare praticamente nulla. E' una pacchia: il limite non esiste». Si chiedono più uomini per presidiare il territorio. «Mettiamo una camionetta ad ogni angolo. E poi gli diciamo di non intervenire... Non è questione di uomini, è questione di quali ordini si danno a quelli a disposizione». Dunque, Torino come un De Amicis impaurito? «Deamicisiana e con una speranza alla cieca: non scuotiamo la barca e vediamo se il mare si calma». Allora il laboratorio è alla deriva? «Torino è stata ed è laboratorio, sede di ogni sperimentazione positiva e negativa. Ora sta a guardare altri laboratori sperando che chiudano prima di far troppi danni. E sapendo che è così, i laboratori non hanno intenzione di chiudere. Diventi laboratorio di risposte vere, anche simboliche». Marco Neirotti «Si prega che non succeda il peggio e si cerca di contenere il danno» Lo scrittore Carlo Frutterò ..• *••">.-.