l'orrore dentro sei sacchi

l'orrore dentro sei sacchi Biella: l'omicida ha 80 anni, la vittima 76. Il delitto dopo l'ennesima lite per gelosia l'orrore dentro sei sacchi Uccide la convivente e la fa a pezzi BIELLA DAL NOSTRO INVIATO E' passata di qui, per questi paesi, come una presenza ovattata, marginale. Oggi, quando diventa un ricordo, più che oggetto di una pietà diretta è la prova di un orrore, di un brandello di film trascinato fuori dal televisore e fatto vivere sulle scale di un condoniinio, sulle strade della provincia, nel silenzio di una cava. Resta poco della persona intesa come intreccio di sentimenti. Resta ancor meno della persona come corpo. Rosa Teresa Cacciatori, 76 anni, è stata massacrata dal suo uomo a colpi di spranga, poi fatta a pezzi con minuzia, tanto da riempire con testa, tronco, arti sei borse e sacchetti, buttati in un laghetto tra cocuzzoli di ghiaia e sabbia. L'ha uccisa Eligio Careggio, 80 anni. L'ha uccisa per gelosia, dopo una collana di liti. E così come è stato scientifico nel sezionarla, altrettanto lo è stato nel curare il suo alibi, che a lui pareva inattaccabile, credibile, perché se lui era certo di aver ragioni per essere geloso, allora anche gli altri avrebbero creduto a un terzo uomo: ha scritto una lettera, con una grafia alterata, l'ha messa in busta e se l'è spedita. Quando l'ha ricevuta l'ha portata di corsa ai carabinieri ai quali era stata denunciata la scomparsa di lei. Nella lettera inventava uno spasimante che, vistosi respinto, in preda a un raptus l'aveva uccisa. E adesso gli scriveva e domandava perdono. Sarà interessante per i periti decodificare i passaggi di quell'alter ego di se stesso che Careggio ha inventato forse con astuzia, forse con la lucidità di una difesa disperata, forse con quella di uno sdoppiamento delirante. Ma devono essersi ricomposte in un'unica persona le due gelosie, quando i carabinieri di Biella si sono insospettiti proprio per la lettera e con calma hanno rime scolato quelle carte che lui aveva buttato sul tavolo. Allora lui ha deciso di confessare, ha raccontato dove i vigni del fuoco avrebbero ripescato i tanti pezzetti di Ro- sa Teresa. Rosa Teresa e Eligio, due vite sempre accanto al resto di paesi e città dove sono vissuti, mai troppo intrecciate a quelle dei vicini di casa, un misto di discrezione e, forse, di cupezza da curare in solitudine. Lui è stato operaio alla Fiat: «Una pensione più alta di quelle del settore tessile», diceva con misurato orgoglio, più senso di tranquillità che esibizione, agli anziani delle poche case del paesino di Cerrione, dove viveva fino a una anno fa, una decina di chilometri da Biella. Originario di Verolengo, nel Torinese, rimasto vedovo presto con una figlia, si era sposato una seconda volta, ma anche la nuova moglie era morta. Racconta una vicina di allora: «L'aveva portata ovunque per farla curare, ma era stato inutile». Di lui ricordano, piuttosto, ima frangia gloriosa di passato: «Era stato a fare la guerra in Russia, ogni tanto ne parlava. Faceva vedere il "pacco" che chissà come gli era tornato di là». Quando incontrò Rosa Teresa, la portò a vivere con sé. Una donna non alta, un poco robusta, mol- to silenziosa, ma attenta al proprio aspetto, il bianco dei capelli corti ringiovanito da una tinta giallo-rossa. Gentile ma distante, come di passaggio, appunto. E di passaggio fu a Cerrione, perché lei chiese di andare a vivere a Gaglianico, il centro più grosso alle porte di Biella, tanto da essere tutt'uno con il capoluogo. La città, insomma, dove scendere le scale e far la spesa senza problemi, sotto casa, due passi e sei all'Ipercoop. Un condominio con una ventina di inquilini, quattro alloggi per piano: ingresso, cucina, due camere. Lì, al primo piano di via Montegrappa 36, dietro la porta oggi serrata dai sigilli e controllata da un carabiniere, andavano e venivano questi due nuovi viandanti del paese. Poche parole, lei a far la spesa senza concedere confidenze, magari restia a mescolarsi con gli altri per non essere imbarazzata da problemi di sordità in cammino, lui nei giardini pubblici accanto al municipio, per trovare qualche pensionato con cui legare, con cui forse esplorare la propria età, capire se certi sentimenti, certe mqmetudini dei ragazzi o degli adulti in forze potessero ragionevolmente albergare in un pensionato di ottant'anni. Soltanto i dettagli della confessione possono confermare o buttare via un itinerario di tormenti vissuti senza sfogo, magari ingigantiti. Siamo nei giorni del Viagra, della potenza promessa a tutti, della speranza di far tornare fisico l'affetto. Ed è curioso che il suo alter ego, lo spasimante inventato nella lettera confessi d'aver ucciso perché respinto. In quella fantasia ci sono il desiderio, l'ira per il rifiuto, ma anche l'edificazione di una prova della fedeltà di lei, giacché a firmarsi sconfitto è un altro, seppur inventato. Ci avrà creduto a un altro uomo, Eligio Careggio, mentre prendeva dalla sua Panda, posteggiata nel garage comune sotto casa, una sbarra di ferro, tornava di sopra e la colpiva più volte, fino a ucciderla? Doveva essere consapevole mentre la tagliava. Lui non aveva in casa, come il recente omicida di Torino, un manuale di anatomia patologica aperto alle pagine sul sezionamento dei cadaveri, però ha agito con misurata perizia sulle giunture, sui punti più fragili. Ha riempito borse e sacchetti. Settanta chili divisi per sei sono più agevoli da trasportare, soprattutto a 80 anni. Li ha caricati sulla Panda e, pochi chilometri dopo, nella notte, era nel silenzio del paesaggio lunare che sarebbe Bessa se non fosse per il verde intorno e i due laghetti. Nell'acqua, a poche cen- tinaia di metri dalla sua prima casa, ha lanciato borse e sacchi. Poi è tornato e si è scritto la lettera dello spasimante respinto. Sarà un perito psichiatra a raccontarci di lui, di quell'ansia, quella gelosia in un'età che i più giovani non conoscono e alla quale non riconoscono pulsioni sessuali. L'immagine di Eligio Careggio che esce dai comunicati scarni sembra riportarlo, a parte l'orrenda conclusione, alle pagine più disperatamente e spudoratamente umane del «Delirio» di Barbara Alberti, ambientato in un ospizio. Ma quel capitolo finale che lui ha scritto, per lui così rassicurante, di lei che respinge altri, salvandone con l'affetto anche l'orgoglio, dipingono non un mostro ma un uomo dal dolore incontenibile, capace di trasformarsi in odio, in incapacità ad accettare, in buio dei sentimenti. Odio per una donna che era rimasta ai margini. Così ovattata che difficilmente oggi la vita di Rosa Teresa diventerà «pietas», piuttosto cardine di stupore, orrore, curiosità. Marco Neirotti Ha lanciato i resti in una cava a pochcentinaia di metri dalla sua prima cas Poi si è spedito una lettera che attribuiva l'atto a un amante respinto Sopra: carabinieri davanti alla casa in cui l'anziana coppia conviveva. A sinistra: i laghetti di Bessa dove l'uomo ha gettato i borsoni con i resti della moglie ..• pili Hi

Persone citate: Barbara Alberti, Careggio, Eligio Careggio, Marco Neirotti, Rosa Teresa, Teresa Cacciatori