L'Europa rammenti la lezione bosniaca di Aldo Rizzo

L'Europa rammenti la lezione bosniaca OSSERVATORIO L'Europa rammenti la lezione bosniaca A ragione il ministro . degli Esteri albanese. Continuiamo a chiamarla la crisi del Kosovo, ma ormai è guerra. E' la guerra del Kosovo, dopo quelle di Slovenia, Croazia e Bosnia. Con autentiche battaglie, come quella presso il villaggio di Junik, che ha fatto almeno trenta vittime, o come quella per il controllo della cittadina di Orahovac. Sarebbero più di cento i morti in due giorni. E' guerra interna al Kosovo, tra la maggioranza albanese e l'oppressiva minoranza serba, e in parte è già guerra esterna, tra la Serbia di Belgrado e l'Albania di Tirana. Se si continua così, prende corpo l'incubo di una guerra balcanica, più estesa e grave di quella bosniaca. Di chi è la colpa? E che cosa si può fare per dissipare l'incubo? La colpa è soprattutto di Slobodan Milosevic, il leader del nazionalismo panserbo, ora presidente di ciò che resta della Jugoslavia. Fu lui, nove anni fa, all'inizio dell'esplosione nazionalista, a togliere ai kosovari quello statuto di autonomia di cui avevano goduto sotto Tito e nel dopo-Tito. Incurante del fatto che, su due milioni, i kosovari sono per il novanta per cento di etnia albanese-islamica, e dunque i serbi-ortodossi sono solo duecentomila. Ora,come ora, . qualche responsabilità spetta anche ai kosovari albanesi, che hanno estremizzato le loro richieste fino al limite, ampiamente varcato, della lotta armata. E qualche parola va spesa anche per gli albanesi di Albania, che riforniscono di uomini e armi i «connazio nali» d'oltreconfine. Ma è chiaro che non si può chiedere moderazione più che tanto a chi, in casa propria, non fa che subire soprusi e violenze. Quanto all'Albania propriamente detta, non è tanto il governo a soffiare sul fuoco, quanto l'opposizione, o gruppi sbandati sopravvissuti al caos: col risultato, però, che anche il governo, per non farsi scavalcare, si è messo a fare la voce grossa. Una situazione così intricata fa capire quanto sia difficile rispondere alla classica do manda: che fare? Quattro mesi fa, quando la crisi già co minciava a diventare guerra l'Occidente si pose due obiettivi: costringere Milosevic I ridare l'autonomia al Kosovo e I indurre i kosovari a trattare con Belgrado rinunciando al sogno dell'indipendenza. Entrambi gli obiettivi sembrano al momento falliti, il tempo della mediazione sembra superato dal ritmo degli avvenimenti. Si è sbiadita fin quasi a scomparire la figura del leader moderato di Pristina, Ibrahim Rugova, a favore di una dirigenza radicale di cui non si conoscono bene i nomi e i volti. Una situazione drammatica. E allora l'uso della forza, come già in Bosnia, per poi imporre un realistico negoziato di pace. Questa sembra ad alcuni o a molti la soluzione obbligata, ma quanto è difficile anch'essa... Intanto, a differenza dagli americani, gli europei vogliono un mandato dell'Orni, e questo può essere impedito dalla Russia, ambiguamente ma sostanzialmente filoserba. Si aggiunga che formalmente il Kosovo è parte della Serbia, e dunque si tratterebbe di un caso giuridico delicatissimo. Bombardare chi? E dove? Non è come in Bosnia, dove esistevano un'infrastruttura militare e linee d'attacco serbe fuori dalla Serbia. E poi i raid della Nato non sarebbero un decisivo incoraggiamento agli indipendentisti kosovari? In ultima analisi, un attacco occidentale significherebbe una guerra alla Serbia. E non potrebbe essere proprio questa la scintilla decisiva di quella grande guerra balcanica che l'Occidente vuole impedire? Una conferenza internazionale, che congelasse la situazione sul terreno e cercasse le vie di una sistemazione geopolitica stabile di tutti i Balcani, lasciando sullo sfondo la possibilità estrema ma reale di un decisivo intervento militare, potrebbe essere una carta da giocare. Soprattutto per l'Unione europea, se essa avesse la volontà e la forza necessarie. Ma questa è solo un'ipotesi ottimistica, mentre le cose volgono al peggio. Aldo Rizzo

Persone citate: Ibrahim Rugova, Milosevic I, Slobodan Milosevic