Un motivo in più per la pace di Foto Ansa

Un motivo in più per la pace Un motivo in più per la pace Solo un 'intesa spiazzerebbe i terroristi RETROSCE NI A TRA PAURA E SPERANZA RGERUSALEMME EHOV Jaffa, la via più centrale di Gerusalemme, specie all'angolo di piazza Sion, è a tutte le ore un coacervo di studenti, turisti sudati, soldati, gente affaccendata per negozi, banche, uffici. Se il furgone con il suo carico di morte, con gli esplosivi, ma anche con i gas e le centinaia di litri di benzina, e le decine di chili di chiodi fosse esploso là, sarebbe stata una strage immensa, senza precedenti. Più grande ancora di quella occorsa poche centinaia di metri più su, al mercato centrale, esattamente un anno fa, con 16 morti. E allora il ministro della Difesa Yitzhack Mordechai, sull'onda dell'ira e del dolore popolare, avrebbe certo dovuto cancellare l'incontro di ieri sera all'Hotel Dan di Tel Aviv con il vice di Arafat, Abu Mazen. Davvero non sarebbe stata cosa da poco: Hamas ha scelto molto bene ieri il suo obiettivo, poiché l'incontro fissato, il primo ad alto livello dall'ottobre 1997, quando si incontrarono Arafat e Netanyahu, ha assunto in questi giorni il valore di un vero e proprio summit. Questo per varie ragioni: la prima, che per arrivare a queste due ore di colloquio c'è stato un lavoro enorme, in cui ha primeggiato come al solito lo sforzo america¬ no, ma al quale non sono stati estranei nemmeno gli emissari europei. Il secondo, che i due protagonisti dell'incontro sono, all'interno dei rispettivi mondi, fra i più propensi alla pace. In particolare il ministro della Difesa israeliano Mordechai è un politico che spicca per la sua moderazione e per la sua dichiarata fedeltà agli accordi di Oslo. Ha più volte ripetuto che ormai è arrivato il tempo di firmare il secondo sgombero dai territori occupati e si capisce che la proposta americana di lasciare in mano palestinese un altro 13% lo trova più o meno d'accordo. Inoltre, ultimo punto ma non meno importante, il più falco fra i ministri nel governo di Bibi, Ariel Sharon, si trova in Cina, e non può quindi compiere immediate azioni di ritorsione. Forse è anche per questo che Netanyahu ha dato a Mordechai il mandato per trattare personalmente la percentuale dello sgombero. Ma ha poi aggiunto (e questo tutto sommato dà più forza alla trattative) che successivamente vuole essere essere lui a prendere con Arafat le ultime decisioni. Dopo che a sera alla fine della riunione Mordechai ha lanciato la sua proposta di tre commissioni (una sulla sicurezza, una sulla Carta palestinese, e l'ultima su quel 4% che appare problematico all'interno del 13) si può dire che per ora il tentativo di Hamas di far saltare ancora una volta per aria, in senso letterale, il processo di pace, non è riuscito. Restano tutti i dubbi legati ai prossimi probabili tentativi di Hamas, alle ormai troppo prolungate incertezze del leader israeliano, e alle reticenze di Arafat rispetto alla Carta e a Hamas. Ma si può dire che il tentativo fortunatamente abortito ieri può dare ad Arafat una buona giustificazione per andare incontro agli israeliani, intervenendo con forza contro il braccio armato dell'organizzazione estremista (che da tempo, per altro, mina anche il suo potere) e di stroncare quindi anche le frange più .estremiste che insistono per mantenere nella Carta la promessa di distrazione di Israele. Netanyahu, a sua volta, sa di essere indebolito. Gli Usa non lo considerano con quel riguardo a cui erano abituati i leader israeliani; l'Olp gode invece di un ottimo momento nell'opinione pubblica internazionale; il suo status è stato promosso all'Orni, e il Consiglio di sicurezza ha condannato Israele per l'espansione dai confini di Gerusalemme; tutti, inoltre, considerano che realisticamente Arafat dichiarerà lo Stato palestinese entro un anno. Ambedue i contendenti dunque vanno indeboliti all'incontro, Arafat da Hamas e dalla lunga attesa, e Netanyahu dalla sua stessa paura, dalla sua politica di incertezze, dal suo proprio governo. Adesso, parrebbe quindi una buona situazione per trovare un accordo. Ma il cittadino di Gerusalemme ha ricominciato invece a tremare, a non usare gli autobus, ad attendere con ansia il ritorno a casa dei bambini. Fiamma Nirenstein Preso l'attentatore, aveva tre bombole di gas, centinaia di litri di benzina e 30 chili di chiodi Netanyahu: sempre più urgente un accordo sulla sicurezza Qui a fianco il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu Il furgone imbottito di esplosivo che doveva fare un nuovo massacro a Gerusalemme [foto ansa]

Luoghi citati: Cina, Gerusalemme, Israele, Oslo, Tel Aviv, Usa