«Federica, lottiamo con te» di Lodovico Poletto
«Federica, lottiamo con te» «Federica, lottiamo con te» «Per un minuto ho stretto la mano a mia figlia» INTERVISTA IL DRAMMA PTORINO APA' Adriano indossa ancora la stessa Lacoste giallo canarino che s'è infilato l'altra notte prima di uscire di casa. Ma lo sguardo, se possibile, è ancora più disperato di quand'è arrivato in ospedale: «I medici dicono che c'è qualche speranza di salvarla. Ma bisogna aspettare. Ventiquattr'ore, dicono, poi si saprà...». Sono le quattro del pomeriggio e da quasi dodici ore non torna a casa, papà Adriano. Non riesce nemmeno a piangere. Ha gli occhi scavati, che guardano fisso in avanti. E le parole che si fermano in gola: «E' tutto un incubo, un incubo senza fine». Per tutto il giorno non c'è stato verso di schiodarlo dalla porta del pronto soccorso. Ha mangiato una brioche e bevuto un caffè, a forza. Ripete: «Devo sapere, Federica è la mia unica figlia. Non posso andarmene, non voglio andarmene». Quando gli spiegano che stanno arrivando il sindaco di Torino Valentino Castellani e il suo vice Domenico Carpanini fa una smorfia/quasi di rabbia: «E cosa vengono a fare qui, adesso? Che cosa possono fare ora? Dovevano pensarci prima...». In che senso dovevano pensarci prima? «Nel senso che questa città è diventata ormai invivibile; ovunque ci sono problemi, disordine, delinquenza. E se il sindaco viene qui adesso glielo dico: torni ad insegnare al Politecnico. Doveva pensarci prima alla sicurezza della gente, non ora. Queste cose in una società civile non si possono né accettare né giustificare. Dice bene lui: ma di là, dietro quella porta a vetri c'è la mia bambina. E la sua vita è appesa a un filo». L'avete vista, Federica? Siete riusciti a parlare con lei? «I medici ci hanno fatti entrare per un minuto, mia moglie ed io. Il tempo di stringerle forte la mano, di dirle siamo qui, con te. Noi non ce ne andiamo. Ma lei è lì, tutta intubata. Non si muove, non parla. Forse non riesce neanche a sentirci. Dio mio, che tortura. Un dolore, che non auguro nemmeno al peggiore dei miei nemici». Le amiche di Federica hanno detto che è una ragazza senza grilli per la testa, che studiava sodo e usciva poco di casa. «Non usciva mai. Pensi: era da un mese che il sabato sera stava a casa; aveva preparato un esame per l'università. Frequenta il quarto anno di psicologia, Federica. Pochi giorni fa l'ha passato ed era contentissima. L'altra sera era la prima volta, da un mese, che andava in giro con le amiche». Ed è successo l'imprevedibile... «Come fai a pensare che possano accadere cose così, come fai a fartene una ragione? Si potrebbe capire un incidente stradale, ma non questo. Una esce dalla macchina, fa per andare al bar e la pallottola sparata da un pazzo ti riduce così, su un letto d'ospedale. A ventitré anni. Mi dica lei che senso ha tutto questo». Aveva mai avuto problemi in passato, Federica, girando di notte con gli amici? «E sì che ne aveva avuti. Poco prima della fine dell'anno era stata aggredita una sera mentre tornava a casa. Era vicino alla chiesa della Gran Madre. L'avevano bloccata e rapinata. Ma lei non ha mai avuto paura. E' ima ragazza coraggiosa, una con una forte determinazione...». Mentre papà Adriano si sforza di parlare, incontra il sindaco Castellani che gli stringe la mano e gli dice «Coraggio», mamma An¬ dreina, sta seduta lì, nella sala d'attesa del pronto soccorso. Le sue mani, nervose, stringono forte altre mani, di parenti e amici. Ha gli occhi arrossati di chi ha pianto disperata per ore Andreina Ferrerò. Ha le labbra che tremano e lo sguardo lontano. Quando il vicesindaco Carpanini si avvicina lei trova ancora solo la forza di dirgli: «Pensi che di là, in quella stanzetta, c'è mia figlia che sta morendo». Niente serve a tranquillizzarla. Non i parenti che l'abbracciano. Non i quattro passi fuori dall'ospedale dove ci va sottobraccio ad un'amica. Non il medico che si affaccia sulla porta e fa un cenno a papà Adriano: «Venga un attimo...». Si alza e corre pure lei accanto al chirurgo che dice: «Siamo cautamente ottimisti...». Quando la porta del reparto si chiude, mamma Andreina torna a sedere: «Io non posso stare tranquilla. Rivoglio mia figlia. E sarò tranquilla solo quando tornerà a sorridermi». Lodovico Poletto «Da un mese non usciva di casa il sabato con le amiche preparava un esame di psicologia» L'abbraccio del sindaco Castellani al padre
Persone citate: Carpanini, Castellani, Domenico Carpanini, Valentino Castellani
Luoghi citati: Torino
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