Perseverare, Punica strada del leader «imprigionato»

Perseverare, Punica strada del leader «imprigionato» Perseverare, Punica strada del leader «imprigionato» DALLA PRIMA PAGINA MA perché l'inquilino del Bottegone continua a resistere sull'idea di un dialogo con il Polo a costo di andare ad una conta nella Quercia? Perchè insiste malgrado l'insuccesso della Bicamerale e la battaglia di questi giorni sulla Commissione su Tangentopoli? Perchè non demorde malgrado consideri - probabilmente ricambiato - Berlusconi «un ostacolo», «un farabutto», «un inaffidabile»? Che queste siano le sue intenzioni anche dopo le giornate di Napoli non ci sono dubbi. Basta guardare al suo intervento di ieri. L'idea di una depenalizzazione del reato di finanziamento pubblico ai partiti - lanciata dal Ppi e ripresa dal segretario diessino - ha suscitato interesse anche nel forzista Marcello Pera. E anche l'altra proposta che ad alcuni può apparire comica, quella cioè di istituire una commissione di cinque saggi su Tangentopoli, è un tentativo sia pure timido e goffo di mantenere aperto un dialogo con l'opposizione, di guadagnare mesi in attesa di tempi migliori: se si consultano gli annali parlamentari, infatti, si scoprirà che una Commissione di saggi aprì la strada alla costituzione della Commissione P2. Appunto. Perchè D'Alema persevera? Sicuramente perche il segretario diessino non ha un'altra politica. Se mollasse il dialogo con l'opposizione e abbandonasse del tutto il sogno delle riforme, a D'Alema non rimarrebbe, che seguire la ricetta Prodi, cioè la politica dell'Ulivo sarebbe affidata del tutto al governo e, di conseguenza, ai partiti; e ai leader della coalizione non ri- marrebbe nessun ruolo e nessuna visibilità. Insomma, andrebbe affermandosi la versione dell'Ulivo che il segretario della Quercia osteggia di più: «La politica è affidata ai tecnocrati e agli ottimati del governo mentre i partiti della coalizione vengono relegati al ruolo di serbatoi di consenso, di portatori d'acqua». E che il rischio ci sia lo dimostra la nuova geografia che si sta delineando nella Quercia. A stare appresso ai conti che si fanno al Bottegone, D'Alema può contare ancora almeno sul 60% del partito; ma intanto Folena dà l'impressione di essersi spostato su una posizione mediana tra lui e il vice-presidente del Consiglio, Cesare Salvi gioca per sè, mentre aldilà degli ulivisti, di Occhetto e delle sinistre interne, la componente veltroniana oltre ad alcuni ministri e personaggi come Piero Fassino, può contare anche sul capogruppo dei depu- tati Fabio Mussi. La Quercia è, quindi, un partito diviso in cui se il segretario non è ancora imprigionato, sicuramente è bloccato dalle divisioni. Da qui l'obbligo di arrivare ad un Congresso vero, in cui D'Alema possa conquistarsi una nuova emancipazione dai suoi dopo le sconfitte di questi mesi. Ma aldilà delle questioni interne, di leadership, ci sono ragioni più profonde che spingono il segretario diessino a mantenere la strada del dialogo con il Polo. Intanto perchè D'Alema è convinto che un Paese non si può spaccare a metà su un tema delicato come la giustizia. In secondo luogo perchè crede - a differenza di Prodi - che la strada di una contrapposizione dura con il Polo su un argomento del genere non giovi, affatto, all'Ulivo. Anzi. Eh sì, perchè un conto è polemizzare con Berlusconi sui temi della giustizia, alzando i toni, mentre il Cavaliere è al governo come nel '94, oppure quando si è in presenza di un governo tecnico come nel '96. Ci può essere anche qualcosa di eroico nel contrapporsi a quell'immagine di Potere conquistato con l'illegalità che fu appiccicata al leader del Polo. Cosa diversa - e ben più problematica - è impostare una battaglia del genere da Palazzo Chigi contro il leader dell'opposizione specie quando il governo non gode di grandi indici di popolarità: in una condizione del genere il Cavaliere può lanciare l'accusa di regime, di persecuzione dell'opposizione e unire sotto la sua bandiera la parte del paese che critica i giudici con quella che non ama il governo. Su questo schema - tanto per fare un esempio - Berlusconi è riuscito a portarsi dietro anche una forza con un passato forcaiolo come la destra di Fini. Solo chi è miope per eccesso di giacobinismo o perchè è del tutto digiuno di politica, non vede il pericolo che c'è dietro l'angolo. Un rischio che spinge lo stesso capo del pool di Milano, Borrelli, a parlare di pacificazione. Uno scenario terribile che un altro magistrato di ben altro segno, Carlo Nordio, descrive così: «Se il confronto sulla giustizia si blocca le due parti resteranno con i rispettivi pregiudizi e veleni e lo scontro definitivo sarà solo rinviato. Perchè è ovvio che se l'opposizione di oggi diventerà la maggioranza di domani, la resa dei conti verrà. Con l'aggravante che se gli elettori avranno mandato al governo un leader condannato dai tribunali, avremo una sconfessione libera e democratica dell'intera magistratura alla quale farà seguito una commissione d'inchiesta che, democraticamente istituita, sarà spietata». Augusto Miitzolini II segretario sul finanziamento illecito ai partiti «Le sanzioni sono preferibili al carcere E per i deputati anche decadimento dalla carica» Nella foto a sinistra il ministro dell'Interno Giorgio Napolitano con il sindaco di Napoli Antonio Bassolino Qui sopra il leader del Polo Silvio Berlusconi

Luoghi citati: Milano, Napoli