Polo, coro di no al progetto della Quercia
Polo, coro di no al progetto della Quercia Casini: perché non una seduta spiritica? Pisanu: marcia indietro. La Loggia: temono la verità Polo, coro di no al progetto della Quercia Frattini: i saggi? Così si delegittima il Parlamento ROMA. Il Polo boccia senz'appello la proposta dei cinque saggi, sia perché la considera un'ulteriore passo indietro da parte della sinistra nei confronti dell'invocata commissione su Tangentopoli, sia perché non ritiene una garanzia di obiettività il fatto che la scelta dei saggi sarebbe affidata a Mancino e Violante. Per il presidente dei senatori di An, Maceratini, «è un escamotage dell'ultima ora, un'idea fantasiosa». «Il Polo - dice Enrico La Loggia - propone una commissione d'inchiesta e D'Alema ci risponde proponendo un talk show su cui il Parlamento potrà fare dei commenti al fine di calcolare un indice di gradimento. Hanno paura della verità». Per Beppe Pisanu, quella di D'Alema «è una clamorosa marcia indietro. Insisteremo sulla votazione per una commissione di inchiesta. Ognuno si assuma le proprie responsabilità. Se perderemo, avremo la pazienza di aspettare tempi migliori. Prima o poi la verità storico-politica su Tangentopoli dovrà pure venire a galla». «Andando avanti di questo passo D'Alema ci verrà a proporre una seduta spiritica su Tangentopoli» ironizza Casini. E Mastella commenta: «Finalmente la montagna ha partorito il topolino». Contrario alla proposta è anche Franco Frattini (Forza Italia), presidente del Comitato parlamentare per i Servizi, ideatore della commissione su Tangentopoli. Allora, onorevole Frattini, come giudica questa nuova proposta dalemiana? «La sua è una soluzione perfettamente in linea con la storia della nostra politica. Non vorrei fare la parte di quello che mette la benzina sul fuoco, ma pensando alla proposta di D'Alema mi viene in mente l'on. Craxi, il quale teorizzava che quando si vuole accantonare un problema si ricorre a una commissione di saggi. Già, le esperienze del passato ci hanno insegnato che questo è il modo per insabbiare le que- stioni. Del resto, lo stesso segretario diessino lascia intendere che il fine ultimo è quello di accantonare la proposta di un organismo parlamentare con veri e propri poteri d'inchiesta». Insomma, lei non crede che D'Alema voglia riaprire il dialogo col Polo? «Io penso un'altra cosa. E cioè che D'Alema, inconsapevolmente, riveli con quella sua proposta una visione antidemocratica. Sostenere che è meglio affidare un lavoro di ricostruzione del fenomeno Tangentopoli a 5 saggi, significa che si ritiene il Parlamento non idoneo a esaminare una vicenda così importante. Si giudicano non idonei coloro che vengono eletti dal popolo e che detengono il potere democratico». Non le sembra di esagerare? «No. Guardi, io sono convinto che D'Alema sia inconsapevole di tutto questo, ma ciò non toghe che in questo modo si delegittima il ruolo del Parlamento. Comunque, non si capisce perchè quando si tratta di stragi nere, di servizi deviati, bisogna per forza fare una commissione (il che è giusto, per carità), ma appena si parla di Tangentopoli, allora le cose cambiano, si invocano cinque esperti per redigere l'ennesima forse la trecentesima - pubblicazione "storica" su questo fenomeno. Ma siamo seri, non scherziamo!». Quindi Fi boccia senza appello l'idea dei 5 saggi... «Potrei anche arrivare a ipotizzare che, come è accaduto per la Commissione sulla cooperazione allo sviluppo - che si avvalse dell'aiuto di Di Pietro e di Paraggio - l'organismo parlamentare d'inchiesta su Tangentopoli possa avvalersi dell'apporto degli ultimi tre presidenti della Corte Costituzionale. Garantirebbero che la commissione non venga usata come una clava nella lotta politica. Ecco, si può ipotizzare una cosa del genere, ma piuttosto che dire quello che ha detto il leader della Quercia, sarebbe più onesto ammettere che non si vuole la verità, punto e basta». Nelle trattative sulla commissione, lei non ha mai avuto l'impressione che D'Alema volesse venirvi incontro, e che non l'abbia potuto fare perché in minoranza nel suo partito? «La mia, a riguardo, è più di un'impressione. Una parte consistente dei Ds ha imposto una frenata». D'Alema avanza delle ipotesi anche sul tema del finanziamento illecito... «Gran parte dei Ds, e, per onestà, anche parte di An, qualche mese fa, persero l'occasione di votare a favore della depenalizzazione di quel reato. Adesso D'Alema torna a porre il problema, ed è un fatto che potrebbe contribuire a rasserenare il clima, ma sento parlare di sanzioni che prevedono il decadimento dalla carica di parlamentare, e su questo non sono d'accordo. Ipotizzare che un deputato possa perdere il suo seggio perché è stato rinviato a giu- dizio o perché ha ricevuto una condanna di primo grado, senza aspettare la sentenza della Cassazione, è pericoloso. In questo modo i magistrati sceglierebbero loro chi sta in Parlamento, alterando le regole democratiche della rappresentanza». Allora lei non chiude del tutto la porta... «Io penso che sia necessaria una rilettura delle conseguenze penali del costo della politica. Ma non è che per affrontare questo problema non si deve varare la commissione. Infatti non si può pensare di dettare le nuove regole con alcuni partiti che si presentano con il capo cosparso di cenere, e uno solo che fa il paladino con le mani pulite. Io a un'ipotesi del genere non ci sto: prima voglio verificare se quelle mani sono veramente pulite. Noi siamo disponibilissimi al dialogo e convinti che 10 si debba portare avanti, ma a questa condizione preliminare». Maria Teresa Meli
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