Nasce a Roma la Corte contro le atrocità

Nasce a Roma la Corte contro le atrocità Dal segretario Onu Annan e dai firmatari un appello all'America che non aderisce al trattato Nasce a Roma la Corte contro le atrocità Un tribunale mondiale per i crimini più disumani ROMA. Alle 16,36 di ieri il ministro degli Esteri, Lamberto Dini, ha posto la prima firma sul grande libro con i 116 articoli dell'Atto Finale della conferenza diplomatica di Roma che ha dato vita ad un Tribunale permanente internazionale che non ha precedenti nella storia. «Un Tribunale - ha detto Dini - efficace, indipendente ed autorevole come ci eravamo proposti» per perseguire i delitti più atroci contro una comunità: genocidio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità, aggressione. Nella sala degli Orazi e Curiazi del Campidoglio, la stessa dove quarant'anni fa fu siglato il Trattato istitutivo della Comunità europea, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, tradendo qualche emozione, ha salutato il «Trattato di Roma» del Tpi come «un momento storico e di grande speranza, un passo gigantesco sulla via della giustizia. Perché ora i crimini non resteranno più impuniti». «Non c'è dubbio - ha aggiunto che molti di noi avrebbero voluto una Corte con poteri più ampi ma questo non deve farci minimizzare la svolta fatta, che fino a pochi anni fa nessuno avrebbe creduto possibile realizzare». Subito dopo si sono alternati alla firma dello statuto i plenipotenziari di 16 paesi, fra cui Angola, Andorra, Spagna, Olanda, Albania, Grecia e Ghana. Gli altri fra i 120 che lo hanno approvato sabato notte - potranno firmarlo in Campidoglio, dove rimarrà custodito fino al 17 ottobre data in cui verrà preso in consegna da Kofi Annan, che raccoglierà eventuali altre eventuali adesioni entro il 31 dicembre dell'anno 2000. Durante la cerimonia hanno preso la parola in pubblico, dopo cinque settimane di lavoro nel Palazzo, della^ao, i protagpnisti della conferènza. «Abbiamo con tribuito a scrivere questa pagina di stona che segna un passo jfon, damentàle' nella protezione dei diritti umani a cinquantanni dalla loro Dichiarazione universale. Entriamo così nel nuovo millennio a testa alta» ha detto Giovanni Conso, presidente dell'assemblea della conferenza ed apprezzato mediatore dietro le quinte. L'egiziano Cherif Bas siouni, presidente del comitato di redazione dello statuto, ha lo dato i 5000 delegati rifacendosi al motto coniato da Winston Churchill per i piloti della Raf che vinsero la battaglia d'Inghil terra nel 1941: «Mai così tanti hanno dovuto così tanto a così pochi». Ma l'applauso più forte la platea di diplomatici e dignitari l'ha risevato al canadese Philippe Kirsch, presidente del comita to congiunto e battagliero nego ziatore, che non ha smentito la sua fama di uomo pratico ed es senziale neanche in Campidoglio: «Il mondo ha deciso di dire basta ai crimini ma ora invito ad aderire quei Paesi che non lo hanno ancora fatto ed a ratifica re chi ha deciso di firmare lo Statuto». L'appello ai 7 Paesi che hanno votato contro lo «Statuto di Ro ma» - India, Cina, Israele, Tur chia, Sri Lanka, Filippine, ma soprattutto agli Stati Uniti - è stato il leit-motiv della giornata. Tanto Dini che Kofi Annan non hanno nascosto l'«amarezza» per quei voti contrari. «Il negoziato è stato difficile talvolta anche aspro ma ci auguriamo e ci aspettiamo che la firma americana arriverà» ha detto Lamberto Dini, convinto che «una più meditata valutazione del modo di essere e di operare della Corte» possa indurre i non firmatari a ripensarci entro «una scadenza non lontana». «Spero che la posi- zione americana non sia definitiva - ha commentato Kofi Annan e mi dispiace che non sia stato possibile risolvere le differenze in questa sede». Ed il commissario europeo Emma Bonino ha poi messo il dito nella piaga: «L'America è una grande democrazia, non merita di essere esclusa». Ai non firmatari si è rivolta anche la Santa Sede con il suo capo delegazione, monsignor Renato Martino perchè «Stati Uniti, Cina, India e Israele sono nazioni importanti che rappresentano metà della popolazione mondia¬ le». «A noi è particolarmente dispiaciuto - racconta Umberto Leanza, capo della delegazione italiana alla conferenza - la mancata firma israeliana, solo per ragioni di realpolitik, perché il popolo ebraico è fra quelli nella storia che più hanno sofferto per questi orrendi crimini contro l'uomo». Leanza comunque parla di una conclusiva «vittoria della ragione» resa possibile «grazie a grandi e piccoli Stati che hanno lavorato insieme a noi». Dopo la cerimonia della firma Kofi Annan è arrivato sulla piaz¬ za del Campidoglio accompagnato dal sindaco Francesco Rutelli. Fra una selva di bandiere europee, Onu e radicali Annan ha ringraziato «i romani per il vostro contributo» ricevendo in risposta dai molti militanti della campagna «Non c'è pace senza giustizia» il grido di «Viva la corte». La festa radicale in Campidoglio si spiega anche col fatto che, come ha ricordato Marco Pannella, «siamo stati noi i pioneri del Tribunale promuovendone la costituzione dieci anni fa al nostro congresso di Budapest», [m. mo.] Prodi: una pagina di storia Conso: nel Duemila a testa alta Il segretario generale delle Nazioni Unite guarda il ministro degli Esteri Lamberto Dini mentre firma il trattato che istituisce il Tribunale penale internazionale. Sotto l'ex ministro Giovanni Conso