Deputati, immunità dimezzata
Deputati, immunità dimezzata Sentenza della Consulta: perseguibili per alcune opinioni Deputati, immunità dimezzata «Risponderanno degli insulti nei comizi» MILANO. «I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni»: così dice la nostra Costituzione (articolo 68). Già, ma cosa si intende per «opinioni» e cosa per «funzioni»? La Corte Costituzionale ha deciso di mettere alcuni paletti piuttosto chiari nell'interpretazione della nonna. Stabilendo che alla «funzione parlamentare» non si può ricondurre «l'intera attività politica svolta dal deputato o dal senatore: tale interpretazione comporterebbe il rischio di trasformare la prerogativa in un privilegio personale». In sostanza non è equiparabile ciò che si fa o si dice all'interno del Parlamento a ciò che si fa o si dice in altre situazioni pubbliche: in questi casi un parlamentare che accusa qualcuno di scorrettezze, o peggio lo insulta, deve rispondere delle sue parole. Anche se questo qualcuno è un magistrato. Perché proprio della contrapposizione tra un parlamentare e un magistrato si tratta nella sentenza. E si stabilisce con chiarezza che «non c'è collegamento» tra la funzione parlamentare e «le ripetute allusioni, pronunciate in occasione di comizi, conferenze stampa, trasmissioni televisive, a scorrettezze o illeciti asseritamele compiuti da magistrati». E' un caso, quello su cui si è pronunciata la Corte Costituzionale, risalente a diversi anni fa, ma che è di bruciante attualità in questi giorni (quante dichiarazioni sopra le righe contro i giudici che hanno condannato Silvio Berlusconi?) e che ricorda molto da vicino quanto è successo a llda Boccassini nella causa che la vede contrapposta a Ottaviano Del Turco. Anche nel caso esaminato dalla Consulta c'era infatti di mezzo una causa civile, intentata dal pubblico ministero di Bergamo Tommaso Buonanno contro il deputato della Lega Roberto Calderoli. Il quale in più interventi pubblici aveva accusato il magistrato (che lo aveva incriminato per offese al Capo dello Stato) di «fare, per ragioni di carriera, un uso strumentale e politico dell'azione penale». La Camera dei deputati, il 31 gennaio del '96, aveva però definito le dichiarazioni di Calderoli «insindacabili» perché «non è estraneo al rapporto elettori -eletti, e quindi al mandato parlamentare, l'uso di mezzi di comunicazione». Una decisione quella della Camera che di fatto impediva al tribunale civile di portare avanti la causa. Poteva finire così, come in tanti casi, con il magistrato che si teneva allusioni e accuse senza poter chiedere i danni. Invece il tribunale di Bergamo ha sollevato davanti alla Consulta quello che si chiama «conflitto di attribuzioni di poteri» e ha avuto ragione: i giudici costituzionali (la sentenza è firmata dal presidente Roberto Granata ed è stata stesa da Fernanda Contri) hanno annullato la delibera della Camera e la causa civile andrà avanti. Il deputato, se sarà riconosciuto in torto, dovrà pagare i danni all'offeso, come qualsiasi altro cittadino. [r. m.] Il caso riguardava il leghista Calderoli Ma in questi giorni è tornato d'attualità il deputato leghista Roberto Calderoli
Persone citate: Boccassini, Calderoli, Fernanda Contri, Ottaviano Del Turco, Roberto Calderoli, Roberto Granata, Silvio Berlusconi, Tommaso Buonanno
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