Le sfide impossibili di D'Alenici
Le sfide impossibili di D'Alenici RETROSCENA IRRISOLI? Le sfide impossibili di D'Alenici Dialogo col Polo e giustizia: oggi tocca al leader NAPOLI DAL NOSTRO INVIATO Massimo D'Alema è arrivato alle assise dei Ds sulla giustizia con un giorno di anticipo. Sbarcato all'hotel Vesuvio, ha incontrato il sindaco Antonio Bassolino col quale si è trovato «in pieno accordo» (ha raccontato il sindaco) e ha seguito dal palco molti interventi della giornata. Oggi toccherà a lui chiudere il convegno, e tentare una difficile quadratura del cerchio, affrontando i due nodi di fondo: da un lato i rapporti con Flick, per sollecitare quella che Cesare Salvi ieri aveva chiamato «fase 2» in materia di giustizia e Pietro Folena aveva definito «sfida per una giustizia giusta», superando le divergenze nella maggioranza per cercare di cambiare in fretta un sistema giudiziario al collasso: 9 anni in media la durata di un processo, 40.000 prescrizioni all'anno, tre gradi di giudizio che diventano anche cinque, fatto unico al mondo. Dall'altro c'è il problema di riallacciare le fila del dialogo col Polo, arenato nelle secche della fine della Bicamerale e travolto dalle polemiche seguite alle sentenze di condanna di Silvio Berlusconi. Un dialogo indispensabile alla Quercia, anche in vista del voto sulla commissione bicamerale su Tangentopoli chiesta dal Polo, previsto per il 23 luglio, dove il centrosinistra potrebbe ritrovarsi in minoranza. Con effetti certo non positivi per i Ds. Lo stesso Polo del resto non è interamente sulle posizioni di Berlusconi - faceva notare venerdì Folena - come dimostra anche l'intervento di Fini che proprio ieri spiegava ai suoi come «il fallimento della Bicamerale è stato subito da An, per decisione del suo maggiore alleato, e An ne ha riportato anche un danno». Così c'è da scommettere che D'Alema rilancerà un dialogo a tutto campo. Quella stessa apertura sollecitata l'altro ieri da Luciano Violante, che aveva invitato a superare il muro contro muro. E che ieri è sembrata però vacillare più che mai, sotto i colpi di Fabio Mussi che attaccava Violante, e di tanti esponenti diessini più «tecnici», da Pellegrino a Ippolito a Bonito, allo stesso Soda, tutti magistrati e tutti contrari all'ipotesi lanciata da Folena di depenalizzare i reati di finanziamento ai partiti e falso in bilancio, sia pure a certe condizio ni. Mentre il solito «popolo dei fax» dai microfoni di Italia Radio mani- festava la sua contrarietà, a questa ipotesi come a quella di ogni commissione su Tangentopoli. E già, perché se il primo giorno degli «Stati generali» della giustizia erano sembrati il giorno della ricucitura, della porta aperta, ieri è stato il giorno dei tanti dubbi e strappi. Iniziata con un Fabio Mussi, non un diessino qualsiasi, ma il capo dei deputati della Quercia il quale, sull'onda del duro intervento di Prodi alla Camera, ribatte a Violante sostenendo che «uscire da muro contro muro dipende a questo punto solo da Berlusconi» e comunque «può avvenire solo a condizioni rigorose» e, come se non bastasse, rimanda al mittente le critiche sul «pericoloso connubio fra procure e media»: «parole d'oro, ma sarebbero state di diamante se le avesse dette nel '92-'93». Come dire, dov'erano i garantisti, allora? E ora venite a fare lezioni. E ci sono le obiezioni dei magistrati diessini, o vicini alla Quercia. C'è il segretario di Magistratura Democratica Vittorio Borraccetti che dice un «no senza compromessi» alla commissione Tangentopoli e plaude a Prodi: «Finalmente ha detto delle parole chiare». C'è il senatore Giovanni Pellegrino contrario alla depenalizzazione del finanziamento illecito ai partiti e del falso in bilancio: «Potrebbe addirittura sortire l'effetto contrario, inducendo le procure ad applicare in maniera più estensiva il reato di corruzione. Che, del resto, è il reato contestato a quasi tutti gli imputati di Tangentopoli». «Se si parla di depenalizzare con dei prowedimenti isolati sono contrario. Diverso sarebbe se avvenisse all'interno di una riforma più ampia del diritto penale», distingue Bonito, capogruppo Ds nella commissione Giustizia della Camera. Mentre Franco Ippolito, già segretario di Md, ora in Cassazione, sottolinea come il reato di finanziamento illecito sia strettamente connesso col falso in bilancio: «E non si tratta di violazioni formali, ma di manovre fraudolente a danno dei soci e dei creditori delle imprese, dei cittadini, della politica, della democrazia», dice nel suo intervento. Mentre Ayala appare più possibilista. Moderato e mediatore l'intervento di Massimo Brutti, sottosegretario alla Difesa, ex magistrato. Spiega che l'accertamento delle responsabilità spetterebbe comunque ai tribunali e si tratterebbe solo di dare la possibilità ai pm di chiedere pene diverse, amministra- tive e non solo carcerarie, come prevede un codice vecchio di 70 Anni. Brutti non vede male neppure la commissione Tangentopoli, sia pure a certe condizioni: «C'è bisogno di una riforma del diritto penale nell'economia, adeguata ai tempi mutati. E una commissione di indagine, non dotata di poteri di inchiesta, una commissione conoscitiva, potrebbe dare un contributo di riflessione su questi temi». Maria Grazia Bruzzone La replica di Mussi a Violante «Uscire dal muro contro muro dipende solo da Berlusconi Ma dove erano i garantisti negli anni '92-'93?» A destra Pietro Folena con Bassolino e D'Alema ieri al tavolo dei relatori Sotto il capogruppo dei Ds alla Camera Fabio Mussi In basso Alessandra Mussolini (An)
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