Bruxelles non dà tregua all'Italia di Francesco Manacorda

Bruxelles non dà tregua all'Italia Nel mirino agevolazioni per 8000 miliardi dal '95 a oggi. Le aziende rischiano di pagare Bruxelles non dà tregua all'Italia Ora indaga sui contratti di formazione lavoro IL CASO LA SCURE m VAN MIERT BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La scure di Bruxelles potrebbe calare presto sui contratti di formazione-lavoro italiani stipulati dalla fine del '95 ad oggi. Il sospetto del Commissario europeo alla Concorrenza Karel Van Miert è che le agevolazioni sugli oneri sociali, concesse dallo Stato alle aziende che assumono tramite i contratti di formazione-lavoro e a quelle che li trasformano in contratti a durata ^determinata, non siano incentivi all'occupazione ma veri e propri aiuti di Stato che violano le norme comunitarie sulla concorrenza. Si tratta di «sconti» che vanno da una riduzione del 25% fino all'esenzione totale dagli oneri sociali per la durata ( 12 o 24 mesi) dei contratti di formazione e che possono essere prorogati per un altro anno se un contratto di 24 mesi diventa a tempo indeterminato. E il loro valore - sostiene Bruxelles - è alto: circa 8 mila miliardi l'anno. Così mercoledì prossimo, a meno di sorprese dell'ultima ora, la Commissione invierà una lettera all'Italia avvertendola ufficialmente dei suoi dubbi. A quel punto il governo avrà un mese di tempo per presentare le sue osservazioni. Se non riuscirà a convincere la Commissione che gli «sconti» sugli oneri sociali non sono aiuti di Stato, questa potrà deciderne la soppressione o la mo difica. E se gli uomini di Van Miert dovessero stabilire definitivamente, come già credono, che gli incentivi «non siano conformi alle disposizioni degli orientamenti comunitari e non possano dunque beneficiare delia deroga» che pure si applica ad alcune categorie di aiuti di Stato, potrebbero ordinare all'Italia di riscuotere le somme che le aziende «incentivate» non hanno versato negli ultimi tre anni. Le disposizioni nel mirino di Bruxelles sono contenute in quattro leggi per i contratti di formazione (la 863/84, la 407/90, la 169/91 e la 451/94) e nella legge 196/97 per la trasformazione dei contratti in assunzioni a tempo indeterminato. La Commissione accetta invece altre due misure adottate dall'Italia: le borse di lavoro e gli aiuti per chi assume disoccupati di lunga durata. Anche se le agevolazioni per i contratti di formazione esistono dall'84, Bruxelles sostiene che fino al '90 esse non potevano essere considerate aiuti di Stato perché «i benefici erano previsti in maniera uniforme, automatica, non discre- zumale», erano insomma uguali per tutte le aziende. Ma dal '90 «le nuove disposizioni hanno modulato le riduzioni accordate in funzione del luogo d'insediamento dell'impresa beneficiaria e del settore di appartenenza» e sono dunque diventate aiuti di Stato «che alterano la concorrenza e rischiano di pregiudicare gli scambi tra Stati membri». Già da quell'anno, quindi, il governo italiano avrebbe dovuto notificare alla Commissione questi aiuti. Ma l'Italia non lo ha fatto e sostiene di aver agito in buona fede, visto che mancava ancora «un quadro giuridico ben definito». Una spiegazione che la Commissione accetta, ma solo fino al 21 novembre 1995. Quel giorno, infatti, Bruxelles comunica i suoi «orientamenti per gli aiuti all'occupazione» che stabiliscono i criteri degli incentivi per aiutare la creazione di posti di lavoro. Dal no- vembre '95, così, l'Italia si ritrova in una posizione «illegale» che adesso è all'esame della Commissione. E proprio applicando i criteri stabiliti nel '95 la Commissione attacca gli aiuti concessi ai contratti di formazione: essi «non riguardano necessariamente l'assunzione di disoccupati», «non sono destinati alla creazione netta di posti di lavoro», «non sono destinati all'assunzione di determinate categorie di lavoratori». Su quest'ultimo punto, in particolare, Bruxelles contesta la posizione italiana, cioè che i contratti servano ad avviare al lavoro la categoria dei giovani visto che «il limite d'età molto elevato (32 anni) previsto può addirittura essere ulteriormente elevato dalle autorità regionali». Piuttosto che aiuti all'occupazione, quindi - sostiene la Commissione - quelli italiani sono «aiuti al mantenimento dell'occu¬ pazione e quindi al funzionamento» delle imprese. Si tratta di aiuti di per sé non vietati, ma che possono essere applicati solo in zone depresse. Invece i contratti di formazione, anche se con modalità differenti, «si applicano su tutto il territorio nazionale» e non rispettano nemmeno un altro criterio comunitario, cioè quelle di essere «limitati nel tempo, decrescenti, destinati a sormontare gli svantaggi strutturali e a promuovere uno sviluppo duraturo». E dubbi analoghi si applicano anche agli sgravi per le aziende che prorogano i contratti di formazione, specie perché essi non sembrano desti nati alla «creazione netta di posti di lavorò stabih». Dubbi che adesso l'Italia dovrà dissipare se non vuol correre il rischio di incappare anco ra una volta nelle ire di Bruxelles. Francesco Manacorda Il commissario europeo Karel Van Miert ora vuole indagare sui contratti di formazione lavoro

Persone citate: Karel Van Miert, Van Miert