«Ho pagato gli assassiai di Maurizio»

«Ho pagato gli assassiai di Maurizio» Milano, l'ex moglie di Gucci: «Per me è stato come saldare una fattura». Il processo riprenderà a settembre «Ho pagato gli assassiai di Maurizio» La Reggiani: ma non ho ordinato l'omicidio MELANO. Cinquecento milioni per «la cosa più desiderata» è un prezzo equo. Parola di Patrizia Reggiani ex Gucci. Cinquecento milioni in cambio della vita di un marito tanto ricco e tanto odiato. «Maurizio, non ti darò un attimo di pace ha lasciato inciso su una cassetta -. La vendetta è anche degli angeli. Hai tentato di schiacciarmi ma non ci sei riuscito. L'inferno per te deve ancora venire». Cinquecento milioni, per eliminarlo, ma non una lira di più. Per due giorni il processo è ruotato intorno a una domanda: perché mai Patrizia Reggiani - che ha sempre detto di essere stata ricattata da chi aveva ucciso il suo ex marito continuava a intrattenere rapporti affettuosi con Pina Auriemma, autrice di questo ricatto? Ci sono le intercettazioni telefoniche che denotano una confidenza che va al di là della giustificazione che ne dà Patrizia Reggiani: «Pina mi disse di parlare in modo cordiale perché il telefono era sotto controllo». E c'è, soprattutto, una lunga crociera sul Creole, il panfilo di famiglia, fatta nell'estate del '95: dopo l'omicidio Gucci e in piena epoca di «ricatto». Come si spiega? «E' stato il momento della riconciliazione perché, nonostante tutto, mi avevano fatto un favore. I cin quecento milioni non sono stati un ricatto; gli altri cento, chiesti dopo, sì». Dice così Patrizia Reggiani, e gli avvocati di Pina Auriemma, Paolo Trofino e Pietro Traini, insistono: «Spieghi, spieghi...». Reggiani: «Pina mi disse: è stato fatto questo e questo è il prezzo. Insomma era una pattuizione, come pagare una fattura». Difesa Auriemma-- «Sembra più un'estorsione...». Reggiani: «Mi spiego. All'inizio mi sono sentita costretta, ma poi ho fatto un ragionamento: avevano fatto la cosa che bramavo di più; pagavo, se pur forzatamente, 500 milioni per la cosa che mi avrebbe dato la serenità». Difesa Auriemma: «Quindi lo ha considerato un prezzo giusto?». Reggiani: «Non ho pensato giusto o ingiusto. Il prezzo era quello e ho pagato». Difesa Auriemma: «Ma allora quando si ritenne vittima di un ricatto?». Reggiani: «Quando Pina mi chiese altri cento milioni e mi resi conto che dovevo frequentare certa gente». Come Ivano Savioni, portiere d'albergo e organizzatore del delitto (gli altri, Orazio Cicala e Benedetto Ceraulo, Patrizia Reggiani dice di averli visti solo al processo) con cui non disdegnava andare a cena da sola: «Ma come - le fanno notare i legali avversari - una signora snob come lei...». E Patrizia Reggiani insorge: «Io appaio snob e tutti mi detestano perché sembra che abbia la puzza sotto il naso. Ma non sono così. Per me Savioni era solo un amico della Pina da aiutare a trovare lavoro». La Pina, sempre la Pina. Che Patrizia Reggiani chiama anche in piena notte («Soffro d'insonnia, potevo parlare solo con lei, gli altri mi avrebbero mandata al diavolo»). Che ancora adesso descrive come «spropositatamente generosa rispetto alle sue possibilità». Ma che - dice - le faceva paura «per le minacce alle mie figlie». E' per questa paura, dice ancora, che ha taciuto del «ricatto». Chiede il pm, Carlo Nocerino: «Perché non ha parlato subito?». E Patrizia Reggiani: «Quando sono stata arrestata sono caduta in uno stato di coma totale...». Interruzione del pm: «Quando è finito questo stato?». Reggiani: «Direi che dura tuttora». E prosegue: «Poi è arrivato un messaggio della Pina che diceva di non parlare dicendomi: "Ricordati che ci sono le tue figlie". Ancora la Pina mi ha fatto sapere di star zitta "perché tanto non ci sono prove". Infine la Pina ha parlato e allora ho deciso di farlo anch'io. Non voglio farmi l'ergastolo gratuitamente e le mie figlie hanno lasciato Milano». La Pina, sempre la Pina. Che invece l'accusa e dice di aver ricevuto 150 milioni prima dell'omicidio, come acconto per eseguire il delitto. Ma Patrizia Reggiani nega e sostiene che è stato un prestito. «Come lo ha pagato?», chiedono gli avvocati di Auriemma. L'ex signora Gucci sostiene di esserseli fatti mandare, in contanti, dalla sua banca di Montecarlo e di averli dati alla Pina, sempre in contanti. Gli avvocati obiettano: «Non era più semplice un bonifico bancario?». E lei, abituata a conti miliardari, risponde: «Non so cosa sia un bonifico». Il senso dell'obiezione è chiaro: un bonifico lascia tracce, i contanti no. E se era solo un prestito, perché non lasciar tracce? Ma Patrizia Reggiani insiste: «Io, con la mia banca, ho fatto sempre così». Adesso il processo si ferma: ci sono le ferie. Il Creole veleggerà lontano; Patrizia Reggiani e l'amica-nemica Pina staranno dentro le mura di un carcere. Si riprende il 16 settembre. Susanna Marzolla dato a Pina i500 milioni perché in fondo mi avevano fatto un favore: ho sempre bramato di uccidere mio marito, doveva pagarmela^ £fi Ma quando mi hanno chiesto altri cento milioni mi sono ribellata Poi ho taciuto perché temevo per le mie figlie: non voglio però farmi l'ergastolo p j Da sinistra: la maga Pina Auriemma e Patrizia Reggiani. A destra: l'ex moglie di Maurizio Gucci mentre arriva con le stampelle in tribunale, per la deposizione

Luoghi citati: Milano