TOGHE SENZA DIFESA

TOGHE SENZA DIFESA DALLA PRIMA PAGINA TOGHE SENZA DIFESA scattata immediata la ricerca di una mia foto con un tale abito, ma non è stata trovata per la semplice ragione che non ne ho mai avuto uno simile. In concomitanza agli articoli di stampa veniva presentata una interpellanza firmata da quaranta parlamentari in cui si leggeva: «Dagli organi di stampa si apprendono negli ultimi giorni notizie di inaudita gravità sui metodi d'indagine e sul comportamento processualmente abnorme delpm di Milano Ilda Boccassini...» che si concludeva con la richiesta al signor ministro di Grazia e Giustizia di «accertare i fatti e di intraprendere con immediatezza l'azione disciplinare nei confronti della dott. Boccassini, provvedendo anche alla sospensione della stessa dall'Ufficio in modo da evitare ulteriori comportamenti che compromettano il buon andamento e la buona reputazione della Magistratura e soprattutto i diritti fondamentali delle persone indagate...». Al risalto dato dalla stampa e alle molteplici dichiarazioni che si sono susseguite in quei giorni ho contrapposto solo il mio silenzio, evitando anche le solite frasi di circostanza: la fiducia nella Magistratura per me è un valore che non ha bisogno di essere ricordato. Anche il Presidente della Commissione Antimafia - senatore Ottaviano Del Turco - si è sentito in dovere di intervenire dichiarando: «Spero che finisca bene. Ma è diffìcile. Perché o si dimostra che la Parenti è una pazza da legare, ma non so se è così, oppure mantenere la Boccassini nel ruolo che ha è come tenere una volpe a guardia di un pollaio». Parole che mi hanno ferito profondamente proprio perché provenivano non da un parlamentare ma dal Presidente della Commissione Antimafia. Anche in questo caso la mia risposta è stata il silenzio. Per anni ho profuso il mio impegno professionale proprio nella lotta alla mafia: quando mi è stato chiesto dal procuratore della Repubblica di Caltanissetta - all'indomani delle stragi di Capaci e via D'Amelio - di occuparmi di quelle indagini, mi sono resa disponibile, accettando un trasferimento che ha comportato moltissimi sacrifici per la mia famiglia e fortissime limitazioni alla mia vita privata. Ho lavorato in silenzio, come mi aveva insegnato Giovanni Falcone. Ritenevo che le mie qualità professionali, il mio impegno ed il mio rigore si potessero cogliere proprio dalla lettura degli atti giudiziari che - peraltro - sono anche presso la Commissione Parlamentare Antimafia. Evidentemente mi sbagliavo, perché nelle parole del Presidente della Commissione ho percepito solo dubbi sul mio presente e passato di magistrato. La «ferita» per me- è stata profonda ma il peggio doveva ancora venire: solo poco tempo dopo il sen. Del Turco nel commentare le notizie giornalistiche relative alle dichiarazioni di più collaboratori di giustizia sulla presunta collusione con la mafia di un ufficiale dei carabinieri, ne prendeva le difese, dichiarando che «tra le affermazioni di un pericoloso mafioso e quelle di un servitore dello Stato si dovrebbe credere a quest'ultimo». In entrambi i casi le accuse provenivano da pentiti, ma mentre io sono divenuta «la volpe a guardia del pollaio» l'altro è rimasto «un servitore dello Stato». Due pesi e due misure. Il risultato è stato un profondo senso di abbandono da parte delle Istituzioni per le quali lavoro ogni giorno: di fatto sono stata posta al di fuori dello Stato. Per le dichiarazioni di Veronese sono stata indagata dalle procure di Brescia e di Genova, sono stata interrogata con la presenza di un difensore, ho fornito tutti i chiarimenti che mi venivano richiesti contribuendo - prima di tutto e sopra ogni altra cosa - all'accertamento della verità. Le inchieste a mio carico hanno accertato la totale insussistenza delle accuse (in sintesi, nelle due date indicate del supposto incontro ero: quanto alla prima a ottocento chilometri da Milano e quanto alla seconda la scorta del pentito ha escluso categoricamente che lo stesso abbia parlato con altri al di fuori dèi giudici del Tribunale avanti ai quali era stato chiamato a testimoniare in un dibattimento pubblico), .tant'è che oggi chi mi accusa deve rispondere del reato di calunnia in mio danno. Dopo che è stata dimostrata la falsità di queste accuse, ho intentato una azione civile contro il senatore Ottaviano Del Turco affinché la Magistratura valutasse se le sue affermazioni erano lesive della mia onorabilità e rispettabilità come persona e soprattutto come magistrato. Negli atti depositati al Giudice competente, la difesa del senatore affermava: «H giudizio era... senza dubbio colorito e forse irriguardoso, ma giammai offensivo e denigratorio», sostenendo che - co munque - si trattava di opinioni espresse nell'esercizio delle sue funzioni di parlamentare per cui, ai sensi dell'art. 68 della Costituzione, invocava l'immunità parlamentare. Il mio legale mi ha recentemente comunicato che, nella seduta del 14 maggio scorso, il Senato ha ritenuto che quella frase «colorita e forse irriguardosa» «altro non è che un'opinione e contemporaneamente una critica nei confronti del pentito e si inserisce perfettamente in quella attività prevista dall'articolo 68 - primo comma - della Costituzione come insindacabile». Quali siano le critiche nei confronti del pentito, non risulta né dalla dichiarazione del senatore Del Turco né dalla relazione della Giunta por le Immunità Parlamentari. Prendo atto e rispetto la decisione del Senato, ma al dolore e al senso di solitudine provato in tutti questi mesi adesso devo aggiungere anche il senso della sconfitta, come persona e come magistrato. A questo punto cosa posso fare? Il silenzio di tutti questi mesi è valso a qualcosa? E per il futuro come dovrò comportarmi? Se replico alle accuse sono censurabile e a mio carico possono essere aperti procedimenti disciplinari perché getto discredito sulla magistratura, se evito di replicare accetto il discredito che altri gettano addosso a me e conseguentemente alla magistratura di cui faccio parte. Mi sento un cittadino dimezzato, vedo solo doveri e nessun diritto. Una volta ci si poteva rifugiare dentro una chiesa per sottrarsi alla Legge, oggi - talvolta - ho l'impressione che questa extraterritorialità rischia di essere sostituita con lo status di parlamentare, sotto il quale tutto diviene manifestazione del pensiero politico e come tale insindacabile. Mi piacerebbe chiedere ai nostri Padri costitutenti se - quando hanno votato l'articolo 68 della Costituzione - pensavano che dietro questa tutela alta e nobile sarebbero passate anche le espressioni «colorite e forse irriguardose» verso un magistrato, o che gridare in una telecamera «non poteva su false accuse essere arrestato Renato Squillante... chi lo ha fatto arrestare dovrà pagare. I magistrati di Milano che sono entrati in campagna elettorale hanno fatto arrestare un loro collega per ragioni che nulla hanno a che fare con la giustizia...» rientrasse nella libera manifestazione del pensiero politico. E se un domani qualcuno, usando le parole dei parlamentari già dichiarate insindacabili, mi apostrofasse come «una volpe a guar¬ dia di un pollaio» cosa succederà? Potrei scoprire che chiunque può citare il fatto storico ormai insindacabile, divenendo egli stesso non perseguibile per Legge, oppure potrei scoprire che l'incauto diffamatore risponde di quelle parole a differenza del parlamentare che le ha proferite per primo. In entrambi i casi il risultato credo sarà lo stesso: la Legge non è uguale per tutti. Sulla magistratura e sui magistrati si può dire di tutto e di più, ma quel che è peggio è che questa «nuova regola» è ormai comunemente accettata, mentre le rare difese «d'ufficio» non possono che essere deboli perché vincolate sempre al rispetto della Legge e delle Istituzioni. L'amarezza che mi accompagna da un po' di tempo a ben poco varrà, perché queste mie parole, prescindendo dai contenuti, potrebbero essere considerate in questo clima esasperato non già come modesto contributo alla determinazione delle «regole» di questo Stato, bensì come un attacco alla dignità e sovranità del Parlamento. Qui non sono in discussione i miei sentimenti o le mie vicende personali ma il rispetto per la toga che indosso ogni giorno. Ilda Boccassini

Persone citate: Boccassini, Del Turco, Giovanni Falcone, Ilda Boccassini, Ottaviano Del Turco, Renato Squillante

Luoghi citati: Brescia, Caltanissetta, Capaci, Genova, Milano