«Giorni di festa? Ne ho visti pochi» di Pierluigi Battista

«Giorni di festa? Ne ho visti pochi» «Giorni di festa? Ne ho visti pochi» Veltroni replica al segretario, ritorna il duello DALLA PRIMA PAGINA 7ALEMA contro Veltroni. Veltroni contro D'Alema. E' almeno dall'estate del '94, da quando Achille Occhietto si dimette da segretario del Pds e si apre nella Quercia la campagna elettorale tra «l'amico Massimo» e l'«amico Walter» («compagno» usa di meno) che tra i due dirigenti di Botteghe Oscure si apre il gioco che i giornali amanti delle definizioni corrive descrivono come quello della «strana coppia». Il britannico Economist, molto di recente, ne ha fatto addirittura ima questione di bipolarismo estetico, di bipartitismo nello stile politico e persino nel modo di presentarsi, di abbigliarsi e di parlare. L'eterno contrasto tra le camicie button down di Walter e gli abiti non proprio sgargianti di Massimo come sintesi esteriore di un permanente dualismo politico-culturale tra il kennediano spigliato e modernista e il togliattiano figlio della disciplina di partito, tra il buonismo dell'uno e il gelido realismo dell'altro. Tra il democratico e il socialdemocratico. Con la nascita dell'Uhvo, poi, il contrasto si è quasi irrigidito nella ricorrente e inesauribile contrapposizione: Veltroni l'«ulivista» che vorrebbe sciogliere l'identità culturale della sinistra in un melting pot di culture è D'Alema il «partitocentrico» che non vuole disperdere in un in- differenziato democraticismo la fisionomia di sinistra, socialdemocratica più ancora che post-comunista, di un partito che non vuole annegare nella coalizione. Anche perché, dicono i maligni, il leader della coalizione non si chiama D'Alema ma Romano Prodi. E del resto, specularmente, le fortune politiche di Veltroni si esaltano molto di più nell'essere numero due del governo dell'Ulivo che non numero due del pds: vice di Prodi e non di D'Alema. Invenzioni dei giornali? Enfatizzazioni dei media? E' un fatto però che D'Alema da anni cerca di snidare Veltroni. Gli chiede di esplicitare eventuali contrasti. Di fare una battaglia aperta nel partito. E Veltroni gli risponde dà anni veltroneggiando (non lo chiamano forse, e lui se ne adonta assai, il Forlani della sinistra?), evitando la batta- glia campale, dicendo che mai e poi mai parteciperà al gioco al massacro con «Massimo». Tranne poi, quando i destini della Bicamerale presieduta da D'Alema cominciano ad apparire periclitanti, assestare una botta velenosa buttando lì in un'intervista un «il Pds o come si chiama adesso» che appare a tutti come una radicale presa di distanze dalla Cosa 2, poi Ds, caldeggiata con tanto ardore dal medesimo «Massimo». Ieri, la replica a stretto giro di posta a proposito degli «ulivisti» non benevolmente evocati da D'A¬ lema e dei «giorni di festa». Diranno, naturalmente, che i giornali esagerano sempre ma è difficile non cogliere nella prontezza della risposta veltroniana il riflesso di una palese difficoltà di un D'Alema in sofferenza dopo il naufragio della Bicamerale. E visto che i guai non vanno mai da soli ecco la croce delle elezioni andate male (con tanto di invettiva dalemiana contro il «carrierismo» scatenato sotto la Quercia), l'andamento «ondivago» sulla Commissione parlamentare su Tangentopoli da ultimo sconfessato dai senatori diessini che hanno imposto un dietrofront alle pur caute aperture dalemiane, le vicissitudini della «verifica» nella maggioranza che però non solo non portano all'addomesticamento di Bertinotti ma anzi finiscono paradossalmente per allontanare nel tempo il chiarimento tanto imperiosamente richiesto. E poi lo stop europeo a un'idea di sgravi fiscali per il Mezzogiorno su cui D'Alema si era impegnato. E ora Veltroni che risponde e non si nasconde. Certo: diranno che sono i giornali che spargono maliziosamente il sale sulle ferite e che non è vero niente in questa storia dell'eterno duello tra «Massimo» e «Walter». Però, se «provocano», nei prossimi mesi saranno troppe le volte in cui si imprecherà contro i giornali pettegoli e mettimale. Pierluigi Battista Il leader aveva accusato gli ulivisti Ora il vicepremier difende la coalizione