la Camera salva Giudice dall'arresto di Giovanni Bianconi
la Camera salva Giudice dall'arresto la Camera salva Giudice dall'arresto Accuse a Lega e popolari per i franchi tiratori RETROSCENA POLITICA E GIUSTIZIA ROMA ■JP'RESENTI 526, votanti ■ 513, astenuti 13, maggioranza 257, favorevoli 210, contrari 303. La Camera respinge», comunica il presidente Violante. E Gaspare Giudice, onorevole indagato per concorso in associazione mafiosa, prosciuga d'un fiato il bicchiere d'acqua più importante della sua vita. E' il primo brindisi con se stesso per essere scampato all'arresto chiesto dai giudici di Palermo; l'hanno salvato i suoi colleghi del centro-destra ma anche un bel manipolo di «franchi tiratori» della maggioranza. L'onorevole - numero due di Forza Italia in Sicilia - può tornare a casa tranquillo, ad aspettarlo non troverà poliziotti né carabinieri. Intorno a lui, alle 12,58 di un giovedì di mezza estate a Montecitorrio, comincia la festa dei cosiddetti «antigiustizialisti». Ignazio La Russa, avvocato e deputato di An, corre incontro a Cesare Previti, suo ex cliente: «Caro mio - gli sorride ricordando il voto di sei mesi fa sull'ex ministro -, tu hai aperto un solco, e adesso vinciamo sempre». Previti non si scompone: «Il Parlamento ha mantenuto la sua dignità». Passa Michele Saponara, avvocato anche lui, anche lui di Forza Italia: «Eh sì, abbiamo fatto proprio un bel lavoro». Già, perché sulla carta i numeri erano contro il deputato in attesa di arresto: in commissione la maggioranza aveva votato per la cattura, e in aula il relatore Abate (Ppi) aveva ribadito le ragioni dei magistrati: «E' difficile negare l'autorizzazione all'esecuzione dell'arresto». Ma il voto segreto ha rovesciato il verdetto. Come? «Abbiamo preso un po' di voti dal Ppi e un po' dalla Lega. E poi qualche siciliane), sparso qua e là», confida Saponara camminando a un palmo da terra per la soddisfazione. Il comunista Niki Vendola, vicepresidente dell'Antimafia, denuncia un presunto accordo tra la Lega e Forza Italia, suggellato da Berlusconi in persona. «L'abbiamo visto tutti - racconta -. Lui e Cornino (capogruppo del partito di Bossi, ndr) si sono appartati poco prima del voto, e quando sono rientrati in aula Berlusconi ha guardato verso Giudice col pollice rivolto verso l'alto; era il segno di ok». Cornino smentisce indignato, la Lega ha dichiarato ufficialmente in aula il voto per l'arresto, ed è lui a contro-denunciare «l'accordo consociativo fra Polo e Ulivo che assolve i mafiosi». E Berlusconi? Lui no, non smentisce. «In questi giorni - rivela in Transatlantico - ho incontrato molti deputati, anche della maggioranza, per conoscere il loro orientamento, spiegare il nostro e cercare di convincerli delle nostre ragioni». Con quali risultati? «Ne ho trovati molti disponibili ad ascoltare». Chi, per esempio? «Eeehhh... il voto è segreto», chiude il leader di Forza Italia prima di lasciare la Camera con questa piccola vittoria in tasca. Subito dopo se ne va anche Giudice. «La mia battaglia continua nella sede giudiziaria - dice -, la sola che potrà restituirmi l'onore e permettermi di andare a testa alta». Ha ragione, il deputato scampato all'arresto: il caso Giudice non è chiuso. Resta aperto a Palermo, perché l'inchiesta penale va avanti, ma resta aperto anche a Roma, dove il voto-ribaltone ha aperto nuove ferite nella maggioranza. Fabio Mussi, capogruppo dei Ds, è furioso: «E' una grande ingiustizia. Ormai si nega l'arresto qualunque sia la richiesta della magistratura, il che significa che non c'è uguaglianza di fronte alla legge. Ed è gravissimo anche il voto che nega l'utilizzo dei tabulati telefonici di Giudice, perché contribuisce all'inquinamento delle prove». Pietro Folena, più pacatamente, commenta: «Sono mancati almeno trenta voti della maggioranza, ed è facile immaginare da quale parte. Siamo in sofferenza, c'è gente particolarmente sensibile ai richiami di Berlusconi e di Cossiga, e così è difficile andare avanti. H problema al centro, sul tema della giustizia, è evidentissimo». A sinistra sono tutti convinti che i «franchi tiratori» si annidino tra i popolari, e da destra Saponata conferma: «Confidavamo in Marini...». Proprio Marini, entrando in aula, ricorda che il Ppi ha lasciato libertà di coscienza. Ma la sua, di co¬ scienza, che dice? .«Primo ascolto e poi decido», risponde. Dopo il voto, solo una laconica dichiarazione: «Non sento il bisogno di commentare». Ma libertà di voto, dentro la maggioranza, era stata lasciata anche da Rinnovamento italiano, e qualcuno sussurra che pure tra i Ds c'è chi ha voluto difendere la libertà dei deputati dal presunto assalto dei magistrati. «E' una cosa vergognosa brontola il "dipietrista" Elio Veltri - non capisco davvero che cosa ci tenga insieme; l'Euro non è sufficiente». Giuseppe Ayala, sottosegretario alla Giustizia, è preoccupato: «Il voto sull'arresto è un fatto del tutto particolare, ma certo ormai è un macello». Nei capannelli sulla sinistra del Transatlantico si torna a parlare della maggioranza che non c'è, del ministro della Giustizia troppo tecnico e poco politico, dei magistrati che però - pure loro - potrebbero darsi una calmata. Ayala scuote la testa e si alliscia i baffi: «Per fortuna arrivano le ferie d'agosto; servissero a qualcosa...». Giovanni Bianconi Una recente immagine dell'on. Gaspare Giudice davanti a Montecitorio
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