Il Polo; sinistra ricattata dai giudici di Enrico Singer

Il Polo; sinistra ricattata dai giudici Il centrodestra si consola incolpando i diessini. Casini: il governo prenda posizione su Di Pietro Il Polo; sinistra ricattata dai giudici Ma non tutta An segue Fini ROMA. «A questo punto mi viene voglia di rispondere con una battuta: la paura fa 90», dice Silvio Berlusconi prima di chiudersi nella sala da pranzo di palazzo Grazioli con Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini. La paura è quella che, secondo il leader del Polo, serpeggia nel partito di D'Alema e che ha «colato a picco definitivamente» la commissione d'inchiesta su Tangentopoli. Manca poco alle 13,30. Passano più di due ore tra i piatti preparati dal cuoco Michele - lasagnette al pesto, pollo, involtini di melanzane, torta di verdura e gelato di crema, tutto accompagnato da vino Greco di Tufo - e l'esame degli ultimi sviluppi della situazione politica. Poi i tre capi dell'opposizione tornano nel salone al primo piano meno disposti a fare battute. Anche Giuseppe Tatarella, il «ministro dell'armonia» di An, specialista in mediazioni, che ha accompagnato Fini al vertice-pranzo in via del Plebiscito, ha la faccia scura. E Berlusconi spara subito a zero. Parla di «indecorosa marcia indietro» dei Democratici di sinistra che avrebbe il valore di una «ammissione di colpevolezza perché negare la commissione significa avere scheletri negli armadi». Non solo. Berlusconi spiega il dietrofront dei senatori Ds con un suo teorema: «Evidentemente certi ambienti della sinistra temono che qualche settore della magistratura possa avere in mano, come da qualche parte si mormora, situazioni che non lasciano liberi i parlamentari di sini- stra di decidere liberamente su questa commissione». Come dire che il partito di D'Alema non avrebbe soltanto paura degli scheletrì nei suoi armadi, ma sarebbe anche ricattato da «certi giudici». E' un sospetto che Berlusconi stempera subito con l'ormai consueto «atto di fiducia» nei confronti della «stragrande maggioranza» dei giudici. «Se avessimo voluto una commissione d'inchiesta sulla magistratura, avremmo chiesto una commissione che indagasse sull'amministrazione della giustizia penale in Italia e non su Tangentopoli». Ma il clima è incandescente. Le controaccuse di D'Alema, dice Berlusconi «sono soltanto capriole». Si tratta di bilanciare una oggettiva sconfitta politica - la commissione tanto desiderata dal Polo è «definitivamente affondata» - rovesciando le responsabilità sulla maggioranza e, in particolare, sul partito di D'Alema. «Mai nella storia repubblicana dice Berlusconi - la maggioranza ha negato alla minoranza il diritto di avere una commissione d'inchiesta e di presiederla. Voghamo che gli italiani ne prendano atto». E per sottolineare «l'ennesimo contrordine» di D'Alema, come lo definisce Fini, il Polo chiederà che la prossima settimana alla Camera si arrivi comunque alla discussione e al voto sulla commissione. E' proprio Fini - l'unico che ha partecipato al vertice-pranzo già in abito estivo color sabbia - a ricostruire la storia di questa convulsa vicenda: «D'Alema non voleva la commissione, poi si è accorto che Dini e i popolari si stavano sfilando dalla maggioranza e Boselli lo aveva già fatto e, allora, ecco il primo contrordine. Ma a certe condizioni, sperando che noi non le avremmo accettate. Abbiamo detto va bene ed ecco il contrordine del contrordine». Ma, alla fine, non è una vittoria degli ulivisti? Risponde Fini: «Non lo so. Di certo è il segnale di una lot¬ ta furibonda all'interno del partito di D'Alema». E anche Herferdinando Casini parla di una lotta furibonda. Anzi, di una «polemica per bande dentro la sinistra»: quella esplosa attorno allo scontro tra Antonio Di Pietro e il presidente della Repubblica. Dice Casini: «E' inquietante che di fronte a un attacco inusitato di Di Pietro a Scalfaro, il governo non abbia assunto una posizione netta e chiara in difesa del Ouirinale che non può essere lasciato in babà di polemiche di questo tipo che partono da un componente della maggioranza». Il Polo, insomma, rivendica a gran voce il successo di avere fatto esplodere le contraddizioni dell'Ulivo sul capitolo giustizia. E incassa anche un altro punto: il voto contro l'arresto del deputato di Forza Italia, Gaspare Giudice. Il giudizio di Berlusconi è compiaciuto. «Direi che quel voto ha contribuito a non aggravare la tensione». Ma anche dietro la compattezza dei tre leader del Polo affiora qualche crepa. Il documénto su Tangentopoli e gli ultimi dieci anni di storia politica italiana che doveva essere esaminato nell'incontro di ieri è, per il momento, accantonato. Al punto che il vertice è stato declassato a «pranzo di lavoro». Ufficialmente, il rinvio è tecnico e Casi¬ ni ha tenuto a precisarlo proprio per smentire le voci di dissenso che già circolano. Sono voci che attribuiscono a Fini un «diverso sentire» rispetto a Berlusconi sul fenomeno di Tangentopoli e sul ruolo della magistratura. Le differenze avrebbero anche aumentato le frizioni interne ad An che, domani, affronta la sua assemblea nazionale. Nel partito di Fini c'è la fronda dei cosiddetti «autonomisti» che reclamano maggiore indipendenza da Berlusconi. Ma, per ora, lo scontro frontale con l'Ulivo attenua i mal di pancia. Enrico Singer «Mai la maggioranza ha negato all'opposizipne il diritto a una inchiesta» Qui accanto ii leader del Polo'Silvio Berlusconi Più a destra il presidente di An 'Gianfranco Fini

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