Liala, lezioni di trasgressione

Liala, lezioni di trasgressione Adulteri, conflitti, pulsioni sessuali: un saggio scopre in lei una <<proto-femminista>> che guidò le donne all'emancipazione Liala, lezioni di trasgressione Così il «rosa» inventò il porno-soft IL femminismo? E' venuto dopo. La politica? Riguardava gli uomini. La prima emancipazione delle donne italiane è avvenuta attraverso la letteratura rosa. Tra il primo dopoguerra e gli Anni Sessanta, in questo mondo a parte, in questo ghetto della lettura, non frequentato dagli uomini, anzi disprezzato, che oltre ai romanzi di Liala e della Peverelli includeva anche i settimanali femminili e i fotoromanzi d'amore, si elabora gradualmente e segretamente una nuova concezione della femminilità e «si moltiplicano le possibilità di essere donna fuori dall'ambito della tradizione patriarcale». Questa è la sorprendente tesi di un breve e vivace saggio che vede la luce dagli Editori Riuniti: La letteratura rosa di Eugenia Roccella, ricercatrice universitaria, che ha già pubblicato, sei anni fa, Acqua, sapone e... I libri rosa, secondo la Roccella, hanno portato a galla sotterranei e inappagati bisogni femminili, contribuendo a legittimarli, primo fra tutti il desiderio sessuale. In un modo o nell'altro, il romanzo rosa «è sempre un romanzo di formazione al femminile, per giovani donne piene di incertezze», oppresse dai modelli d'una rigida tradizione. Fulcro di questa riscoperta e rivalutazione è la figura di Liala, «come prototipo del rosa» e «mito di fondazione del genere», non solo attraverso la sua opera ma anche grazie alla sua biografia. Amalia Liana Negretti Odescalchi (nata nel 1897 a Carate Lario sul Lago di Como e morta nel 1995) sposa a ventidue anni un affascinante e gaudente marchese, di molti anni più vecchio, che non ri nuncia alla sua bella vita. La giovane sposa, lasciata troppo spesso sola, s'innamora ricambiata di un altro marchese, pilota di idrovo lanti, che muore precipitando con l'apparecchio durante gli allenaménti per una gara. Tornata in famiglia, nel 1931, a 34 anni, pubblica Signorsì, il primo d'una lunga serie di romanzi che hanno composto Lo scrigno di Liala (titolo dell'edizione completa presso Sonzogno nel 1984). Venti giorni dopo l'uscita Signorsì è esaurito. Comincia la favola personale di Liala, nom de piume suggerito da D'Annunzio. Una biografia amorosa diventata il canovaccio per le sue eroine. Tale è la popolarità della scrittrice che Bassani e Cassola si videro affibbiare dagli intellettuali snob del Gruppo 63 l'epiteto squalificante di «Liale». Ma perché l'autrice di Signorsì, Settecorna, Farandola di cuori, Frantumi di arcobaleno, sarebbe stata così importante? Perché ha segnato una svolta nella storia della letteratura rosa, secondo la Roccella. Nella fase pionieristica, che ebbe la sua grande firma in Carolina Invernizio, gratificata da Gramsci di «onesta gallina», le eroine sono ancora prigioniere dei ruoli tradizionali: i personaggi femminili di quelle scrittrici di fine secolo che Croce chiamava le «instancabili romanzatrici» erano oppressi dalle' costrizioni sociali: Carola Prosperi in Vergine madre metteva a nudo l'autentico disagio delle esistenze femminili, Annie Vivami in Mea culpa riproponeva la maternità come unica possibilità di redenzione. Però con Liala si gira pagina: l'amore trion¬ fa, come appagamento sia di bisogni sentimentali sia di desideri sessuali. In questo ribaltamento degli stereotipi femminili dell'obbedienza e castità, la cattolica e monarchica Liala è molto più trasgressiva di scrittrici come Willy Dias, militante comunista, che disegna giovinette «belle e pure», o di Giana Anguissola, apprezzata dalla Banti, che finisce per esaltare la «moglie perfetta». L'adulterio, il conflitto, il Grande Amore come legittimazione delle pulsioni sessuali sono le novità dei romanzi di Liala. «Nei suoi libri - spiega la Roccella - troviamo sempre due tipologie maschili ben distinte, che corrispondono in ogni storia a due diversi uomini tra cui la donna deve scegliere». In genere il primo rappresenta autobiograficamente «l'affidabilità protettiva», il secondo invece «l'ardore appassionato». Tutte le sue eroine prima o poi fanno i conti con questa dicotomia: da una parte la sicurezza sentimentale, dall'altra l'oggetto sessuale. In questo contesto si giustifica una sorta di pornografia soft, fatta delle sensazioni che il maschio produce con odori, carezze, .nudità, baci. Si applicano perfettamente a Liala le regole d'un manuale americano per autori di romanzi rosa (di Jean Kent e Candy Shelton): bisogna usare i clichés che distinguono tra semplice esposizione di fatti e una storia ardente ed eccitante. Per fare un esempio non basta scrivere «Si allungò fino a toccarle il braccio», ma bisogna scrivere: «Un fremito di eccitazione la attraversò mentre le dita di lui le sfioravano sensualmente il braccio». In questo senso, Liala rappresenta una modernizzazione della letteratura fenmùhile popolare, che si sviluppa attraverso i fotoromanzi di Bolero, le cronache di Stop, non a caso diretto da Luciana Peverelli, altra firma dei libri rosa, con una matrice neorealista di storie vissute. La fuga di Maria Beatrice, la più piccola dei Savoia, con l'attore Maurizio Arena, il bullo di Poveri ma belli, o la solitudine di Soraya ((principessa triste», che cos'erano se non vita vera che si specchiava perfettamente nella narrativa rosa? Nel capitolo finale del suo saggio, Eugenia Rocella nasconde l'ultima ragionata provocazione. In una realtà mutata dall'emancipazione femminile, con il genere rosa trasformato in una industria, lo stile di Liala sopravvive nella Cartland, ma è ormai in estinzio ne. H genere diventa un ((post-rosa», che ha il suo fulgido esempio in Va' dove ti porta il cuore di Susanna Tamaro, dove il tema della donna che odia il proprio ruolo, ma non osa rifiutarlo, forgia un'oscura sofferenza femminile. Alberto Papuzzi Con odori, carezze, nudità e baci modernizzò la letteratura popolare, ribaltando gli stereotipi di obbedienza e castità La copertina di un romanzo di Liala. La scrittrice, spiega una studiosa, concepì per prima la possibilità di essere donna fuori dall'ambito della tradizione patriarcale Luciana Peverelli, autrice di libri rosa. A destra, Liala. Su di lei ha scritto un saggio Eugenia Roccella

Luoghi citati: Carate Lario, Como