«Ho staccato la spina e non sono pentito» di Paolo Colonnello
«Ho staccato la spina e non sono pentito» Monza, l'uomo dell'eutanasia annata «Ho staccato la spina e non sono pentito» MONZA DAL NOSTRO INVIATO E' pentito di ciò che ha fatto? «No». Ma chi le ha dato la certezza che sua moglie sarebbe comunque morta? «Sulle condizioni di mia moglie ero senza speranza e ho valutato. Potevo decidere di attendere e di non agire o di agire. Ho deciso di agire. Comunque non sono pentito. Era tutta la notte che ci pensavo». Non mostra sentimenti Ezio Forzatti. Ragiona freddo. Ed è strano per uno che all'alba di una domenica di giugno, pistola alla mano, fece irruzione nel reparto rianimazione dov'era ricoverata la moglie e, dopo averle riinfilato l'anello nuziale al dito, le staccò il respiratore che la teneva in vita. Un gesto d'amore e disperazione, scrissero i giornali. Ma di «amore» Forzatti adesso non parla, preferisce usare parole come «determinazione», «valutazione», «atto dovuto». Quanto alla disperazione: «Ero disperato, ma non è stata la disperazione a farmi agire». In fondo, perché buttare in pasto al pubblico un fatto cosi privato come l'amore? «Sono qui solo come imputato, in attesa di giudizio». Unico indizio del ricordo di Elena, sua moglie, quell'anello nuziale che porta al mignolo. Per il resto prevale l'animo dell'ingegnere, abituato a programmare la vita con ordine. E forse non solo la sua. Ingegnere, davvero sua moglie le chiese di ucciderla? «La richiesta fu esplicita». Quando la fece? «Il discorso era emerso più volte. Io le avevo assicurato che le sarei stato vicino e avrei fatto quanto mi chiedeva». Ma i medici non avevano ancora sciolto la prognosi, lei come ha deciso? «Ci ho pensato su tutta notte. Ero convinto che quella era una situazione che mia moglie non avrebbe accettato un secondo in più». Un gesto di estrema pietà? 0 di gelida onnipotenza? Forzatti rifiuta ogni catalogazione. Così chiama i giornalisti per chiedere che i giornali non si occupino più del suo caso, anche se di lui non si parlava più da tempo. Sale sul proscenio allestito nello studio del suo avvocato per annunciare «di voler abbandonare la scena di personaggio pubblico». E quando gli si fa notare l'incongruenza di tutto ciò, vacilla, racconta di aver subito «attacchi «Ero certomoglie nomai acquella co o che mia n avrebbe cettato ndizione» sproporzionati». Poi proclama che il suo è «un caso personalissimo, privato» e non vuole che venga confrontato con nessun altro né utilizzato per dibattiti sull'etica o sull'eutanasia. Forzatti vorrebbe «scomparire dai riflettori, non dalle responsabilità nei confronti dello Stato». Quindi tiene una piccola lezione di diritto penale: «Codice alla mano, per me si configura l'accusa di uxoricidio, ma ritengo che le mie determinazioni siano state guidate da un senso di responsabilità, siano state un atto dovuto». Infine invoca il rispetto della privacy e chiede di essere dimenticato: «Ho un unico rimorso, ed è quello di aver provocato con il mio gesto un clamore che mia moglie, prima, non avrebbe mai voluto». E' ben strano Forzatti, dice di non voler suscitare alcun dibattito, ma poi indica 4 «questioni» che farebbero felice un congresso di giuristi: «L'inadeguatezza di alcune parti dei codici alla mutata realtà sociale e alla nuova sensibilità civile; i fondamenti scientifici, legali, ideologici di alcuni protocolli medici che di fatto definiscono l'esistenza in vita, o la morte, delle persone; la "sacralità" della vita e cioè la sua intangibilità (eutanasia, accanimento terapeutico...); le difficoltà di una società laica a fornire risposte efficaci ai problemi della morte, della sofferenza e della solitudine». Questioni, precisa l'ingegnere, che, «marginali rispetto alla mia vicenda personale, non lo saranno rispetto a quella che sarà la mia vicenda processuale». Il senso di tutto ciò? Lo rivela l'avvocato Claudio Zerbini: «Il mio cliente può essere considerato punibile o no dal punto di vista morale. Ma la legislazione sanziona il fatto da lui commesso con una pena di nnnima di 24 anni, non inferiore alO con le attenuanti. Questo mentre lui ritiene di aver adempiuto a un dovere morale, alla volontà della moglie. Classificherei il suo gesto come non punibile per omicidio del consenziente. Ma la normativa non lo prevede». Si chiude con un oscuro messaggio di Forzatti: «Accetterò la pena fino a quando mi risulterà sopportabile. Se saranno due o tre anni, penso di potercela fare, altrimenti non so. Vedremo». Paolo Colonnello «Ero certo che mia moglie non avrebbe mai accettato quella condizione» Ezio Forzatti ha convocato i giornalisti per chiedere che il suo caso venga dimenticato
Persone citate: Claudio Zerbini, Ezio Forzatti, Forzatti, Ingegnere
Luoghi citati: Monza
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