Perché non sia un destino

Perché non sia un destino Un nuovo welfare per alleviare la piaga della miseria Perché non sia un destino PerchéA povertà è un fenomeno in aumento in tutti i Paesi europei. E la maggior parte dei Paesi sta rivedendo le politiche sia sociali che del lavoro per far fronte a un fenomeno preoccupante proprio per le sue caratteristiche in cui si mescolano ragioni antiche e processi nuovi. E' vero, infatti, che sono più esposti al rischio di povertà i gruppi sociali da sempre più vulnerabili: le persone a bassa istruzione e a bassa qualifica professionale, le persone che vivono nelle zone economicamente più marginali (in Italia oltre il 70% della povertà è nel Mezzogiorno), le famiglie numerose in cui vi è squilibrio tra reddito e bisogni. Tuttavia i dati, in Italia come in altri Paesi, segnalano che alcuni gruppi sociali tradizionalmente a rischio sono divenuti meno vulnerabili grazie alle politiche sociali. Si tratta degli anziani. Viceversa le famiglie con più figli minori e le famiglie giovani sono divenute un po' più vulnerabui, soprattutto perché il peso della precarizzazione dei rapporti di lavoro è concentrato nelle fasce di età più giovani, che sono anche quelle impegnate nella formazione di nuove famiglie. Anzi, per certi versi in Italia questo fenomeno dell'impoverimento delle fasce di età più giovani è meno visibile che in altri Paesi a motivo del prolungarsi della permanenza in famiglia dei figl i. In effetti, il dato più chiaro che emerge dal rapporto della Commissione povertà non è l'aumento della povertà, ma la sua stabilità nel tempo, sia per quanto riguarda l'incidenza che per quanto riguarda le caratteristiche. Per quanto riguarda l'incidenza, non deve trarre in inganno queir 1 % in più dell'anno precedente. Trattandosi di una misura relativa (è povera quella famiglia di due persone che ha un consumo pari o in- feriore al consumo medio pro-capite), basta che il livello di consumi aumenti in modo difforme nei vari strati sociali perché aumenti la distanza dalla media, quindi anche la povertà relativa. Paradossalmente, se tutti consumassero pochissimo o rallentassero i consumi, la povertà relativa dimmuirebbe (come successe qualche anno fa). Questa misura, che la Commissione adotta in analogia a quanto avviene in altri Paesi, è in realtà una preziosa misura della disuguaglianza. Proprio perché è consapevole dell'inadeguatezza di questo strumento a misurare non la disuguaglianza, ma la difficoltà a far fronte ai bisogni della vita quotidiana, la Commissione ha adottato anche un altro strumento, inteso a misurare la povertà assoluta: si individua un paniere di beni minimi per far fronte in modo sufficiente ai bisogni connessi al vivere nella nostra società e si definisce povero chi non riesce neppure ad acquistare quel paniere di beni nummi. Questa misura, applicata a due anni successivi dal '95 al '96 - da un lato ha confermato le caratteristiche di chi si trova in povertà individuate con lo strumento della povertà relativa; dall'ai- estino tro ha rivelato che non solo l'incidenza della povertà assoni ta è consistentemen te inferiore a quella relativa - 7,5 rispetto a 11,2 - ma che è rimasta stabile nel triennio. La percentuale di famiglie (o persone) che non è riuscita ad acquistare e consumare il paniere di beni minimo è rimasta la stessa. Ciò non ci deve tranqumizzare, al contrario. Ci si deve preoccupare che la povertà non riesca a diminuire e che vi siano particolarmente esposte le giovani generazioni. Questo sollecita non solo il governo, ma tutte le forze politiche ed economiche ad una riflessione sul welfare state: sulle garanzie e le protezioni da mantenere, i privilegi da eliminare, le risorse da ri-orientare. E' stato un sollievo per la Commissione povertà poter presentare il proprio rapporto davanti a due interlocutori politici disposti ad affrontare non ritualmente la questione: il ministro della Solidarietà sociale e il ministro del Lavoro. Per la prima volta, si è parlato di politiche concrete, di assunzione della povertà come problema e responsabilità politica. Introduzione sperimentale del reddito minimo di inserimento, sostegno all'affitto per le famiglie in difficoltà, investimento nei servizi per l'infanzia con attenzione per i bambini in condizioni economiche disagiate, introduzione di garanzie minime per i lavoratori atipici sono pezzi, certo ancora da completare, di una politica contro la povertà ed esclusione sociale che comincia finalmente ad esistere anche in Italia. Ciò apre qualche speranza non tanto che la povertà scompaia come rischio, quanto che non sia un destino privato trasmesso di generazione in generazione. Chiara Saraceno Sono sempre più a rischio i giovani, le persone poco istruite e le famiglie numerose

Persone citate: Chiara Saraceno

Luoghi citati: Italia