Il posto val bene una bugia di Andrea Di Robilant

Il posto val bene una bugia Esperti Usa: colloqui truccati, i candidati non sono mai sinceri Il posto val bene una bugia UWASHINGTON N buon impiego vale ima menzogna? Per molti americani la risposta è un risonante «sì». Almeno a giudicare da uno studio appena completato dall'Università del Colorado, dal quale emerge una spiccata tendenza di chi cerca lavoro a «gonfiare» il proprio curriculum vitae. Amy Powell Youst, che studia il fenomeno per conto della Psychological assessment resources, una società in Florida, conferma: «Succede di continuo. Del resto fa parte della natura umana mettere in mostra il meglio di sé per ottenere il lavoro che si vuole». Proprio in questi giorni ha fatto un certo scalpore la notizia che il direttore delle news di una rete via cavo importante, pur di essere assunto da una rete concorrente, ha fornito un curriculum pieno di bu- g'e sulle università che aveva equentato, sui libri che aveva scritto. Ma evidentemente non è un caso isolato. La nuova tendenza nel mercato del lavoro è di imbellire il proprio passato, fare qualche «necessario» ritocco, mostrarsi nella luce migliore possibile - anche a costo di sconfinare oltre la verità. E più si va in alto, più l'arte della menzogna diventa sofisticata. Il fenomeno si sta diffondendo a tal punto che un numero crescente di aziende americane ha deciso di fare dei test psicologici a tappeto tra gli aspiranti impiegati, dai livelli più bassi a quelli più alti, per valutare la loro credibilità. Il più delle volte si tratta di una serie di domande all'intervistato sul proprio carattere. Siete emotivamente stabili? Siete estroversi? Siete aperti a nuove esperienze? Siete coscienziosi? Avete una natura accomodante? Il problema è che gli intervistati spésso mentono anche nei test psicologici. Andrea di Robilant

Persone citate: Amy Powell Youst

Luoghi citati: Colorado, Florida, Usa