Vendere titoli in perdita, perché no?

Vendere titoli in perdita, perché no? SUCCESSIONI Vendere titoli in perdita, perché no? E' vero che, con la nuova legge sulla tassazione di Borsa, può essere un affare vendere ora azioni in forte perdita? Me l'hanno suggerito in banca, ma stento a crederci. P. R. - Milano Ho comprato sopra la pari (120) titoli obbligazionari che hanno subito una leggera flessione. Io ho fiducia e penso che recupereranno il terreno perduto, perciò non vorrei vendere. Che cosa devo fare? Voi che cosa mi consigliate? Lettera firmata - Asti ■w j| ENDERE per perdere, 1 / mai!». Questo tipo di ragio1/ namento è molto diffuso fra i ■ risparmiatori fai da te, quelli ' Iche, a leggere i vari commenti, parrebbero essere i più penalizzati dalla legge che tassa i guadagni cosiddetti di Borsa, ma che, in realtà, colpisce i guadagni prodotti da tutti gli strumenti finanziari, gestioni patrimoniali e fondi comuni d'investimento compresi. Succede spesso che, così pensando, si finisca per af¬ fezionarsi a talune emissioni, sia azionarie che obbligazionarie, e si decida di convivere con loro, malgrado tutto. Malgrado, naturalmente, le perdite che stanno maturando. Il problema è tutto qui, infatti: capita a tutti di sbagliare un investimento, di salire sul cavallo perdente. E allora il coraggio è quello di mollare, di scendere da quel cavallo, per cercarne poi un altro, se non si preferisce, invece, fermarsi un attimo a guardare. La nuova normativa, tecnicamente indicata come decreto legislativo 461/97, dà una mano a chi si trova in queste difficili situazioni: le perdite subite in occasione della vendita di titoli in portafoglio potranno compensare i futuri guadagni. In realtà, la normativa è più ampia, perché prevede analoga possibilità, anche nel caso di perdite subite al momento del rimborso del titolo obbligazionario, quando arriverà a scadenza finale. Ma ora ci si limita a ragionare sulla possibilità, divenuta concreta, di crearsi un «gruzzoletto» negativo da sfruttare nei momenti in cui i guadagni fioccassero concretamente. Avere questa opportunità non significa automaticamente vendere per forza quando il prezzo di un titolo in portafoglio scende sotto il valore di costo, che, va ricordato, comprende anche le commissioni applicate dall'intermediario, Banca o Sim generalmente. Il titolo acquistato, azione, obbligazione o titolo di Stato, è frutto di una scelta meditata direttamente, consigliata da qualche amico o da qualche consulente. Alla base dell'investimento ci sono di solito attese sull'andamento dei tassi, nel caso delle obbligazioni o dei titoli di Stato, o sugli sviluppi aziendali, utili, cessioni, fusioni o altri importanti avvenimenti, per i titoli azionari. Ebbene, non sempre queste indicazioni vanno a buon fine: allora, e solo allora, quando si sia ormai convinti che la caduta del prezzo sia un processo irreversibile, si può decidere di portare a casa la perdita latente da utilizzare poi in momenti successivi. La normativa prevede infatti che, per chi opta a favore del regime amministrato, quello appunto del fai da te, tutte le perdite subite all'atto della vendita, o del rimborso, sono de¬ ducibili dai guadagni ottenuti in analoga attività. Come dire, se si hanno minusvalenze vendendo azioni o Btp o Cct, esse potranno indifferentemente ridurre le plusvalenze prodotte dalla vendita futura di titoli di Stato, obbligazioni o azioni. In sostanza, potranno essere mescolati utili e perdite generati da due comparti generalmente distanti fra di loro: quello del reddito fisso, obbligazioni e titoli- di Stato, e quello a reddito definito variabile, azioni. Non dovrà essere solo una scelta legata alla possibilità di sfruttare un'opportunità di legge a guidare le scelte dell'investitore, ma proprio la legge dovrebbe consentirgli di operare in maniera più diretta e immediata, evitandogli di trovarsi con scheletri negli armadi, che, nel passato, hanno preso uno spazio eccessivo e, soprattutto, hanno rischiato di allontanare potenziali acquirenti di titoli, solo perché una scelta si era rivelata, nel tempo, assolutamente sbagliata. A cura dell'ufficio studi ALBERTINI SIM

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