CICLISMO EROICO

CICLISMO EROICO CICLISMO EROICO Quel mitico incontro con Coppi sulla salita del Moriondo... UN'EPICA rievocazione di Giovanni Bosco, torinese, (nella foto), sul ciclismo eroico dell'immediato dopoguerra, con un campione nascente: Coppi. «Inseguimento di 10 Km, assieme a Coppi, in corsa. La fortuna volle che da giovanotto avessi tre incontri col famoso personaggio; fu in occasione della punzonatura del Gran Premio Sodolin in corso Matteotti al Cotonificio Valle di Susa; un giorno, in allenamento in Riviera, lo accompagnai per una ventina di chilometri, parlando di tanto in tanto, sempre solo di ciclismo, beandomi di tal grandiosa compagnia. Un giorno fui ancora più fortunato, il cielo mi diede l'opportunità di essere protagonista, assieme al Fausto, di un episodio in corsa, la Milano-Torino del '45, una delle prime classiche del dopoguerra, ove tutto era dà ricostruire. Dopo la prigionia in Tunisia, Coppi sbarcato in Italia, trovò in CMaffini ex corridore, la sua bici, da percorrere a tappe la sua terra martoriata, il suo primo allenamento lo portò a Castellania, alla sua famiglia, alle sue abitudini. Cinque anni prima la gloria, con la vittoria a soli 20 anni del suo primo Giro, poi le classiche, il campionato italiano, il record dell'ora, soprattutto il modo convincente delle vittorie, ora tutto era da ricostruire, l'Italia e lui stesso. Con una maglia grigia dal nome sconosciuto, prese parte alle prime gare, in sordina, quasi sempre staccato dagli altri, noti, più forti concorrenti del momento. Semplice contadino per tradizione, era l'armonia dell'uomo sulla macchina, leggero sempre, soprattutto quando la strada prendeva a salire e la fatica cresceva, era già stato consacrato il più forte, ma ora doveva risalire; mancava l'allenamento, non la classe, a 26 anni si delineava una grande carriera sportiva. Quella che tutti abbiamo conosciuto! Io, alternavo al lavoro il poco tempo libero; le scuole serali, il giardino di casa, la passione per le due ruote, in un primo tempo con gli amici, poi con le prime corse fui gratificato in quegli anni di aver conosciuto gente, che il destino volle premiare, quali Ghella due volte campione del mondo di velocità ed olimpionico; Astrua terzo al Tour, più volte nei primi al Giro, un giorno batté Coppi nella sua specialità, Bimini-S. Marino a cronometro; Sergio Pecchio amico fraterno di tante giornate, campione italiano a Prato; uno fra molti senza combinare gran che, ma grande passione a tanta voglia di fare bene. La scarsità d lavoro di quel tempo faceva sì che la bici, come telaio s'intende, la costruivamo noi stessi, tubi tagliati a misura, saldati, verniciati, montati e usati, col nome del vicino artigiano amico. Era un pomeriggio di metà settembre del 1945, la guerra era finita solo da qualche mese, io tra i più fortunati avevo già trascorso una settimana di vacanze al mare, naturalmente con la bicicletta; tra corse, gite, 20 anni, eravamo forti, più che mai, non conoscevamo stanchezza, e soprattutto la noia! Eravamo in attesa del passaggio della MilanoTorino, a Moriondo, al culmine di una breve ma dura salita, sul finale corsa, poca gente, pochi appassionati venuti sul posto. Quand'ecco che tra le grida d'incitamento e la polvere passa il gruppo dei primi coi nomi famosi, tutti insieme, qualche solitario, poi il silenzio, sembrava tutto finito, invece tutto doveva cominciare, era destinato così! Passati 5 o 6 minuti e non vedendo più altri concorrenti, stavamo salendo sulla nostra bici per il ritorno a casa, e lentamente scendevamo verso Andezeno. Mi ve- do superare da uno spilungone in maglia grigia, facile da riconoscere, era lui a ormai 20 metri davanti, la sua velocità era tre volte la mia. Forse aveva forato, forse staccato, solo, inseguiva il gruppo che filava veloce verso Torino, mani basse sul manubrio molto impegnato, le sue lunghe bielle giravano il rapporto da pianura, io guardavo tanta bellezza, e senza saperne il motivo, avevo aumentato gradatamente la mia andatura, ero nella sua scia, proiettato anch'io verso un inseguimento, in piena realtà di causa, al fianco di un simile campione... nessuno lo seguiva, la sola vettura della giuria era davanti! Io pivello ma riposato, lui campione ma con 200 chilometri di corsa, eppure filava sui 45 orari; la sua testa bassa mi intravide, pensando fossi un concorrente, mi fece cenno di dare il cambio, passai in testa, dietro avevo Coppi il re di tante imprese, qualcuno ai lati della strada gridava il suo nome, incitandolo. Cercavo in quel momento di superare me stesso. Il nostro organismo ha delle risorse straordinarie, cosa succede in noi quando siamo depressi? Si perde l'appetito, le spalle si incurvano, facilmente ci si ammala; al contrario l'esaltazione centuplica la forza, da dove proviene tanta energia supplementare? Chi lo sa, forse da uno stato d'animo, arriva ai più remoti lembi della pelle! Fece in tempo a tirare il fiato, poi s'accorse che non avevo il numero, poche centinaia di metri, la paura di essere squalificato, ripassò davanti e con cenni dalla mano destra mi segnava di stare sempre dietro, le sue lunghe bielle avevano ripreso a spingere, nel dolce movimento rotondo, ero senza forzare nella sua ruota; pedalavamo assieme! Qualche salitella, un po' di saliscendi tale è la provinciale da Moriondo a Chieri, mano al cambio e sempre a dare il massimo, poi il bivio della Madonnina. Cinelli era lì ritirato, fece un cenno e pure il Fausto in quel momento desistè, si tolse il suo numero, mi diede una pacca amichevole sulla spalla, salimmo la salita del Pino chiacchierando, e non sapevo di salire... giungemmo tranquillamente poco prima delle urla dei primi, al Motovelodromo. Qualche mese dopo, passato l'autunno e l'inverno, Coppi vinceva la MilanoSanremo, con 14 minuti sul secondo. Il sogno non era più tale, ma una realtà da raccontare». In alto il giovane Bosco Sotto Giovanni Accatino con la famosa renna