Estinto o solo latitante?

Estinto o solo latitante? ISOLE DEL CAPO VERDE Estinto o solo latitante? Sulle tracce elusive dello scinco gigante NON sempre è possibile ottenere dati sicuri sulla effettiva estinzione di una specie, e spesso rimane la speranza che in realtà ne siano solo diminuiti gli esemplari e che in futuro possa essere riscoperta. Uno dei casi più interessanti riguarda la scomparsa dello scinco gigante di Capo Verde, o Lagarto. Questo rettile, il cui nome scientifico è Mocroscincus cortei, era presente, sicuramente sino agli ultimi decenni del secolo scorso, in almeno due isolotti di questo arcipelago di origine vulcanica a circa 600 chilometri al largo della Mauritania. Le isole di Capo Verde sono povere di specie. Fra i rettili terrestri il tasso di endemismo è molto elevato, e praticamente ogni isola e isolotto vanta una specie (o una sottospecie) propria, introvabile altrove. Come spesso accade per le faune insulari, alcune specie si sono evolute verso il gigantismo. Per questo il macroscinco è uno dei più grandi scinchi al mondo, raggiungendo i 60 centimetri di lunghezza. Nel secolo scorso giunsero in Europa diverse segnalazioni di questo rettile, in particolare dagli isolotti Razo e Branco, siti fra le isole di Sào Nicolau e di Sào Vicente. A quanto pare questi isolotti non sono stati mai abitati stabilmente dall'uomo per la loro ridotta estensione e per la cronica mancanza di acqua. L'Ilhéu Razo, come dice il nome, è relativamente piatto mentre Branco ha un'elevazione di circa 300 metri e deve il suo nome (bianco in portoghese) a sedimenti chiari sui lati. Su entrambi gli isolotti nidificano diversi uccelli marini; fra cui la sula dal ventre bianco (Sula leucogaster) e il fetonte (Phaethon aethereus). Sull'isolotto di Razo vive inoltre una delle specie di uccelli più rare: l'allodola di Razo (Alauda razaé), si dice presente con'non più di 250 individui. Le segnalazioni del macroscinco sono state quasi sempre superficiali e limitate a qualche avvistamento e qualche cattura; poco si conosce, quindi, della sua biologia. Pare probabile che esso condividesse il territorio con diverse specie di uccelli marini, delle cui uova forse si nutriva, anche se non si esclude che si alimentasse anche della scarsa vegetazione. Le poche osservazioni riguardano animali mantenuti in cattività alla fine del secolo dallo zoologo torinese Mario Giacinto Peracca. Conservatore al Museo di Zoologia, aveva allestito, presso la propria villa a Chivasso, un rettilario dove allevava esemplari delle più disparate specie provenienti da varie aree del mondo. Nel 1891 ebbe la fortuna di importare 40 Macroscincus coctei, che mantenne vivi per diverso tempo. Ventisei di questi animali, conservati in alcol, sono ancora al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino. Essi sono stati «ritrovati» nel corso di una recente ricatalogazione della collezione erpetologica dell'Istituto e costituiscono la più numerosa serie di questi animali presente al mondo. Da quanto Peracca riferisce in due lavori pubblicati nel 1S91 pare che i macroscinchi fossero attivi al crepuscolo e di notte, e fossero molto opportunisti nell'alimentazione, comportamento comprensibile in un ambiente povero e ostile. Un carattere assai peculiare di M. coctei era la prensilità della coda, peraltro molto fragile. A dispetto di tale caratteristica si crede che il macroscinco non fosse arboricolo, tenuto conto della sua mole e dell'assenza di piante di una certa dimen¬ sione su Razo è sBranco. Si può bensì ipotizzare che vivesse fra gli anfratti rocciosi all'interno dello zoccolo basaltico di Razo e Branco e che la mobilità della còda fosse di aiuto per muoversi ih tale ambiente. Se poco si sa della storia naturale del Macroscincus ancora meno si conosce dei motivi che ne hanno causato la presunta estinzione. Considerata la ridotta estensione di Razo e di Branco è probabile che la raccolta e l'esportazione di 40 esemplari (e verosimilmente di molti altri) per le collezioni di molti musei di storia naturale sia stata una concausa della sua diminuzione, anche se, come spesso accade, i motivi fondamentali della sua estinzione sono da ricercare altrove. Occorre infatti ricordare che le isole di Capo Verde hanno subito una serie di severi periodi di siccità. I mancati raccolti hanno inciso profondamente sulla sopravvivenza della popolazione costretta a cercare fonti di alimentazione in ciò che la natura poteva offrire. E' probabile, qmndi, che in questi periodi i lenti e torpidi macroscihchi, adattati alla vita su isole privi di predatori e, quindi, eccessivamente confidenti nei confronti dell'uomo, abbiano costituito una fonte di cibo in tali periodi. I pescatori delle isole vicine a Razo e a Branco (come quella di Santo Antao), infatti, sono ancora usi depredare di nidiacei le colonie di uccelli marini in particolari periodi dell'anno e in occasione di festività tradizionali. La fine deh"800 fu un periodo di grande interesse per le Isole del Capo Verde. Nel 1898 un altro naturalista, Leonardo Fea, torinese di nascita ma assistente al Museo Civico di Genova, vi compì una spedizione e osservò diversi esemplari sullUhéu Razo, alcuni dei quali sono ancora conservati presso il museo ligure. Fea, e poco prima l'ornitologo Boyd Alexander, sono stati forse gli ultimi ad osservare esemplari vivi di questo sauro. Negli anni successivi le missioni a Capo Verde si fecero più sporadiche e le notizie diminuirono. A partire dagli Anni 20 le segnalazioni (e le esportazioni) cessarono del tutto, anche per la concomitanza delle guerre. A cent'anni di distanza dalle osservazioni di Fea permane peraltro la tenue speranza che il macroscinco sopravviva a Capo Verde. Questo anche perché almeno alcune zone degli isolotti Branco e di Razo sono difficilmente accessibili e potrebbero in teoria garantire rifugio a questi animali. Esistono poi segnalazioni recenti, da confermare, di un grande rettile osservato a Santa Luzia, un'isola molto più grande e ricca di habitat ideali. Purtroppo recenti spedizioni effettuate da naturalisti delle Canarie non hanno sortito un esito positivo. Resta quindi l'interrogativo - o meglio la speranza, direi che il macroscinco non sia in realtà estinto, ma forse solo reso più elusivo, e che in qualche parte degli isolotti sopravviva ancora. Anche perché già un altro sauro gigante, la lucertola gigante di El Hierro, Galloria simonyi, a lungo ritenuta estinta nelle Canarie è stata recentemente ritrovata. Spinto dalla curiosità scientifica e dal desiderio di ripercorrere a cent'anni di distanza le orme di Leonardo Fea anche 10 ho avuto modo di visitare nel mese di marzo ed aprile di quest'anno l'Ilhéu Razo nell'ambito di una* missione effettuata in collaborazione fra 11 Museo di Scienze Naturali di Torino e il Museo Craveri di Bra. Su questo isolotto ho studiato e ammirato anche altre specie di rettili, fra le quali il geco gigante Tarentola gigas. Ma del macroscinco, purtroppo, nessuna traccia. Franco Andreone Un rettile raro, documentato un secolo fa dallo zoologo torinese Mario Peracca ventisei esemplari conservati sotto alcol: un patrimonio della biologia raziana e vaillanti. La Tarantola gigas è una sorta di geco gigante che vive soltanto sugli isolotti Razo e Branco. Come spesso succede nelle specie che si evolvono in condizioni di isolamento, la spede ha assunto grandi dimensioni. Questo è il caso anche del Lagarto (Macroscincus coctei), La Tarentola caboverdiana raziana ha però una taglia normale. Il Mabuya vaillanti è uno scincide che è possibile incontrare sull'isola di Fogo, dove è stato fotografato l'esemplare qui riprodotto La cartina a destra rappresenta le Isole del Capo Verde: una decina di isole al largo del Senegal caratterizzate da una forte siccità. Alcune non sono abitate sia per le loro piccole dimensioni sia per l'ambiente ostile ogni isola si sono sviluppate spede o sottospede endemiche ISOLE DEL CAPO VERDE ventisei esemconservati sotto alcol: un patrimondella biologAlexastati ultimvare vivi saurosuccmissiVerdepiù sple notnuirotire d20 lezionespocessatutto,la condelleA cdistaosserFea peraltro la tenue spil macroscinco sopCapo Verde. 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