Nelle scimmie si rigenerano anche le cellule del cervello

Nelle scimmie si rigenerano anche le cellule del cervello UN DOGMA SI SGRETOLA Nelle scimmie si rigenerano anche le cellule del cervello LE cellule nervose si formano precocemente durante lo sviluppo: nell'adulto, purtroppo, non se ne producono di nuove. Questa è una delle concezioni più diffuse, fondata su una vasta letteratura scientifica e sostenuta da un'ampia divulgazione che è giunta anche al pubblico più distratto. Una ricerca recente sembra tuttavia cambiare la prospettiva: Elizabeth Gould, dell'Università di Princeton, con Bruce McEwen della Rockefeller ed Eberhard Fuchs del Centro tedesco di primatologia di Gottingen, hanno infatti dimostrato che in scimmie adulte (il marmoset, Callithrix Jacchus) si verificano fenomem di neurogenesi, con produzione di nuovi neuroni, in una regione del cervello, l'ippocampo, che è di importanza capitale nei processi cognitivi e di memorizzazione. In realtà, su questi argomenti la neurobiologia dello sviluppo è in fermento da parecchi anni e numerosi studi hanno dimostrato come, sia pur in aree ristrette, avvenga anche nel tessuto nervoso adulto dei mammiferi il differenziamento di nuovi neuroni a partire da cellule con capacità staminali. In particolare, è stato dimostrato che cèllule prossime ai ventricoli laterali dell'encefalo sono capaci di proliferare e di migrare verso il bulbo olfattivo, ove si differenziano in neuroni (ne ha scritto Luca Bonfanti su Le Scienze n.351, novembre 1997). Nel caso poi dell'ippocampo, esistevano già dati di neurogenesi nei roditori a carico di una regione, la cosiddetta fascia dentata, che è caratterizzata da piccoli neuroni (i cosiddetti granuli). La stessa Elizabeth Gould aveva dimostrato un fenomeno simile in un insettivoro, la Tupaia, che viene considerato parente stretto dei primati. Le ultime ricerche hanno quindi portato il discorso della neurogenesi adulta a livello dei Primati. Ma vediamo cosa descrivono Elizabeth Gould e i suoi colleghi nell'articolo apparso sui Proceedings della Usa National Academy of Sciences del 17 marzo scorso. In esemplari adulti di marmoset, una scimmietta originaria del Sud America, è stata iniettata la bromodeossiuridina, una sostanza analoga della timidina, che viene incorporata dalle cellule che si stanno preparando alla divisione mitotica e che può essere riconosciuta con metodi di colorazione specifica. Sacrificando gli pnimnli dopo poche ore (due, in genere) dall'iniezione si possono così marcare le cellule neo¬ formate nell'intervallo di tempo fra iniezione e sacrificio. Gould e colleghi hanno osservato una notevole quantità di cellule marcate proprio nella fascia dentata dell'ippocampo. Lasciando sopravvivere gli animali per tempi più lunghi (tre settimane) si identificavano ancora bene molte cellule marcate, che evidentemente sopravvivono e assumono nel frattempo i caratteri tipici dei neuroni. Il fenomeno non è marginale: Elizabeth Gould stima infatti che ogni giorno si formino migliaia di nuove cellule! Naturalmente una domanda si pone immediatamente: perché c'è questa continua, imponente aggiunta di cellule? Le ricerche precedenti sui roditori avevano dimostrato che l'aggiunta di nuove cellule è modulata da fenomeni di stress o, all'opposto, che un ambiente arricchito stimola il tasso di neurogenesi. Elizabeth Gould ha allora provato sul marmoset l'effetto di uno stress sociosessuale, l'introduzione di un maschio «intruso» nella gabbia di un altro maschio. Dopo un'ora di questo stress, gli intrusi mostrano una riduzione secca di nuove cellule del 30 per cento. Gli esperimenti di Elizabeth Gould e colleghi su un primate sono molto stimolanti anche per le possibili estrapolazioni all'uomo. La materia è per altro controversa: precedenti studi sull'ippocampo di un altro primate, la scimmia rhesus, non avevano trovato prove di neurogenesi. E' facile prevedere che i prossimi mesi vedranno il fiorire di polemiche, ma anche di risultati su questo argomento affascinante. Bimane in ogni caso dimostrato che l'aggiunta di nuove cellule ner¬ vose può aver luogo anche nell'encefalo adulto di un primate, aggiungendo un tassello al mosaico delle nostre conoscenze sulla plasticità del tessuto nervoso adulto. Oltre ad aprire importanti prospettive conoscitive sulle strategie dello sviluppo e la storia evolutiva del cervello, questi risultati possono affiancare le molte ricerche recenti tese a sviluppare biotecnologie riparative del sistema nervoso centrale adulto. Insomma, se la definizione di Giulio Bizzozero, che risale a poco più di cent'anni fa, poneva il cervello dei mammiferi fra i tessuti ad elementi perenni, le ricerche dell'ultimo decennio sembrano confermaro che tutte le regole (anche quando sono di grande valore generale) possono ammettere feconde eccezioni. Aldo Fasolo Università dì Torino

Luoghi citati: Sud America, Torino, Usa