LE MEMORIE DI ROUAUD di Giovanni Bogliolo
LE MEMORIE DI ROUAUD LE MEMORIE DI ROUAUD Tra gags ed elegia IL MONDO PRESSAPPOCO Jean Rouaud traduzione di Laura Guarino Mondadori pp. 199 L. 27.000 CHE Jean Rouaud non fosse uno scrittore della domenica, era apparso chiaro già al momento del debutto, quando J campi della gloria avevano divertito e commosso un pubblico che, dopo anni di stente alchimie narrative, riscopriva il piacere della lettura e avevano strappato a una critica, per una volta unanime, grida di ammirazione e perfino frettolose profezie di rinascita del romanzo francese. L'unico timore poteva essere che il giornalaio che la duplice aureola delle Editions de Mrnuit e del premio Goncourt aveva trasformato dall'oggi al domani in fenomeno letterario fosse, come spesso accade per chi un'opera l'ha amorevolmente covata e pazientemente portata a perfezione nell'orgogliosa solitudine del dilettante, lo scrittore di un solo libro. Tanto più che il nucleo di quell'opera era manifestamente autobiografico e la sua originalità stava tutta nella tenerezza del tocco, nella musica che i sentimenti avevano messo nel grigio delle memorie familiari e che un sapiente lavoro di scrittura aveva tradotto nella sordina di frasi ampie e sinuose. Il timore si è accentuato col secondo romanzo, Fermi così: se nel primo si parlava del nonno e della Grande Guerra, qui al centro della narrazione c'erano il padre, la Seconda Guerra Mondiale e la Resistenza, ma identico restava il tema di fondo della Storia vista e sofferta dalla parte dei suoi più umili e misconosciuti eroi e iden-l tico soprattutto restava il tono di pudica complicità con cui lo scrittore lo trattava. Una complicità capace, spesso conciliando il riso e il pianto, di non turbare la tragicità degli eventi pubblici e privati tramandola di dettagli gustosi, di scorci caricaturali e di annotazioni di irresistibile comicità; e un pudore che diluisce la piena degli affetti dell'Io narrante nell'anonimato plurale di un «noi» che può di volta in volta restringersi all'ambito della famiglia o dilatarsi fino a comprendere l'intera collettività dei superstiti. Ne 12 mondo pressappoco - terzo tomo della stessa impresa narrativa che esce in Italia nella mirabile traduzione di Laura Guarino mentre lo scrittore ne pubblica un quarto, Pour vos cadeaux, dedicato alla memoria della madre - il velo del «noi» cade e Rouaud, seguendo il filo cronologico delle generazioni, passa direttamente all'autobiografia. Un'autobiografia frammentaria, incentrata su alcuni isolati momenti - una partita di calcio tra ragazzini, la vita di collegio, una fugace storia d'amore sullo sfondo di assemblee e cortei sessantottini - che il potente microscopio della scrittura restituisce nei minimi dettagli e attraversata, oltre che dalle consuete ombre dei cari trapassati, dal mito di Rimbaud e dalle inopinate e stupefacenti comparse di un compagno di scuola, Gyf, che svolge per l'Io narrante una funzione analoga a quella che nel Viaggio céliniano aveva Robinson per Bardarmi. Ancora una volta Rouaud si conferma sagace evocatore di memorie magicamente sospese tra elegia e ironia e creatore di gags memorabili: la colazione al refettorio, la mamma che ad una veglia funebre scoppia in un fourire perché nel defunto ad un tratto ravvisa un sosia di Oliver Hardy o il chitarrista che canta mama, marna, con I nave a banana su una nenia in cui sostiene di aver mixato raga indiani «con diverse influenze in particolare afro-precolombiane (come dire l'America prima dell'apertura dello Stretto di Bering) e folco etnografiche». Di libro in libro però l'ammirazione è attenuata da un crescente senso di delusione per l'ambito ristretto nel quale lo scrittore si ostina a circoscrivere il suo mondo creativo e a sacrificare il suo straordinario talento. Di questa scelta riduttiva stavolta però offre una giustificazione e abbozza una semiseria teoria. Per condizione naturale ma ancor più per libera scelta, Rouaud appartiene alla schiera dei miopi e la sua visione del mondo rimane confinata «in un esiguo perimetro di nitidezza dai contorni sempre più incerti e polverosi, al di là dei quali le forme perdono il rigore delle linee, scivolano in una guaina fluttuante, si circondano di una sorta di nube elettronica». Piuttosto che avventurarsi a tentoni in mezzo a quelle nebbie, preferisce sfruttare questa capacità di mettere a fuoco l'infinitesimamente piccolo - corroborata in lui da una predisposizione al pianto che gli offre anche il sussidio della lente delle lacrime - e praticare l'arte iperrealista del dettaglio. Resta da vedere quanto lontano possa spingersi l'esplorazione virtuosistica di questo «mondo pressappoco» senza cadere nella ripetizione o, una volta esaurito il martirologio familiare, nell'enfatizzazione dell'inezia e senza trasformare una delle più convincenti rivelazioni del romanzo francese degli Anni Novanta in una sorta di Mister Magoo della scrittura. Giovanni Bogliolo IL MONDO PRESSAPPOCO Jean Rouaud traduzione di Laura Guarino Mondadori pp. 199 L. 27.000
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