LA CAMORRA DI PERICLE

LA CAMORRA DI PERICLE LA CAMORRA DI PERICLE Da ras a bersaglio PERICLE IL NERO Giuseppe Ferrandino Adelpbi pp. 144 L 23.000 IÉ| ETICHETTATURA di un'opera come Pericle il Nero di Giuseppe Fer^ randino è fin troppo facile: romanzo d'azione, molto rapidamente condotto, per quasi fulminei scorci, per scene staccate di grande evidenza visiva, in tempi rawicinatissimi; e, dentro, c'è abbondanza di «nero» in omaggio all'epiteto del protagonista, che è il collaboratore del capo di un gruppo camorristico con il compito di sodomizzare per avvertimento e, insieme, per punizione tutti coloro che non obbediscono immediatamente agli ordini e ai voleri di don Luigi, per esempio esitando a cedere la loro pizzeria quando la pretende per sé, oppure esagerando nel protestare contro le prepotenze dei camorristi. Ed è facile altresì identificare nel ritmo filmico quello lungo il quale si stende il romanzo, con vere e proprie citazioni, come il massacro dello zio di Pericle e della sua famiglia da parte di un paio di sicari che non hanno trovato in casa l'uomo, accortamente nascostosi, quando ha capito di aver commesso un'azione troppo a lui superiore con l'uccisione di Signorinella, sorella di un capo supremo della camorra, guida delle supplicanti di San Gennaro, ma soprattutto potentissima procacciatrice di voti nelle elezioni, spedita in Portogallo perché diventata troppo pericolosa e ricomparsa per riprendersi il potere. Il romanzo ha a questo punto uno svolgimento abbastanza prevedibile. Ne diventano argomento le fughe, i tentativi di nascondersi, gli spostamenti in auto, i difficili sonni nell'auto stessa e, per brevi momenti, in casa di parenti, i pasti precari di Pericle, il tutto sostenuto dall'uso della droga; e così sfilano varie città dopo l'abbandono di Napoli, evocate in modo quasi impersonale coerentemente con la prospettiva del fuggiasco, che deve sospettare sempre in un agguato la morte. Così Ferrandino viene a descrivere, in un modo molto allusivo, un itinerario di maturazione, come se il suo fosse soprattutto un romanzo di esperienza. Pericle, che è all'inizio un obbediente scagnozzo, intellettualmente abbastanza limitato, incomincia a farsi sempre più astuto e abile a sfuggire ai sicari mandati sulle sue tracce, si guarda intorno, riconosce i caratteri della città in cui viene a trovarsi, quartieri, industrie, strade, che prima mai aveva neppure pensato che esistessero, chiuso com'era sempre stato nel cerchio limitato del potere di don Luigi. A Pescara, in un bar, incontra Nastasia, una polacca non più giovane, che lavora in una fabbrica e vive con tre figli e un sogno che non dice di ritorno in patria per aprirvi un negozio di moda. Con la donna va a vivere, fa l'amore, ma rimane fra i due sempre qualcosa di distaccato, in modo che i sentimenti non siano coinvolti. Ma a questo punto è Pericle giunto alla pienezza della maturità a lui possibile. Rientra a Napoli, sorprende in casa la figlia di don Luigi, minacciando le due bambine di lei costringe don Luigi a portargli un buon numero di milioni, è tentato dall'idea di sodomizzare padre e figlia, ma vi resiste perché capisce che sarebbe una vendetta secondo il suo vecchio modo di vivere, e alla fine lo troviamo in partenza per Fiumicino da cui volare a Varsavia dove presumibilmente verrà Nastasia. In modi accidentati e convulsi, la conclusione è quella dell'uomo rozzo e privo di coscienza morale che, attraverso l'incontro con una donna, conquista indipendenza, abilità di districarsi fra i malvagi e profittatori, e un barlume di coscienza morale destinata a maturare ulteriormente. E' un tema ben noto alla tradizione più illustre, a cominciare dal Cimone del Boccaccio. Ferrandino lo innova collocando l'apologo nel fondo più buio e abietto della criminalità. E lo affida alla mimesi del parlato interiore di Pericle, con tutte le forme popolari, gergali, basse, quasi pregrammaticali, che gli competono per rozzezza di spirito e per ambiente frequentato fin dall'infanzia. E' una bella trovata. Il romanzo consiste in tale flusso continuo di parole che derivano da Pericle, anche quando egli riporta battute di dialogo di altri. E' un'immersione totale nel personaggio. E' un modo di scrittura efficace, ma finisce col sonare, dopo un poco, molto manierato più che credibile. Si ha come l'impressione che lo scrittore faccia parlare il protagonista come egli si immagina che un camorrista nei guai debba esprimersi e raccontare. C'è, cioè, nel linguaggio di Pericle qualcosa di troppo, come un ammicco frequente di complicità fra autore e lettore, che tale tipo di discorsi si aspetta. Di qui, appunto, l'impressione di un altro gioco letterario, abile, ben condotto, ina un poco troppo prevedibile. Giorgio Bàrberi Squarotti LE REGENSIO Giuseppe Ferrandolo: un romanzo d'azione condotto per squai'ci fulminei nella Napoli del pizzo, della droga e dei pasti precari Il protagonista costretto alla fuga, la morte sempre in agguato: storia d'amore e di incontri e barlumi di coscienza PERICLE IL NERO Giuseppe Ferrandino Adelpbi pp. 144 L 23.000

Persone citate: Ferrandino, Giorgio Bàrberi Squarotti, Giuseppe Fer, Giuseppe Ferrandino

Luoghi citati: Cimone, Napoli, Pescara, Portogallo, Varsavia