RICCIARELLI: UNO DA CAMPIELLO

RICCIARELLI: UNO DA CAMPIELLO RICCIARELLI: UNO DA CAMPIELLO UN UOMO CHE FORSE SI CHIAMAVA SCHULZ Ugo Riccarelli Piemme pp. 155 L. 24.000 PISA L romanzo di Ugo Riccarelli Un uomo che forse si, chiamava Schulz (Piemme) è in cinquina al Campiello, quello di Athos Bigongiali Ballata per un'estate calda (Giunti) è finalista al Viareggio. Il bello è che tutt'e due gli autori fanno lo stesso lavoro e lo fanno insieme, sedendo in due stanze contigue dell'ufficio stampa nel Comune di Pisa. Entrano alle sette e mezzo, scrutano i quotidiani per fotocopiare gli articoli che interessano al sindaco, scrivono comunicati. «Mi piacerebbe farli tutti diversi, questi comunicati - sospira Riccarelli -. Un po' alla Queneau: uno in stile futurista, un altro in stile gaddiano e così via». I due tirano avanti sei ore di fila, poi ognuno torna a chiudersi in casa sua; due giorni la settimana sono in ufficio anche al pomeriggio. «Siamo la strana coppia delle lettere, gli anti-Bouvard e Pécuchet - dice Riccarelli -, Loro erano copisti, erano passivi; noi hi di ri cerchiamo di scrivere cose nostre. Di notte, di domenica». Riccarelli, vi ha unito il caso o una regia? «Mi ha chiamato Bigongiali. Lui è scrittore da tempo, ha una decina d'anni più di me. Io ho 44 anni e ho cominciato tardi a pubblicare. Lo conoscevo perché ero suo lettore, mi piaceva e un giorno andai a trovarlo. Prima facevo il bibliotecario e prima ancora lavoravo ai telefoni di Stato, ma al mio paese, a Ciriè vicino Torino. Per fortuna Bigongiali ed io siamo diversi: tutt'e due partiamo dai fatti, dalla storia, ma lui è più realista, io preferisco l'ironia, il fantastico» Neanche un po' di competizione? «Ma se ci presentiamo perfino i libri a vicenda! Qualche malignità tuttavia ce la dicono, come l'altra sera alla Società dei lettori qui a Pisa, dove hanno premiato Camilleri: "La vostra è una trovata pubblicitaria", hanno insinuato. Allora ho detto a Bigongiali: "Compriamo un Apecar, ci scriviamo su Letteratura e andiamo in giro come Zampano nella Strada di Fellini"». Via dai giornali, dal sistema letterario? «Io non ci sono mai entrato. Sono un cane sciolto, uno che legge e legge e che s'innamora degli scrittori. Se arrivasse un dittatore e imponesse di scegliere fra il leggere e lo scrivere, io sceglierei la lettura. Questo mio romanzo su Bruno Schulz, che è il mio primo, è mio mio, non come il libro precedente Le scarpe appese al cuore (Feltrinelli), che era autobiografico, parlava dei miei trapianti di cuore e polmoni otto anni fa e piacque molto a Grazia Cherchi e ad Antonio Tabucchi, questo mio romanzo è nato sulle pagine di Schulz, di Joseph Roth, di Singer, è venuto fuori dalla loro cultura ebraica, dal loro stile, dalla loro passione. Io non sono ebreo e conosco poco la letteratura e la storia degli ebrei, ma quei libri li ho vissuti, mi hanno commosso, fecondato. La mia opera su Schultz è mimetica, è una scintilla nata da quei fuochi». Perché proprio Schulz? «Perché lo lessi come un allucinogeno, quattro-cinque pagine al giorno più di vent'anni fa, e s'è portato dietro tutti gli altri scrittori mitteleuropei, un'intera costellazione Adelphi più i saggi narrativi di Magris. E ho scelto Schulz non solo per magia chassidica, per lo stile fantastico, ma anche per lui stesso come persona, per la sua storia, perché adesso che facciamo tanti bilanci sul Duemila trovavo giusto ricordare quest'ebreo Piccolino e chimerico che venne ucciso a colpi di pistola da un nazista soltanto per pareggiare un conto, perché un altro nazista aveva ucciso un "suo" ebreo. David Grossman immagina che Schulz non sia morto perché il suo cadavere non fu mai ritrovato, e immagina che Schulz va a vedere L'urlo di Munch e diventa un salmone che sparisce via. Per me questa è un'idea consolatoria, mistificante. Per me Schulz è un mito, e ogni mito è bagnato di sangue. Ho come posato una pietra sulla sua tomba, sulla sua memoria». Vengono queste idee nell'ufficio stampa del Comune di Pisa? «Bigongiali ed io, qui, lavoriamo e basta. Oddio, capita pure di parlare dei nostri libri, dei nostri sogni. Ma il sindaco non si lamenta e noi due finiamo con l'aiutarci a vicenda». Claudio AHarocca Ugo Riccarelli lavora insieme con Athos Bigongiali all'ufficio stampa del Comune di Pisa UN UOMO CHE FORSE SI CHIAMAVA SCHULZ Ugo Riccarelli Piemme pp. 155 L. 24.000

Luoghi citati: Ciriè, Comune Di Pisa, Pisa, Torino