LA PARTENZA

LA PARTENZA LA PARTENZA ESTATE scorsa, anno 1997, doven^ do fare un viaggio in auto, da solo, partenza Parigi destinazione Torino, pensai che forse era giunto il momento di aprire la gabbia a un'idea che da tempo mi frullava in testa. Viaggiare al solo scopo di raggiungere una destinazione stabilita, infatti, è un'esperienza particolare: libera da ogni contenuto, resta aperta e vuota, esaurita nella sua mera funzione di raccordo, felicemente disponibile alla fantasticheria. Durante un viaggio così, il viaggiatore gode di uno stato di leggerezza, ogni volta nuovamente imprevista. Terminato il viaggio si resta con il filiforme rammarico di non aver saputo fissare in qualche modo la trasparenza essenziale di quel pezzo di tempo vuoto. Così, senza crederci tanto, ci si propone di escogitare per la prossima volta qualche trucco per accalappiare quella forma di libertà. La vita quotidiana, poi, abbatte immediatamente il nostro proposito, e noi arriveremo quindi al viaggio successivo pronti a meravigliarci un'altra volta àncora. Ma questa meccanica inerziale può incepparsi. Basta che la decisione di partire venga presa qualche tempo prima della data di partenza, ma non molto tempo prima. Si apre in questo modo un periodo in cui si può preparare la partenza, e se non c'è fretta, ma neppure troppo agio, ecco che il proposito formulato come una larva la volta precedente può completare la sua piccola metamorfosi spiegando un paio d'ali. Dunque l'estate scorsa pensai di organizzare una trappoletta per quell'impasto di ore e chilometri che separano e uniscono le due città di Parigi e di Torino. Una cosa semplice e anche banale. Avrei scattato fotografie. Durante il viaggio. Semplici e poco impegnativi i preparativi per la partenza: bagagli, orari, controllo olio e pneumatici. Ma gli altri preparativi, quelli per la trappola fotografica (proprio a causa di questa idea che mi era venuta in mente così: che doveva trattarsi di una trappola, che per quanto semplice fosse doveva purtuttavia essere una specie di meccanismo), furono invece più complicati. C'è naturalmente qualcosa di ridicolo in questo. Se poi avessi pensato ai preparativi per la partenza ricchi di cose, gesti, affanni di varie persone, presagi e speranze e sapori inauditi da pregustare, tutto avrebbe assunto - ancora di più - un segno di irrealtà. Ma ai confronti penso solo adesso, e so anche perché. Confronti con partenze epiche o anche solamente collettive. 0 con partenze mai vissute. 0 con partenze altrui. Tuttavia... Tuttavia è proprio qui che passa un confine. I preparativi per la partenza dipendono da che tipo di partenza è. E che tipo di partenza sia, dipende da che viaggio sarà. Dunque per me si trattava di intrappolare il viaggio annunciato, prosaicamente incollato alla sua concreta natura di semplice spostamento, adoperando gli stessi trucchi con cui tentiamo di intrappolare altri viaggi, fatti per visitare e vedere e meravigliarsi. Ma l'autostrada, che sarebbe stata il mio paesaggio, il territorio serpentesco (non rettilineo, però) in cui mi sarei spostato, di bello ha questo: che non passa per luoghi memorabili. Non ci passa apposta. Allora l'autostrada pensai - dovevo scandirla a priori, dovevo prelevarne campioni fotografici secondo uno schema prefissato. Elaborando questo schema preparavo la partenza. Costruivo la trappola. Avrei fatto così: avrei scattato una foto alla partenza e poi una ogni mezz'ora. Ma non bastava: avrei scattato una foto alla partenza e poi una ogni 45 chilometri. Avrei quindi scattato due serie di fotografie, una che scandiva il tempo e una lo spazio. Se avessi viaggiato alla velocità uniforme di 90 km/h le due serie sarebbero state coincidenti. Ma ovviamente questo non sarebbe capitato. Quindi le due serie, coincidenti solo nella foto iniziale (il Genio della Bastiglia! e grazie a qualche accorgimento - in quella finale, si sarebbero allontanate e riavvicinate a seconda degli accidenti del viaggio: una sosta, un rallentamento del traffico, i caselli, i sorpassi. Comprai due macchinette fotografiche usa e getta. Una per la serie temporale, una per quella spaziale. Inoltre decisi che le foto della prima serie le avrei scattate con l'apparecchietto ruotato a 90° (come si dice: ritratto) e le altre normalmente (come si dice: paesaggio). Ovviamente avrei dovuto limitarmi a scattare solo nei momenti e ai chilometri prefissati. Senza fermarmi, scattando al volo, come viene viene. Partii con la luce del giorno. Devo però adesso aggiungere che quel progetto sviluppato prima della partenza vera e propria non è nato per mettere capo unicamente a due pacchi di fotografie. No: è nato affinché i due pacchi di fotografie servissero in seguito a punteggiare un discorso, un racconto, una serie di parole scritte. Quindi si è trattato di una doppia partenza, o meglio di una partenza al quadrato: partivo per un viaggio, ma soprattutto partiva l'ideazione di un testo scritto, forse l'unica cosa che davvero imbrigli il tempo e lo spazio, per quanto poco li si possa imbrigliare. E questa, mentre giugno finisce e comincia luglio, è la partenza di quel testo! (Ho scovato anche le parole da apporre in esergo, del poeta Stefano Dal Bianco, conosciuto telefonicamente grazie all'amico Giulio). Da allora a oggi ho fatto altri viaggi allestendo altre variazioni sul tema della trappoletta, scombinando lo schema impostato la prima volta, dilatando, complicando, accorciando, semplificando. Quindi quella fu la prima di una serie di partenze. Ora i pacchi di foto sono già parecchi, è quasi ora di concludere questa fase di raccolta continuando Voci d'estate, voci destate. Racconti che scandiranno anche l'estate di Tuttolibri fi- no al 27 agosto. . Abbiamo iniziato con «L'attesa» di Niccolò Ammaniti. Oggi tocca a Dario Voltolini con «La partenza». Giovedì prossimo sarà la volta di Cesare De Marchi con «La stazione». wammmiimw !.!!( .rIM HiiUiU,>'i..iUi.rMW-.\iÉfii

Persone citate: Cesare De Marchi, Dario Voltolini, Niccolò Ammaniti, Stefano Dal Bianco

Luoghi citati: Parigi, Torino