«Gianni voleva arrivare a vestire anche gli alieni »

«Gianni voleva arrivare a vestire anche gli alieni » INTERVISTA VERSACI UN ANNO DOPO Il fratello Santo: «Ci mancano le sue straordinarie intuizioni, pensava di vivere altri 200 anni» «Gianni voleva arrivare a vestire anche gli alieni » MELANO I L grande letto fra due colonH ne con capitelli, una coppia di anfore, due vestaglie di seta e, in fondo, alla st?Jiza il bagno: marmi e jacuzzi. Nell'appartamento privato di Gianni Versace, al terzo piano del palazzo ex Rizzoli, in via Gesù, il tempo sembra essersi fermato. I divani di tante cene con Elton John e Naomi Campbell, il terrazzo fiorito, la lunga sequenza di armadi, la vecchia camera da letto con il baldacchino e quella nuova, ancora più lussuosa, ancora più eccessiva ma intatta. Per Versace la morte è arrivata prima di poterci riposare, anche una sola notte. Due colpi di pistola a Miami, un anno fa, alla fine di un'avventura comunque straordinaria tra principesse e rockstar, erotismo e voluttà. Un quadro in sala è storto e nella casa di un uomo allegro che amava ridere e cantare a squarciagola c'è un profondo silenzio. Santo Versace, alla guida con la sorella Donatella, di un gruppo che ha raggiunto nel '97 un fatturato netto consolidato di 940 miliardi non può permettersi solo il dolore. Parla, a raffica: «Gianni pensava di vivere altri 200 anni, voleva arrivare a vestire anche gli alieni». Un sogno infranto da un killer venuto forse dal nulla. Dicono che Andrew Cunanan, come tanti omosessuali, amava i vestiti e la biancheria con la Medusa. «Solo un pazzo, solo un pazzo», fu il primo commento di Santo il 15 luglio di un anno fa. Ripete: «Conoscevo tutto di Gianni, la sua vita, la nostra azienda. Solo un pazzo poteva ucciderlo». Il cameriere in giacca bianca chiude la porta di casa Versace. Una messa privata nella villa di Bellagio, dove sono conservate le ceneri dello stilista, al riparo da nuovi oltraggi, ricorderà oggi la tragica scomparsa dello stilista calabrese. I suoi vestiti sono già nei musei, e senza di lui i fratelli Versace sono impegnati nella loro sfida: «Vogliamo dimostrare al mondo - spiega Santo - che la bravura di Gianni non è stata solo quella di essere uno straordinario creatore, ma anche di aver costruito insieme a noi una grande e solida azienda. La Gianni Versace è un'azienda tanto forte e con un tale valore che è già nelle condizioni di essere di seconda generazione, oltre i fratelli Versace». In questo anno nero, dall'assassinio dì suo fratello alle speculazioni varie sulla sua morte, a un testamento che ha interrotto il progetto di quotarvi in Borsa fino al¬ la malattia di sua nipote Allegra, non avete mai pensato di mollare tutto? «Mai. Per Donatella che ha preso il posto di direttore artistico e per me continuare, con tutto il dolore per ciò che è successo a Gianni, ma anche con serenità e detenninazione, è più che un dovere, un obbligo. Dobbiamo tutto al talento di Gianni, ma in più di 20 anni abbiamo costruito una squadra di valore, un gruppo solido. Senza di lui, certo, manca una presenza di straordinaria qualità artistica, ci mancano le sue intuizioni. Tutti noi, non solo Donatella e io, lavoriamo di più, ci impegniamo di più. Fin dal primo giorno, appena ricevetti la notizia della sua morte, telefonai in azienda per dire: "Ragazzi, oggi si esce dall'ufficio un'ora dopo del solito". Questo è il nostro carattere. Poi, è normale che il mercato voglia capire cosa sia la Gianni Versace oltre Gianni. E noi lo dimostreremo...». Il testamento che tra l'altro nomina erede universale una minore, sua nipote Allegra, vi ha però creato non pochi problemi. Non può negarlo. «Quel testamento non è un problema, c'è e basta. Proprio pochi giorni prima della morte di Gian- ni, l'I 1 luglio dell'anno scorso, avevamo firmato l'intesa con Morgan Stanley e Comit. Il progetto di quotare la Gianni Versace in Borsa ci trovava tutti d'accordo al 100 per 100, ed è un progetto che resta nelle nostre ipotesi di lavoro. Certo senza date, senza scadenze». Ma se suo fratello era così d'accordo perché ha redatto un simile testamento? C'è chi parla di contrasti tra di voi. «Prima di tutto, come le ho detto, Gianni pensava di campare altri 200 anni e di vestire anche i marziani. Comunque, se Gianni che non era sposato e non aveva figli in quel momento ha deciso di fare ciò che ha fatto nessuno di noi ha nulla di cui lamentarsi. Tutti noi, grazie a Gianni, abbiano già avuto più di quello che ci saremmo aspettati dalla vita. Parliamoci chiaro, senza il suo genio io avrei fatto il commercialista a Reggio Calabria. Mare sole e... ma per carità non lo scriva! Ho una moglie e una figlia così gelose! Quanto alle voci sui dissidi, Donatella e io siamo sempre in perfetto accordo, ragioniamo insieme. Tutto il resto è spazzatura, è come parlare di quel sedicente detective che nessuno ha mai conosciuto, quel Frank Moni.j. E' comportarsi co- me quel settimanale che si presume voglia far opinione, quel "Liberal", che ha scritto cose davvero ridicole». In questi mesi avete convissuto con gli avvocati, avete fatto molte cause a giornali stranieri che riportavano sospetti sulla trasparenza del vostro gruppo. «Sì, tutte cause vinte. La stampa peggiore? Quella inglese, falsi scoop, montature». Qual è la cosa che vi ha più ferito? «Dopo Miami nulla ci può più ferire. Amareggiare, sì. Suzy Menkes dell'"Herald Tribune" il giorno dopo la morte di Gianni, in un'esplosione di pura cattiveria, è arrivata a scrivere che Gianni si era persino inventato di aver conosciuto la grande Diana Vreeland. Abbiamo scritto al suo direttore dicendo che non ci sembrava giusto invitarla alla nostra sfilata, se voleva poteva mandare un altro giornalista. Poi, solo a sfilata conclusa, gli abbiamo spedito la foto di Gianni giovanissimo con la Vreeland. A certe cose eravamo già abituati. Quante volte quando Gianni era stato malato erano circolate voci sulla sua morte! Ma a tutto c'è un limite. Non vede cosa sta succedendo negli Stati Uniti? Quanti famosi giornalisti sono costretti a dimettersi per aver inventato di sana pianta le notizie? Noi siamo nati in Calabria e per molti anni c'è chi ha speculato sulle origini dei nostri investimenti, eppure bastava guardare i nostri bilanci. Dall'87 abbiamo bilanci certificati». Calabrese, omosessuale, molto ricco. Un mix fatto apposta per sollevare pregiudizi. Ma è solo colpa dei giornalisti? «Non parlo mai di colpe ma di responsabilità, e per fortuna ci sono tanti giornalisti che fanno seriamente, con cura, il loro lavoro. Quanto ai soldi, Gianni è partito da Reggio nel '72 e, in tanti anni di lavoro, con la sua genialità ha costruito un impero. Perché sospettare di Gianni e non sospettare allora anche che dietro alla fortuna di Bill Gates ci sia la mafia cinese?». Come se non bastasse, in questo anno così delicato per voi il mondo della moda sta subendo la crisi asiatica e tutto cambia velocemente. Valentino ha venduto, Armani resiste da solo, Prada scala Gucci. E voi? «Noi famiglia Versace non vendiamo quote della capogruppo, ma siamo disposti a valutare joint-venture produttive, in vari segmenti. Quanto alle scelte degli altri, sono tutte da rispettare, la nostra strada è quella di sempre; scatenare la creatività Versace in passerella ma avere un range completo di prodotti. Anche Gianni faceva sfilare il sadomaso, quello era il messaggio, ma poi vestiva dal diciottenne in jeans al mio amico ottantenne gallerista». Chiara Berìa di Argentine Vogliamo dimostrare al mondo che la sua bravura non è stata solo quella di essere un creatore, ma anche di aver costruito insieme a noi un 'azienda già nelle condizioni di essere di seconda generazione J p ££ Parliamoci chiaro senza il suo genio 10 avrei fatto 11 commercialista a Reggio Calabria Quanto alle voci sui dissidi, Donatella e io siamo sempre in perfetto accordo Tutto il resto è solo spazzatura p p Gianni Versace in barella subito dopo l'attentato mortale mentre viene portato in ospedale a Miami. Nella foto piccola, la sorella Donatella e in quella grande il fratello Santo

Luoghi citati: Bellagio, Calabria, Miami, Reggio, Reggio Calabria, Stati Uniti