Chirac-show: Francia, impara dai Bleus di Enrico Benedetto

Chirac-show: Francia, impara dai Bleus Il Presidente solleva il braccio di Zidane, prende il microfono e canta «We are the champions» Chirac-show: Francia, impara dai Bleus Per il 14 luglio calciatori e tifosi di banlieue all'Eliseo PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Alcova per amori più o meno clandestini, residenza napoleonica, Luna Park ante litteram. Nella sua ricca e lunga storia, l'Eliseo aveva già conosciuto ruoli inattesi. Ma per vederlo trasformato in ministadio, ci voleva il 14 Luglio 1998 e una Francia neocampione planetaria di football. Ecco sbracciarsi al balcone, irriconoscibile, il suo inquilino-tifoso. Polo nera, sorriso 24 carati. Dal cortile lo acclamano: «Abbiamo vinto, grazie Chirac». E lui alza le braccia, intonando la Marsigliese come i baby supporter dabbasso. Curiosa tenuta, la loro. I cartoncini lasciapassare per l'elitaria - almeno finora - reception presidenziale esigevano «tenue de ville». Cioè giacca e cravatta. Ma ringiunzione non vale per i ragazzi e le teenagers, migliaia, che ieri Chirac aveva eccezionalmente convocato all'happening patriottico-pallonaro, fiutando lo straordinario atout politico offertogli da Zidane & C. I quali sbarcano con il trofeo, le mogli e un'incontenibile carica festaiola. La dolce follia dell'esultanza popolare trasloca - abbandonando gli Champs, su cui bivaccava non stop da 48 ore - verso l'Eliseo. E come Taffarel, il protocollo si arrende. Ma solo dopo un'ora e un quarto. Nei primi 75', lo scenario era quello classico. Invitati cerimoniosi e mondani - da spot Ferrerò sui Mon Chéri - poi il rituale del garden party, Chirac che si concede a due intervistatori televisivi. Loda l'Esecutivo di sinistra, riservandogli appena qualche bacchettata (troppe tasse, che sbaglio le 35 ore, più incentivi economici per le famiglie). Redarguisce, semmai, le sue truppe rpr e udf : «L'opposizione deve mostrarsi unita, e in sintonia con me». Ma poi... Che succede? La Guardia Repubblicana suona «I will survive». Inaudito crimine di lesa francofonia. E non è che l'inizio. Già incalza «We are the champions». I nostri eroi "arcano i cancelli. Fabien Barthez, il portiere, giunge in taxi. Gli altri, a ruota. Aimé Jacquet, il trainer, è - sorpresa - impeccabile. Stufo di vedergli indosso felpe sgalfe e tute, il settimanale muliebre «Elle» si era concesso, in primavera, un fotomontaggio griffato vestendolo come la Dea Moda comanda. Fu una profezia grafica. E dòpo la dimostrazione a priori, arriva l'adempimento: ormai sappiamo che Jacquet e l'Eleganza possono coabitare come Jospin e Chirac. Vedendo i Bleus in arrivo, il padrone di casa afferra un microfono. Addio cerimoniale. L'attrezzo fischia, come sui palcoscenici di provincia. Ma che importa? L'imbonitore Chirac annuncia ai giovani «il più bel regalo che potreste sognare: la Coppa». Tripudio. Zitti, parla Jacquet. «Febee di avervi reso feliri». Poi il capitano Deschamps: «Anche voi siete campioni!». La platea impazzisce. Però manca l'idolo N° 1, Zidane. A Marsiglia pare ci sia un'epidemia di bebé con il suo nome. Peccato, la star è timida. E non alza mai la voce. Silenzio! E arriva il Verbo: «Vi ringrazio. Festeggeremo ancora a lungo. Il titolo dura 4 anni!». Presentatore vedette, pronto ad alzare il braccio dei vincitori, Jacques Chirac adesso fende il pubblico in estasi. Jacquet lo marca strettissimo. Lionel Jospin, invece, ha perso il contatto anche in senso metaforico. France '98 è ormai, per il Paese, una vittoria chiracchiana. Pensare che solo 13 mesi fa il Presidente era in campo per le Legislative. E si beccò il golletto assassino della Gauche. Che alle Regionali, in primavera, bissò l'exploit. Ma con il suo «footix» - la mascotte - al bavero, la vistosa contentezza, il piglio cameratesco, Jacques Chirac è ben più credibile come icona per una Francia che scopre il tifo dell'algido Jospin. Solleva bimbi, stringe e bacia spose. Un ragazzo banlieuesard se lo paciocca dandogli manate sulle spalle. Dall'Olimpo, Charles de Gaulle non potrà che allibire. Si rassegni: la Francia è irriconoscibile. Centocinquantamila per la parata militare più famosa al mondo. E 2 milioncini tondi - sommando i cortei di domenica e lunedì - in delirio per la banda Zidane. Jacques Chirac vorrebbe approfittarne. Spiega che Aimé - «caloroso», «tollerante», «fermo» - incarna il meglio delle virtù francesi. E meriterebbe lo si imitasse. Dopo la craxiana era Tapie, vivremo quella Jacquet? «La Francia cercava un'anima. E l'avventura dei Blu l'ha unita mostrando che insieme si vince». Una squadra «multicolore» testimonia infine la «ricchezza nella diversità», modello sportivo ma ancor più politico. L'Eliseo vorrebbe, in definitiva, che i Magnifici 11 di Aimé Jacquet contagiassero i 59 milioni circostanti. Bonne chance, monsieur le President. Enrico Benedetto «Il Paese stava cercando un'anima L'avventura mondiale l'ha unito mostrando che insieme si vince» Jacques Chirac con il et francese Aimé Jacquet e Lionel Jospin

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