«Usa, dite sì alla Corte internazionale»

«Usa, dite sì alla Corte internazionale» Ma Washington resta scettica e minaccia di ripensare l'impegno in Europa «Usa, dite sì alla Corte internazionale» Appello di Dini e Prodi ROMA. A 72 ore dalla conclusione dei lavori della conferenza per l'istituzione del Tribunale penale internazionale Prodi e Dini sono scesi in campo nel tentativo di far venir meno le obiezioni del governo americano, chiedendo a tal fine un impegno diretto del Segretario Generale dell'Orni, Kofi Armari. Ma l'Amministrazione Clinton è a sua volta impegnata in un forcing diplomatico per difendere le proprie posizioni. A muoversi è stato il segretario alla Difesa, William Cohen, che nelle ultime 48 ore ha telefonato ad alcuni colleghi europei. Nella conversazione con il tedesco Volker Ruhue, Cohen è stato esplicito: «Un'approvazione del testo sulla giurisdizione penale internazionale in discussione a Roma porterebbe ad un ripensamento delle presenze militari al di fuori dei confini, incluso il nostro impegno in Europa». «H testo in forza del quale il Tribunale potrebbe processare soldati americani per crimini di guerra - aggiunge Cohen - trasformandoli in una calamita di accuse frivole e politiche è contrario agli interessi americani: si tratta di una questione della massima importanza per il Dipartimento di Difesa». Parole che pesano e testimoniano i timori di Washington sul rischio che un Tpi del tutto slegato ed autonomo dal Consiglio di Sicurezza dell'Orni possa in futuro avere i poteri per sindacare comportamenti, scelte ed ordini dei tanti contingenti americani all'estero. Non a caso il Paese europeo più sensibile a queste obiezioni secondo fonti diplomatiche - è la Francia, impegnata all'estero con molti contingenti. La posizione deh'Amministrazione Usa è stata al centro di consultazioni al mattino di ieri fra Palazzo Chigi e Farnesina. E' stato il ministro degli Esteri, Lamberto Dini, a fare la prima mossa decidendo di presentarsi nell'aula del «comitato congiunto» della conferenza per rivolgersi direttamente alle delegazioni: «Sono ore cruciali per il negoziato, non ci potremmo mai perdonare un fallimento». Subito dopo il riferimento a Washington. «Gli Stati Uniti sono fra i Paesi che avrebbero meno da perdere da un Tribunale penale internazionale forte e indipendente» ha detto Dini, facendo riferimento ai timori di possibili azioni contro i loro soldati all'estero perché «i militari americani, sotto la guida dei loro comandanti, non commettono atrocità». In serata il presidente del Consiglio, Romano Prodi, intervenendo alla fiaccolata radicale sulla piazza del Campidoglio in favore del Tpi, è tornato a fare accenno a Washington mostrando una buona dose di pragmatismo. «Purché questo coraggioso tentativo si concluda si può anche rinunciare a qualche speranza» ha detto Prodi, confessando di «aver lavorato sotto traccia con lettere, telefonate e conversazioni» per una «mediazione costruttiva» tesa a «superare i timori» che ostacolano ancora la firma di «grandi Paesi come Stati Uniti e Francia da cui mi auguro un ripensamento». Fra queste «paure» Prodi ne ha indicata una in particolare: «Riconosco che c'è il diffuso timore che il Tribunale penale internazionale una volta creato venga strumentalizzato proprio da chi non ha a cuore la pace». Al tentativo di far firmare gli Stati Uniti si è unita il commissario europeo, Emma Bonino, che nel messaggio alla manife¬ stazione in Campidoglio ha lanciato un appello agli «amici americani» affinchè si lascino alle spalle la «dura resistenza» e «firmino evitando di restare fuori come è avenuto in occasione del trattato contro le mine anti-uomo». «Ma se continueranno a opporsi - ha ammonito sarà meglio avere un Tribunale internazionale con loro fuori che non tradire le attese delle vittime dei mmini contro l'umanità». Maurizio Molina ri Lamberto Dini e Romano Prodi hanno sostenuto a Roma la causa della Corte internazionale