«Italiani spie al servizio di Asmara»

«Italiani spie al servizio di Asmara» Etiopia, 4 arresti «Italiani spie al servizio di Asmara» ADDIS ABEBA. Nelle grande rete sono ufficialmente caduti anche quattro italiani. E' il numero ufficiale, ma forse sono di più. I quattro sono sospettati di avere contatti con il «nemico», dunque di costituire una minaccia per la sicurezza dello Stato. L'Etiopia dice di sentirsi vulnerabile per i troppi nemici potenziali all'interno delle frontiere, per i legami che questi avrebbero con l'Eritrea, che un paio di mesi fa ha occupato un triangolo di 400 chilometri quadrati di sassi e sabbia non lontano da Axum, che è un luogo dell'anima prima che geografico. Così, dopo gli scambi di artiglieria e i raid aerei, a metà giugno erano cornineiate le retate ad Addis Abeba e nel resto del Paese. Nessuno sembra sapere con esattezza quanti siano gli eritrei: dicono forse 700 mila. Molti erano impiegati nelT amministrazione statale, nei trasporti, qualcuno era pilota da caccia: i più abili, raccontano. Per catturare questi potenziali sudditi ostili, le reti vengono stese all'alba, soldati e poliziotti, guidati da quelli dei servizi segreti, battono con i loro camion le strette strade prima che con la luce la vita riprenda. A rischio, chiunque, in qualche modo, abbia legami con Asmara. E' così che quattro imprenditori, nati in Eritrea ma con passaporto italiano, alcuni giorni fa sono stati prelevati dalle proprie abitazioni, ad Addis Abeba, e portati al corpo di polizia dove li hanno interrogati su supposti legami o contatti con l'Eplf eritreo. Una situazione difficile risolta dall'intervento dell'ambasciatore Marcello Ricoveri che non si è limitato a una formale protesta ma ha consegnato agli etiopi un promemoria nel quale si sottolinea quale sia, secondo gli accordi internazionali, la procedura adottata in situazioni del genere. Il gruppetto, del quale faceva parte anche una signora sposata con un armeno, è tornato libero. Ma più di un segnale lascia temere che questo possa essere solo l'inizio della storia: non soltanto gli elenchi di quelli del controspionaggio contengono i nomi di altri italiani, ma il timore è che non si conoscano tutti quelli, con passaporto italiano, presi perché in qualche modo sospettati di giocare nella squadra di Asmara. La guerra non dichiarata per il momento langue. Frenata forse più dalle grandi piogge che dal lavoro della diplomazia. Ad ogni buon conto si tenta ogni via per evitare che il fucile e, purtroppo, non soltanto quello, faccia sentire ancora la propria voce. Con ostinazione l'Oua, l'Organizzazione per l'unità africana, cerca di far ragionare il satrapo di Addis Abeba e quello di Asmara, quindi, di far accettare quella bozza di accordo che, per la verità, soprattutto da parte eritrea è già stata oggetto di critiche pesanti. Nessuno desiste, per il momento, anche se il fatto che i due nemici abbiano ammassato alle frontiere un «numero esorbitante» di soldati appare come un pessimo indizio. E, purtroppo, sono giorni questi nei quali i mercanti di morte si arricchiscono: hanno riempito gli arsenali etiope ed eritreo di armi nuove. La storia è sempre quella, basta pagare in contanti e si compra di tutto nel gran suk: dagli aerei alle mine antiuomo. Un giorno qualcuno ha detto: «Si vis pacem para bellum». Forse per questo ad Addis Abeba continuano le retate. Finché la pioggia complicherà i movimenti dei soldati e dei carri armati, si tratta e ci si prepara. Ma la stagione delle piogge finisce con l'autunno: finirà anche l'ultimo briciolo di buon senso? Vincenzo Tassandoli

Persone citate: Marcello Ricoveri