«Vogliono un tribunale ad hoc» di Carlo Federico Grosso
«Vogliono un tribunale ad hoc» «Vogliono un tribunale ad hoc» Pacioni accusa, ma l'Anni si spacca POLEMICA MAGISTRATI PROMA RIMA una visita da Scalfaro. Poi, un'ora buona nello studio di Prodi a PalaasftHtKigi. Al ter-*1 mine dei due incontri, Giovanni Maria Flick, ministro Guardasigilli, non ha rilasciato dichiarazioni. E così sono fioriti gli interrogativi sulle ragioni di questi incontri avvenuti nel pieno dello scontro sulla Giustizia. Venerdì scorso, il presidente della Repubblica aveva puntato l'indice contro le manchevolezze delle inchieste su Tangentopoli. In privato, Flick aveva confidato di non sentirsi toccato dai rilievi del Capo dello Stato. E' possibile che il ministro abbia voluto esprimere a Scalfaro la sua solidarietà dopo gli attacchi che Di Pietro ha mosso al Quirinale. Ma il caso-Berlusconi continua ad agitare le acque tra i giudici. «Vorrei solo rivolgere queste domande: chi deve giudicare i reati, le ipotesi di reato, le accuse di corruzione, falso in bilancio, finanziamento illecito dei partiti? Chi se non i giudici naturali, precostituiti per legge, come dice la nostra Costituzione? Chi altri?», ha detto il presidente dell'Associazione magistrati Elena Paciotti, messa al corrente delle pesanti critiche del Polo dopo la sentenza Ali Iberian, prende la parola in difesa dei giudici che hanno condannato Berlusconi. «Tribunali speciali», «sentenze prefabbricate», «deliberate criminalizzazioni», accusano Fi, i suoi alleati minori, e ora anche An. Risponde Paciotti: «Abbiamo avuto tre collegi diversi, formati da magistrati diversi, che hanno deciso applicando le leggi», dice, riferendosi ai tre diversi tribunali che fino a og- gi hanno emesso le tre sentenze di condanna contro il leader del Polo. Poi una battuta sull'ipotesi di commissione su Tangentopoli: «Mi pare che venga richiesta per arginare o contrastare le attività dei magistrati, e in questa accezione credo sia ingiustificata». Non diversi gli argomenti usati dal vicepresidente del Csm Carlo Federico Grosso, che se la prende contro chi critica in modo «aprioristico e indiscriminato, prima ancora di conoscere le argomentazioni dei giudici: senza di ciò vi può essere esclusivamente invettiva. Si sono attaccate a lungo le procure, ora si comincia con i magistrati giudicanti - conclude amaramente Grosso - Procure rosse, giudici rossi... Non so se la vera posta in gioco è l'amnistia, in ogni caso mi auguro che non venga proposta né tanto meno accettata». Attenersi alle sentenze dei giudici naturali, invocano Paciotti e Grosso. Ai quali si unisce il professor Gallo, ex presidente della Consulta, che non esclude affatto che Berlusconi possa essere innocente. «Ma se c'è un errore deve essere corretto da altri gradi di giudizio. Bisogna dimostrarlo. Non si può solo asserirlo e farne una bandiera politica gridando al complotto». Ma la magistratura è ormai spaccata. Critica infatti esplicitamente Csm e Anm Umberto Marconi, segretario di Unicost, una delle correnti delle toghe, che trova «sacrosanto» il richiamo di Scalfaro ai magistrati perché permette di identificare «quella sorta di chiusura corporativa che si è verificata da parte dei magistrati nelle varie sedi - Csm e Anm, appunto, ndr - sin dall'inizio di Tangentopoli e si è tradotta nella totale incensurabuità dei giudici protagonisti». Questo «spirito corporativo duro a morire» secondo Marconi ha campeggiato anche nel recente direttivo dell'Anni, che ha approvato - «purtroppo all'unanimità» - aggiunge - un documento «sbilanciato, che ignorava la necessità di un maggiore riserbo e com¬ postezza nelle esternazioni». Contro l'Anni e il Csm, in particolare contro Paciotti, si levano vari esponenti di Fi. L'ex ministro di Giustizia del Polo Filippo Mancuso l'accusa di ((ipocrisia e voluta falsificazione della questione»: «L'aspetto crudamente sostanziale risiede nella natura effettivamente politica di tutte queste vicende e nasce dalle scelte selettive e mirate di queste iniziative». «Nella magistratura italiana c'è un gruppo agguerrito e organizzato che finora ha fatto tutto quanto è in suo potere per bloccare qualsiasi riforma seria dell'ordinamento giudiziario», ribatte Giorgio Rebuffa che accusa i magistrati di ((pesanti interferenze nell'attività del Parlamento». ((Alla dottoressa Paciotti volentieri rispondiamo che in Europa i reati di Tangentopoli sarebbero valutati da giudici terzi, super partes, imparziali, diversi e distinti dai colleghi pubblici ministeri», è la replica, più esplicita, dell'azzurro Dell'Elee. [m. g. b.] Il Guardasigilli prima al Quirinale poi a Palazzo Chigi Grosso (vice Csm): «Non so se la vera posta in gioco è l'amnistia; 1 mamipjguro che non venga accettata» Nelle due foto qui sopra a sinistra Elena Paciotti e a destra il vicepresidente del Csm Carlo Federico Grosso
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