«Vogliono annientarmi»
«Vogliono annientarmi» «Vogliono annientarmi» // Cavaliere: un disegno dei comunisti RETROSCENALA RABBIA I MILANO L giorno della sua terza condanna per i 22 miliardi girati a Bettino Craxi - «un amico, il testimone delle mie nozze, un uomo che solo la Storia potrà giudicare» - Silvio Berlusconi la butta in politica. Convoca solo le tv (nessun giornalista della stampa è ammesso a varcare il villone di Arcore) e detta quanto segue: «Gli italiani capiscono. Il vecchio disegno dei comunisti, di mandare l'opposizione in galera, non passerà. Sono sereno: continuerò più forte di prima la mia battaglia nell'interesse di tutti». Più o meno dello stesso tenore il comunicato faxato a metà pomeriggio dalla Fininvest: «£' ormai la pura logica dell'annientamento quella che sta guidando le mosse della magistratura milanese. Il pool detta la linea, i giudici la interpretano zelanti. Il nemico politico da annientare, con un inconcepibile tiro al bersaglio, sentenza dopo sentenza, è Silvio Berlusconi». Altri toni, altro clima, subito dopo la lettura della sentenza di condanna, dentro il Palazzo di Giustizia. Il professor Ennio Amodio, difensore di Berlusconi, si fa trovare lontano dall'aula di corte d'assise, dove il presidente Marco Ghezzi sta leggendo le due cartelline con gli anni e i miliardi di condanna. All'ora fatale il difensore sta su al terzo piano: «Non ho solo Berlusconi come cliente - si giustifica - e comunque in aula c'erano i miei collaboratori». Naturalmente parla di «accanimento giudiziario», di «sentenza annunciata», di «percorso verso la criminalizzazione che prosegue». Aggiunge: «Silvio Berlusconi viene condannato in diretta come fosse l'imprenditore più pericoloso apparso sulla scena italiana», Parole dure, ma pronunciate con un tono assai più pacato di quanto ci si sarebbe aspettati. Niente a che vedere con i toni concitati che lo stesso Amodio aveva usato, 16 scorso martedì 7 luglio («Questa è una condanna poli-1 tical») subito dopo la sentenza per le tangenti pagate alla guardia di Finanza, condanna per il suo cliente a 2 anni e 9 mesi. A differenza di quel processo, costruito su indizi, questo dei 22 miliardi transitati dalla Fininvest e arrivati a Bettiino Craxi attraverso il conto Ali Iberian è fatto di carte, flussi di denaro nero, conti di copertura che sono stati via via rintracciati nel corso di decine di rogatorie estere, nate inseguendo i conti neri di Craxi e arrivate (nel 1995) a coinvolgere Silvio Berlusconi. Amodio, parlando pacatissimo, la spiega così: «Quei 22 miliardi servivano a pagare una transazione commerciale» i famosi diritti cinemato' grafici mediati dall'imprenditore Tarak Ben Animar. I soldi sono stati prelevati dai conti personali di Silvio Ber¬ lusconi, ma all'insaputa dello stesso». In che senso all'insaputa? «Che Berlusconi non lo sapeva. C'è sempre stato un grande rapporto di fiducia tra Berlusconi e i suoi collaboratori». Scusi, avvocato, vuol dire che i collaboratori di Berlusconi potevano prelevare la cifra di 22 miliardi dai suoi conti personali senza avvertirlo? Senza spiegargli la destinazione? «Può sembrare curioso, ma è così», assicura Amodio che è pure docente di Procedura penale all'università. Statale di Milano. Curiosi anche gli opposti giudizi su Tarak Ben Ammar, amico e partner di Berlusconi in parecchi affari, convocato due volte dal tribunale, mai apparso, nonostante oggi la difesa lo giudichi un teste di importanza cruciale. Giannino Guiso, il legale di Craxi, dice: «Non è mai venuto perché aveva paura di essere arrestato». E come mai? Risponde: «Perché non si fida della giustizia italiana». Ma alla stessa domanda Amodio ha un'altra risposta: «Escludo che il signor Tarak Ben Ammar non sia venuto perché aveva paura di essere arrestato». E allora perché? «Perché lo hanno sempre avvertito all'ultimo momento». In due anni di processo? «Evidentemente non si è voluto...». Eccetera. Giannino Guiso insiste sulla destinazione nobile dei soldi affluiti a Craxi, la famosa donazione a «ambienti arabopalestinesi», cioè a dire un finanziamento all'Olp di Arafat. Nulla (invece) a proposito degli acquisti di case a New York e negozi a Barcellona destinataria Anja Pieroni, amica di Craxi - come al processo ha raccontato Giorgio Tradati, il primo prestanome dell'ex segretario psi. Secondo Guiso: «Quei soldi erano una personale donazione di denaro affluita a Craxi e subito dopo girata a uno Stato estero. La legge italiana non lo impedisce. Ma qui, stravolgendo tutta la verità dei fatti, si è scritta una sentenza inaccettabile». Pino Corrias «Ma sono sereno e continuerò più forte di prima la mia battaglia nell'interesse di tutti gli italiani»
Luoghi citati: Arcore, Barcellona, Bettiino, Milano, New York
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