Mani pulite si mette in posa di Enrico Singer
Mani pulite si mette in posa Parte dal Campidoglio la mostra allestita da Di Pietro Mani pulite si mette in posa E, una specie di serpentone di 46 pannelli rettangolari montati su cavalietti di legno chiaro, come quelli usati dai pittori. Sembra un dazebao cinese fatto di foto in bianco e nero, di ritagli di giornale, di testi di documenti, di dispacci d'agenzia di stampa. Tutti con una piccola data messa bene in vista a ordinare questo collage lungo una cinquantina di metri. Si comincia con il 17 febbraio 1992. Si finisce con il 3 settembre '97. Il primo è il giorno dell'arresto di Mario Chiesa, l'ultimo è quello della richiesta d'arresto per Cesare Previti. E' la storia dell'inchiesta Mani pulite, così come l'ha ricostruita Antonio Di Pietro. Anzi, il suo movimento «L'Italia dei valori» che ne ha fatto una mostra. Ieri per un solo giorno a Roma. Da domani a Milano e poi in giro per altre città. Nell'era della politica-spettacolo e delle mostre in stile diorama hollywoodiano, gli uomini di Di Pietro hanno scelto un profilo a dir poco minimalisti Chi si aspettava di vedere la toga del pm, o la sua camicia celeste zuppa di sudore dopo la requisitoria al processo Eniinont, o magari l'ormai famoso invito a comparire recapitato a Berlusconi durante la conferenza sulla criminalità a Napoli, può anche mettersi l'anima in pace. La storia di Tangentopoli è, rigorosamente, scritta e fotografata. Un po' per ragioni economiche: «Noi non abbiamo soldi, tutto l'allestimento costa 500 mila lire e chi è interessato alla mostra può prenotarla spendendo questa citi , dice Elio Veltri, già luogotenente di Di Pietro. E un po' «perché non voghamo fare pagliacciate». All'inizio del percorso c'è un cartello che fa da titolo: «Mani pulite, verso il rinascimento dell'etica». Il «rinascimento dell'etica» è anche l'obiettivo del movimento politico di Di Pietro proclamato nell'atto costitutivo dell'Italia dei valori. «Sarà un ufficio dei valori smarriti» è lo slogan di un manifesto distribuito all'ingresso ingi'errn» ai pieghevoli di adesione. E' l'unica concessione all'ultima moda della comunicazione politica: un manifesto quasi berlusconiano, con tanto di regolamentare fondo blu e foto sorridente in primo piano con abito grigio scuro e cravatta a piccoli disegni. Anche se rossa e non antracite come quella di Berlusconi. . Poi i pannelli ricostruiscono i momenti-chiave di sei anni di storia. Anche quelli tragici. L'assassinio di Falcone e di Borsellino (1992). I suicidi di Gabriele Cagliari e di Raul Gardini (1993). Quelli politici: la vittoria elettorale del Polo nel '94. Il primo scontro magistrati-politica: il decreto colpo di spugna che fu ritirato dal governo, nel luglio del '94 dopo le clamorose dimissioni del pool di Milano annunciate proprio da Di Pietro in tv. E poi le dimissioni, quelle vere, di Di Pietro dalla magistratura il 6 dicembre '94. C'è la vittoria elettorale dell'Ulivo del 21 aprile '96 e la foto dei ministri attorno a Prodi con Di Pietro ultimo da sinistra. Un'altra foto e un altro abbandono: le dimissioni di Di Pietro da ministro dei Lavori pubblici il 14 novembre '96. «E* una storia che qualcuno tenta adesso di cancellare», dice Alessandra Paradisi, portavoce del movimento. La Paradisi, capelli corti, tailleur-pantalone color crema, giovane sindacò ulivista di Castelnuovo di Porto, ha conosciuto Di Pietro quando era ministro e appoggiò il Comune nell'esproprio della Rocca cittadina. Da allora è impegnata nel movimento. Anche la mostra è una sua creatura. «Quelli del Polo hanno detto che Ruteni si è schierato con Di Pietro perché gli ha prestato la sala per la mostra in Campidoglio proprio adesso nel ciclone delle polemiche. Noi la sala l'abbiamo pagata e prenotata da venti giorni E'un raso che la mostra si sia aperta proprio oggi. O forse è un segno del destino». Enrico Singer Il senatore di Forza Italia Cesare Previti
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