«Il vino fa male? Una pazzia quell'etichetta» di Marco Neirotti

«Il vino fa male? Una pazzia quell'etichetta» Convegno a Monforte d'Alba, nel cuore del Barolo: «Non si deve confondere il rosso con l'alcol» «Il vino fa male? Una pazzia quell'etichetta» / medici si alleano ai produttori per denunciare la nuova noma MONFORTE D'ALBA DAL NOSTRO INVIATO Passarono di qui le legioni romane. E, per tenere in forze i soldati, si versava loro vino. Qui il vino è oggi cultura, economia, turismo. Ma le legioni romane attuali, vestite da Commissione affari sociali, marciano con altri intenti: «Nuoce gravemente alla salute», hanno annunciato di voler scrivere sulle bottiglie come sui pacchetti di sigarette. Ma la gente di qui non ci sta. I sindaci del «Comprensorio del Barolo», 11 Comuni delle Langhe, arrivano a un convegno medico che vede in sala principi italiani della gastroenterologia ed epatologia. Che ne pensano loro? La risposta li soddisfa: un'idea simile è competenza degli psichiatri. Un teatro spettacolare accoglie chi produce vino, chi lo beve, chi amministra comunità che sul vino vivono e chi si occupa di stomaci e fegati spappolati. Monforte è un paese antico, su un colle a 530 metri d'altezza. Tutto intorno, declivi coltivati a vite, ora scenario dell'incontro organizzato da Alessandro Gaetini, docente di patologia chirurgica alle Molinette di Torino, per il «Collegium Internazionale Chirurgiae Digestivae». Si parla del rapporto medico-paziente e di quello docente-studentecon un intervento di Aldo Torsolidocente di gastroenterologia alla Sapienza di Roma, che riceve il premio «Oppidum MontisfOrtis»Accanto a lui c'è il collega torinese Giorgio Verme, che ha avuto il riconoscimento l'anno scorso. Il pubblico applaude sincero la «lezione» del clinico, ma la gente di qui vuole anche domandare a questi signori: siamo killer? Il responso degli specialisti irride la paventata scritta: «E' una follia dice Verme -. Siamo in un paese di matti». Professore, ma è risaputo che l'alcol... «Non confondiamo ivino con l'alcol. E' provato che 60 rammi di alol al iorno per l'uo mo e 40 per la donna non fanno male». Un bicchierino o poco più? «No, sto parlando di alcol contenuto nel vino. Sessanta grammi corrispondono a mezzo litro di vino». Chissà che non faccia pure bene? «Non c'è la certezza che allunghi la vita, ma nemmeno l'accorcia. E ci possono essere effetti positivi, come la riduzione dell'ansia 0 la vasodilatazione nei coronaropatici. In ogni caso, la sostanza in sé non nuoce alla salute, è l'abuso che nuoce, non il contenuto di una bottiglia. Anche mangiare troppo fa male, ma non scriviamo su tutti 1 cibi che sono pericolosi». Dalla piazza di Monforte, guardando di taglio tra le case, si vedono vigneti e grandi cantine. E così per gli altri 10 Comuni, da Barolo a La Morra, da Verduno a Roddi, da Grinzane Cavour a Serralunga, Castiglione Falletto, Novello, Diano d'Alba, Cherasco. Quella scritta minacciosa distruggerebbe un'economia? Il sindaco di Mon- forte, Bruno Cabutti, ne è certo: «Il vino è legato a una cultura ritrovata. Un tempo, alla prima grandinata, i giovani se ne andavano verso la fabbrica. Oggi studiano per entrare nelle aziende dei genitori con nuove conoscenze. Giocano la partita sulla qualità e non sulla quantità». Indica le colline ripopolate, le case ristrutturate, molte da stranieri: su 20 progetti visti dalla commissione edilizia, sette erano di svizzeri o tedeschi innamorati del luogo do po visite per turismo enogastronomico. Il turismo enologico in tutta Italia muove tremila miliardi l'anno, spiega Massimo Corrado, presidente di «Città del vino», che ha anche curato una guida di Luigi Veronelli sulle 263 città doc, da Agliano (Asti) a Zagarolo (Roma). Ma si può, in nome di un'economia, chiudere un occhio sui danni da eccesso? «Da eccesso, appunto, come se si mangia troppo o si guida troppo veloce» replica Torsoli E conferma: «Una scritta che parla di danni farebbe eliminare il consumo a quei bevitori moderati cui il vino fa bene. Ma di una scritta se ne infischiano gli etilisti, benché già coscienti del danno». Giovanni Bracco, presidente della Cantina sociale di Clavesana per il Dolcetto (30 mila ettolitri venduti ogni anno), aggiunge: «Noi abbiamo 430 soci in 18 Comuni, da Monforte al Monregalese. Un calo di un terzo colpirebbe sì la Cantina sociale, ma si riper¬ cuoterebbe per un terzo sulle attività di ciascuno dei soci, con le conseguenze immaginabui. La politica delle cantine sociali è certificare sempre più la qualità». Poi ammira anche lui queste discese di vigne e domanda: «Uno dei problemi sociali gravi è quello dei giovani. Ne ha mai visti lei in discoteca con un bicchiere di dolcetto in mano? Magari fosse così. E lo dico per loro». Marco Neirotti «Una scritta sui danni spaventerebbe i bevitori moderati e non gli etilisti» «Soltanto il turismo enologico produce 3 mila miliardi l'anno Non distruggetelo» I medici assolvono il vino «Mezzo litro al giorno non fa male»