«Della Cia le bombe a Cuba»

«Della Cia le bombe a Cuba» Negli attentati agli alberghi dello scorso anno morì anche un italiano: «Volevamo stroncare il turismo» «Della Cia le bombe a Cuba» Un esule al New York Times: le ho messe io NEW YORK NOSTRO SERVIZIO C'è voluto un anno, ma ora si sa tutto sull'ondata di attentati che l'estate scorsa si abbatté su Cuba. Furono messe bombe negli alberghi e nei luoghi di vacanza in genere e fra le vittime ci fu anche un turista italiano, Fabio Di Celmo. A raccontare come andarono le cose è lo stesso signore che quegli attentati organizzò e sulla sua «confessione» non si può neanche sospettare che gli sia stata' estorta dal governo cubano. Infatti Luis Posada Carriles, questo il nome del terrorista, non si trova in prigione all'Avana. E' libero e tranquillo in un non identificato rifugio dell'America Centrale, dove ha raccontato le sue gesta a due inviati del New York Times. Ieri il giornale ha pubblicato con grande evidenza la storia, promettendo anche un secondo capitolo con tutti i dettagli su come la Cia e l'Fbi hanno per anni foraggiato l'attività di Luis Posada. Ma intanto, di dettagli interessanti ce ne sono già parecchi in questa prima parte, a cominciare da quello sui finanziamenti che Posada ha ricevuto da Jorge Mas Canosa, leader «storico» dei cubani anti-castristi che vivono negli Stati Uniti, nonché ricco uomo d'affari, detentore di una forza elettorale contro la quale nessun politico americano ha mai osato mettersi e proprio per questo «consigliere» della Casa Bianca durante le anuninistrazioni Reagan, Bush e Clinton. Jorge Mas Canosa, che aveva sempre sostenuto che la sua opposizione al regime di Fidel Castro fosse «pacifica», è morto l'anno scorso e quindi non è in grado di negare ciò che afferma Posada; ma i successori alla guida della sua Cuban American Foundation, quando sono stati con- sultati dagli inviati del New York Times hanno risposto con un imbarazzato silenzio. «Era Mas Canosa a controllare direttamente le cose», racconta Posada. «Lui diceva: mandategli 5000, 10.000,15.000 dollari e loro me li mandavano in contanti. La formula era sempre la stessa: "per la Chiesa"». In totale, dice, ha ricevuto almeno 200.000 dollari, quasi 400 milioni di lire. Insomma quando l'anno scorso le autorità cubane - dopo un primo momento di smarrimento di fronte all'inaspettata ondata di attentati - denunciarono la responsabilità di «quelli di Miami», e in particolare dell'organizzazione di Mas Canosa, avevano ragione, mentre le autorità americane, che invece dissero di avere indagato e di non avere trovato nessuna traccia di «attività illegali» fra le organizzazioni degli esiliati cubani, erano in errore. In errore soltanto? Secondo il New York Times c'è molto di peggio. Alla ricerca di riscontri su ciò che lui ha raccontato, gli inviati del giornale si sono infatti imbattuti in un americano di origine cubana di nome Tony Alvarez che fa l'ingegnere e l'anno scorso viveva in Guatemala. Lui aveva notato che certi suoi colleghi, sempre in contatto con un misterioso signore dai capelli grigi e tanti passaporti in tasca, stavano accumulando esplosivi e detonatori e che a ogni notizia di attentato proveniente da Cuba si congratulavano a vicenda. Per un po' Alvarez si fece gli affari suoi, ma quando senti quei signori parlare della possibilità di uccidere Castro durante un viaggio in Venezuela previsto di-lì a poco, si allarmò e avvertì sia le autorità venezuelane che quelle americane. Le prime arrestarono gli attentatori. Le seconde si mostrarono «molto poco curiose» di ciò che Tony aveva da dire. L'unico segnale che ricevette fu una telefonata in cui un signore, qualificatosi come dirigente dell'Eni, gli consigliava vivamente di lasciare al più presto il Guatemala perché la sua vita era in pericolo. Ora, Posada racconta con fierezza che l'uomo dai capelli grigi era lui e che lo scopo dei suoi attentati era di bloccare il flusso turistico a Cuba. Franco Pantareili Il burattinaio un notabile di Miami intimo di Reagan Bush e Clinton L'albergo dell'Avana dopo l'esplosione che uccise l'italiano Fabio Di Celmo