Bossi: ma non è un vero scontro di Cesare Martinetti
Bossi: ma non è un vero scontro Bossi: ma non è un vero scontro CHIGNOLO PO DAL NOSTRO INVIATO Lo scontro Scalfaro-Di Pietro? «Macché», dice Bossi: «Non so davvero se si tratti di uno scon- g^^MMW tro: ^a una Parte c'è la magi¬ stratura che ha salvato la prima repubblica dal cambiamento; dall'altra la politica che ringrazia, ma ora reclama il suo e dice: cari magistrati è ora di tornare a posto». Umberto Bossi trasfigura la grande sceneggiata romana nella sua lingua immaginifica e talvolta oscura. Il senso di tutto è: hanno bloccato la Lega e ora stanno regolando i loro conti. 11 Carroccio, da tutto ciò, naturalmente si chiama fuori. Va avanti per la sua strada. Qui a Chignolo si vive dentro il mondo surreale della Padania. Il «parlamento» discute la costituzione ed è arrivato alla fine dei nove mesi «costituenti». I padani ancora non lo sanno, ma da ieri hanno due testi di nuova costituzione per la loro vita: uno confederale, l'altro federale. Appuntamento a Venezia, il 13 settembre, quando il sacro testo sarà presentato al popolo, anzi «ai popoli», come dice il presidente del parlamento Formentini. Poi, «presumibilmente», dice sempre Formentini, in primavera (1999) ci sarà un bel referendum in cui i padani sceglieranno se vivere dentro una costituzione federale o confederale. Avanti così, nell'iperuranio. Qui sulla terra le cose non vanno un granché. Nemmeno per la Lega, ammette Formentini, leggendo i risultati delle ultime elezioni: «C'è una smarrimento generale nella vita politica. Noi qui vogliamo dare l'impressione che in Padania si fa, si va avanti. Il nostro parlamento è un punto di riferimento e noi procediamo su un doppio binario: da una parte le istituzioni e dunque la costituzione; dall'altra l'associazionismo sociale, le organizzazioni di volontariato». Prossimo appuntamento, annuncia Bossi al bar, tra un caffè e un lemonsoda, il primo campionato di calcio padano, la serie A. Quando? «Presto». Qui a Chignolo, nella Bassa pavese, caldo e zanzare, si sono mossi in pochi, ieri, in verità, per l'appuntamento con la Storia (nuova Costituzione) e quello con il segretario. Bossi ha sostato a lungo al bar, prima di buttarsi nell'aula parlamentare. Una ventina di guardie padane intorno, toscano tra le dita e chiacchiere a perdere. Argomento? «Le donne», ci ha rivelato l'onorevole Boso. Al match Scalfaro-Di Pietro, Bossi riserva una ricostruzione pro-Lega. «Non c'è vetriolo, non mi sembra. Assistiamo piuttosto alla ricomposizione del potere». Il pool, per il segretario-padrone della Lega, non ha fatto altro che conservare la prima repubblica e impedire il cambiamento: ha colpito a destra e non a sinistra. E tutto ciò nel momento in cui la Lega era la forza vivente di un possibile cambiamento anche costituzionale. «Le lobby massoniche hanno imposto il passaggio al sistema maggioritario: se fosse rimasto il proporzionale, la maggioranza dei sindaci del Nord sarebbe ora leghista». Berlusconi, nell'immaginario di Bossi, è l'uomo che ha salvato il regime romano dall'avanzata della Lega. E ora, condannato, dice al sistema politico: «Ma come vi ho salvato e colpite anche me?» L'azione della magistratura, dice Bossi, «l'ho sempre letta come negativa. Quando stavo buttando giù il governo Berlusconi mi arrivò un avviso di garanzia...». La pohtica italiana, secondo Bossi, è dunque dominata da un Giano bifronte: politica e magistratura, Scalfaro-Berlusconi e Di Pietro, che tuttora rappresenta il pool. La «partita a scacchi» continua. E in attesa della prossima mossa, il parlamento padano saluta il suo segretario al grido di: «Libertà, libertà». Cesare Martinetti
Luoghi citati: Chignolo Po, Venezia
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