«D'Alema? E' sconsolante»

«D'Alema? E' sconsolante» «D'Alema? E' sconsolante» Nuovo attacco: l'aria è cambiata... MONTENERO DI BISACCIA DAL NOSTRO INVIATO Dopo lo sfogo seguito alle dichiarazioni di Scalfaro sul Pool, Di Pietro è venuto a passare la domenica a casa. Per riposarsi ma anche per incontrare i più stretti collaboratori che stanno continuando la raccolta delle firme per il referendum antiproporzionale. Davanti al cancello staziona infatti un pulmino coperto di manifesti, pronto a ripartire per le ultime battute. Fa caldo. E Di Pietro, in jeans e tshirt blu, le maniche tirate su sulle braccia abbronzate, pare aver sbollito la rabbia del giorno prima e non vorrebbe più ritornare sulla questione, che pure non considera chiusa. Poi, davanti a un cocomero, fresco che insiste per offrire al cronista, si lascia andare a chiarire il «giallo» dell'atto giudiziario a comparire notificato nel 1994 a Berlusconi. «Non era un avviso di garanzia, come si ostinano a scrivere i giornali, e non è stato notificato a Napoli. Andatevi a vedere le carte». Ripete, ed è un leit motiv. Ok. Era un semplice invito a comparire. E venne notificato a Palazzo Chigi, sede del governo, presieduto allora proprio da Berlusconi. L'ex pm Di Pietro non ama le inesattezze. Ma quando, esattamente, visto che Scalfaro sostiene di essere stato avvisato solo all'ultimo momento? «Ho detto che è stato avvisato prima della notifica, ed è la verità. Basta andare a vedere la data della notifica, che è un atto giudiziario». Ma quando era, visto che il Corriere dela Sera ancora oggi scrive che o era il 20 o il 21 novembre, o hanno ragione Di Pietro e Berlusconi, o Scalfaro e Borrelli. Di Pietro fa una smorfia. «Io ho detto che sicuramente Borrelli telefonò a Scalfaro prima, cioè la sera del 21 novembre. E che sicuramente il verbale di notifica porta la data del 22 novembre». Come dire che la data del 20 non c'entra proprio niente. «E la notifica è la notifica? Non è il prowedimento, che può essere anche datato 5 anni prima, se la persona, per esempio, è un latitante, ma il verbale che si fa firmare il messo al momento della consegna. Certo che se poi si intende quando il messo è partito da Milano, allora può sorgere un equivoco». «Scalfaro è stato avvisato la sera prima, e se poi avesse fatto fuoco e fiamme, si poteva anche vedere. Ma sulle date non ci sono questioni. Carta canta. L'ho già ripetuto non in uno ma in tre processi. E ora devo prendermi la gogna?». Allora alla fine siete d'accordo, sostenete la stessa cosa? Di Pietro fa un'altra smorfia e potrebbe essere anche un sorriso. Allora il problema è la fuga di notizie: visto che la notizia dell'intenzione di notificare l'atto si era già sparsa, non si poteva più fermare niente. «Appunto». Risponde laconico Di Pietro, aggiungendo che anche di questo lui è stato scagiona¬ to dai tre processi, e dall'ispezione ordinata dall'allora ministro Mancuso. Di più non vuol dire. «Una fuga di notizie che ha danneggiato sia l'inchiesta che noi del pool, che i magistrati in genere», aveva già aggiunto l'altro giorno. Insomma, il Pool non c'entra niente, e allora perché dopo quattro anni lo si tira di nuovo in ballo? Di Pietro un'idea ce l'ha. «E' cambiata l'aria - dice in un'intervista al Tg5 C'è un gruppo politico che sta cercando di scrivere al contrario la storia». L'allusione è chiara. All'ex pm di Mani pulite non va giù la commisione d'inchiesta su Tangentopoli. Proposta inizialmente dal Polo, ma poi fatta propria anche dall'Ulivo, sia pure a certe condizioni. Di Pietro non ci sta. «L'Ulivo dice: "A condizione che non si parli dei magistrati". Ma via, non siamo ipocriti! Prendiamo a esempio proprio ciò che è successo a Di Pietro dopo le dichiarazioni del Capo dello Stato. Po¬ tete mai immaginare che una commissione d'inchiesta non debba mettersi a discutere, ad indagare, ad accertare come è avvenuta quella fuga di notizie? La commissione non potrà non indagare sul comportamento di tutto il pool di Milano. Quindi non si dica, non dica l'Ulivo, e la sinistra: "A condizione che si parli di finanziamento pubblico dei partiti e non dei magistrati"». D'Alema l'ha invitata ad abbassare i toni. Perché? «Per prendere tempo. Mi spiace dirlo, ma è sconsolante. La politica non può più stare a prendere tempo. Se la sono presa con me perché in un'intervista ho detto "inebetito" invece che "inebetito". Provate a essere preoccupati come lo sono io. Non si può restare intimoriti verso chi minaccia addirittura di scendere in piazza se una sentenza avrà una soluzione piuttosto che un'altra. Prendo atto che le forze politiche sono - lo dico corettamente ora - inebetite. La so- stanza non cambia». Insomma, le hanno schiacciato i piedi e lei ha reagito? o si è limitato a reagire? «Io sono sempre uno che i piedi non me li faccio schiacciare. Se poi si lamentano perché urlo, non me li schiaccino - ripete -. Ma ora devo proprio andare». Maria Grazia Bruzzone Sono stati fatti tre processi e un'inchiesta disciplinare Alla fine il Pool è stato assolto Che senso ha affermare adesso quel che ha detto Scalfaro? p j iiNell 'Ulivo sento sostenere che la commissione su Tangentopoli non si dovrebbe occupare dell'azione dei magistrati Ma questa è solo ipocrisia ijsj Ull leader del Pds vuol prendere tempo Credo che la politica non possa più farlo Sappiate che non mi farò intimorire^ lante»mbiata... n Il senatore Antonio Di Pietro: in questi giorni sta concludendo la raccolta delle firme per il referendum contro il proporzionale Bossun veCHIGNOLO PDAL NOSTRO INLo scontro ScBossi: «Non sg^^MMW Il senatore Antonio Di Pietro: in questi giorni sta concludendo la raccolta delle firme per il referendum contro il proporzionale segretario del Pds Massimo D'Alema

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