Tutto il Paese col 23, come Chirac

Tutto il Paese col 23, come Chirac BALIA Tutto il Paese col 23, come Chirac Un'ottantenne: gioia così solo alla Liberazione FPARIGI UOCHI artificiali, petardi e clacsonate sinfoniche. Il popolo pallonaro invade città e villaggi: Per un francese su 10 la parola d'ordine è il pucciniano «nessun dorma». Quanto a Copacabana, stasera è targata Marsiglia. Impazzisce, la più latina delle metropoli francesi. E la maglia 23 - quella dell'uomo in più - non l'indossa solo Chirac per compiacere i fotografi ma, idealmente, l'intero Paese. Nazione per eccellenza, la Francia non aveva sino a domenica una Nazionale. Giustizia è fatta. La Fraternité del 1789 dispone ormai di una versione pallonara che unifica il Paese da Nizza a Brest. Dopo aver fatto breccia nelle reti avversarie, l'Undici di Aimé Jacquet espugna la difesa più agguerrita: quella che le opponeva l'anima francese. Qui si amano, da sempre, i Pouhdor e non gli Anquetil. Ma l'equipe Mondiale '98 ha l'umiltà e la simpatia del primo pur copiando, nel trionfo, il suo algido rivale. E', in definitiva, la rivincita di Astérix. Le sue avventure si concludono inevitabilmente con un banchetto pantagruelico, vera eucaristia paganeggiante nonché vendicatrice della mesta Nouvelle Cuisine. E il festino bacchico che ha messo a dura prova, questa notte, alcolemia e colesterolo nazionali, lo ripropone. Prova a spiegarlo, in diretta televisiva, Gerard Depardieu, l'Obélix cinematografico: «Finalmente, ci amiamo tutti. Finite le sterili discussioni in cui la Francia eccelle». La palla è rotonda, la palingenesi anche. Persino il freddo Jospin abbandona la ritrosia ugonotta dipingendo l'exploit come una trasfigurazione planetaria: «Quattro miliardi di occhi a guardarci. E tutta la Francia coinvolta». Quasi introvabile in politica, la parola chiave della V Repubblica «rassemblement», l'unione ritrovata - brillava ieri a mo' di cometa natalizia sul grande stadio parigino. Martine Aubry, la torva ministra delle 35 ore che i patron considerano un'orchessa e gli amici la più scorbutica tra i politici, abbozzava danze rituali a colpi d'anca in tribuna, mutata dalla bionda Guardasigilli Elisabeth Guigou. I déjà-vu non abitano più qui. La nazione che li ha resi mondialmente celebri stupisce se stessa e la mondovisione con un tifo nuovo. A fine mattinata bande di ragazzi/e con l'inevitabile tatuaggio blubianco-rosso già assaltavano le automobili sugli Champs-Elysées urlandoti dentro «On a gagné». Cioè ((Abbiamo vinto» e non «Vinceremo». Inebititi dalla sfrontatezza francese, malgrado sambe e scodinzolii di ombelichi, la pur numerosa comitiva brasiliana era, incredula, alle corde. Pochi minuti dopo le 15, la piazza che fronteggia il Municipio brulicava di tricolori. Schermo buio, ma cuori e corde vocali bollenti. A sera, i più ardimentosi scalano i tetti per un colpo d'occhio eccezionale sul match, la Senna, Notre Dame... Dolce vittoria, con Paris by night per madrina. Ma era solo la prova generale, pallido «prossimamente» del kolossal popolare che ci aspettava alle 22,45. Gli Champs-Elysées sono ir¬ riconoscibili. «La più bella avenue del mondo» ha visto sfilare la Wehrmacht nel giugno '40, l'oceanica contromanifestazione gollista del maggio '68 e infinite altre. Ma entrerà nella Storia anche la marea umana sfonda-record della «-notte più lunga» che Parigi ricordi. «E' dalla Liberazione che non vedevo un entusiasmo simile» si commuove Arlette, classe '19. Il Tour de France, non se lo fila nessuno. La prima tappa raccoglie un'audience alla Marzullo. Con le loro scarpette, Djorkaeff e Thuram detronizzano il Re Pedale. Anzi, vedendo i sostenitori - migliaia far ala al passaggio dell'Equipe Jacquet per l'ultimo tragitto Clairefontaine-stadio (e ritorno), ci si poteva credere in uno scenario da corsa al crono. Manno: la Maglia Gialla si chiama Zidane. E, al limite, Aimè Jacquet. Che malgrado il nome sembri indicare il contrario, era forse il trainer meno amato in patria. Ma il brutto anatroccolo è diventato cigno. Cldrac gli dice bravo: forse ignora che nel tripudio la folla scandisce ((Jacquet presidente». Nella sua revanche c'è la metafora di una Francia che si scopre campione in extremis e non lesina lo zelo del neofita per ritrovare il tempo perduto. Le bandiere vendute come noccioline nelle ultime 48 ore dopo un mese di calma olimpica. E poi la gioia che esplode irrefrenabile polverizzando ogni primato. Dinanzi a scene siffatte sui teleschermi d'Italia, Spagna o Brasile, i Francesi solevano esibire uno spleeen cartesiano. Ora tocca a loro. «Allez les Bleus». Anzi «putain!», come sfugge al favoloso happy end al telecronista di Tf 1. Enrico Benedetto 6 gol: 5 gol: 4 gol: 3 gol: IL GOLEADOR SUKER (Croazia) BATISTUTA (Argentina) VIERI (Italia) RONALDO (Brasile) SALAS (Cile) HERNANDEZ (Messico) BEBETO, CESAR SAMPAIO, RIVALDO (Brasile) HENRY (Francia) BIERHOFF, KLINSMANN (Germania) BERGKAMP (Olanda) A Parigi, come in tutta la Francia, è esplosa subito dopo il fischio finale una festa interminabile; oggi i campioni saranno portati in trionfo