Torino, un altro suicidio scuote gli squatter
Torino, un altro suicidio scuote gli squatter Maria Soledad, agli arresti in una comunità, era appena stata rinviata a giudizio per un attentato Torino, un altro suicidio scuote gli squatter Si impicca come il compagno, aggrediti i giornalisti FOSSANO DAL NOSTRO INVIATO Per uccidersi ha aspettato l'alba di un sabato, proprio come il suo Baleno. Così, ieri mattina alle 5, Maria Soledad Rosas ha lasciato la camerata-dormitorio della comunità che la ospitava da quasi tre mesi, detenuta agli arresti domiciliari, è entrata nel disadorno bagno con il lenzuolo sottobraccio e l'ha legato al portadoccia. Poi ha infilato la testa nel rudimentale cappio e si è lasciata cadere. Chissà a chi è andato il suo ultimo pensiero, mentre la vita le sfuggiva? Forse all'anarchico Edo Massari, l'uomo che amava, uccisosi in carcere lo scorso 28 marzo, pochi giorni dopo essere stato arrestato per associazione sovversiva proprio insieme a Soledad ed a Silvano Pelissero; ma forse anche alla sua Argentina, un Paese così lontano da quello che adesso la vedeva morire. E magari anche alla famiglia, ricca, benestante e borghese, notissima nella Buenos Aires che conta, così diversa dalle comunità che aveva scelto di frequentare, per amore di un uomo e di una ideologia. E' successo tutto nella comunità «Sotto i ponti», una cascina bianca a due piani, persa in un mare di grano, a un paio di chilometri dalla frazione Podio di Bene Vagienna, a una decina dal casello di Fossano della TorinoSavona. Una comunità legata al gruppo Abele di don Ciotti (con obiettivo soprattutto l'assistenza di tossicodipendenti sieropisitivi), ma abitata anche da un «nucleo» di persone vicine all'ideologia di Soledad. Proprio uno degli ospiti, un cittadino marocchino, verso le 7,30 ha aperto la porta del gabinetto e si è trovato di fronte il corpo della ragazza. Ha chiamato i compagni: «Secondo noi era ancora viva. Abbiamo dato subito l'allarme, ma l'ambulanza ha impiegato più di mezz'ora ad arrivare». Un lasso di tempo spiegabile con il dedalo di strade sterrate che attraversa la campagna, tra Fossano e Bene Vagienna. Nel mezzo di soccorso c'era un medico che, salito al primo piano della cascina, s'è dovuto limitare a firmare un certificato di morte. A questo punto sono intervenuti i carabinieri e, subito infor- mato, si è mosso da Torino anche don Ciotti, in compagnia dell'onorevole Luigi Manconi, che ieri mattina era a Grugliasco per una manifestazione dei Verdi. Il primo momento di tensione è coinciso con l'arrivo del procuratóre capo di Mondovì, Riccardo Bausone: fra squatter e magistrato è volata qualche parola, a cui è seguito un tentativo di aggressione, contenuto dai carabinieri. Il magistrato, dopo qualche minuto, si è allontanato, non senza aver firmato un'ordinanza per la perquisizio¬ ne della cascina e aver fissato per domani l'autopsia del cadavere, trasportato nella camera ardente dell'ospedale di Mondovì. La perquisizione, che ha richiesto poco più di un'ora, non ha portato al ritrovamento di nulla di rilevante: Soledad aveva con sé poche cose, fra cui un quadernetto con alcuni appunti ma senza riferimenti al suicidio, un paio di libri, qualche rivista. I militari hanno catalogato ogni cosa e trasferito tutto, in un sacco, alla procura di Mondovì. La tensione è nuovamente salita poco dopo mezzogiorno, quando le auto dell'emittente televisiva Retesette, de La Stampa e de La Repubblica, si sono avvicinate alla cascina, percorrendo la stretta strada sterrata che si inerpica fra alcuni avvallamenti, Non appena la Fiat «Uno» della tivù locale è entrata nel cortile antistante la palazzina, una decina di squatter armati di grosse pietre (delle dimensioni di mattoni) sono usciti di corsa, cercando di raggiungere i giornalisti. La peggio l'ha avuta l'utilitaria di Retesette, che è stata raggiunta da due grossi sassi, uno dei quali ha sfondato il parabrezza. La giornalista Maria Teresa Marinò, che era seduta a fianco dell'operatore-autista Roberta Griva, ha riportato ferite alla testa e una lesione alla spalla (con prognosi di 10 giorni). Mentre anche gli altri giornalisti si mettevano al sicuro, i carabinieri rimasti nella cascina soccorrevano la ferita, che veniva condotta prima alla caserma di Bene Vagienna e poi all'ospedale di Mondovì. «Me li sono visti davanti all'improvviso mentre stavamo cominciando a girare qualche immagine - ha raccontato la Marinò fra le lacrime - e non ho avuto dubbi sulle loro intenzioni, visto che portavano tutti in mano grossi sassi». I militari nel pomeriggio hanno denunciato per l'aggressione Luca Bruno, l'anarchico che aveva sposato Soledad al solo scopo di consentirle di acquisire la cittadinanza italiana e di restare in Italia. Intanto, nella zona di Torino, Radio Black Out iniziava a diffondere messaggi in cui si invitavano i giornalisti a non avvicinarsi alla cascina, pur con toni leggermente meno aggressivi che in passato. Ma i difficili rapporti fra squatter e mass media hanno poi alimentato altri due episodi: un breve parapiglia di fronte alla stazione carabinieri di Bene Vagienna (dove una ragazza, fotografata da un reporter, ha cercato di impossessarsi della macchina da presa, dando il via a una breve rissa), il raid pomeridiano contro la redazione torinese di Repubblica in via Roma 301 (ma qui gli squatter hanno clamorosamente sbagliato porta, centrando quella della sezione della Corte dei conti, anziché quella del quotidiano). Ora, con la febbre che è tornata a salire in città, ci si chiede soprattutto perché una ragazza di 24 anni possa decidere che la vita non merita di essere comunque affrontata. Il suo volto, persino sprezzante ma certamente coraggioso, non lasciava apparentemente margine a pensieri di morte. Ma allora che cosa l'ha spinta ad annodare quel lenzuolo? Forse la richiesta di rinvio a giudizio (per lei e per Silvano Pelissero, accusati dell'attentato al municipio di Capile e del lancio di molotov a Torino) che era stata formalizzata lunedì scorso. 0 forse soltanto un disperato bisogno di quiete, dopo tanta tempesta. Angelo Conti Il dramma all'alba in una cascina del Cuneese Una decina di giovani amici prima hanno tentato di aggredire il magistrato, poi hanno preso a sassate l'auto della troupe di un'emittente privata: ferita la cronista ni L'ULTIMA LETTERA Ecco il testo delia lettera che Soledad scrisse dal carcere dopo la morte del suo compagno Baleno "Compagni, la rabbia mi domina in questo momento. Io ho sempre pensato che ognuno è responsabile di quello che fa, però questa volta ci sono dei colpevoli e voglio dire a voce molto alta chi sono stati quelli che hanno ucciso Edo: lo Stato, i giudici, i magistrati, il giornalismo, UTav (Treni adatta velocità, ndr), la polizia, il carcere, tutte le leggi, te regole e tutta quella società serva che accetta questo sistema. Noi abbiamo lottato sempre contro queste imposizioni: è per questo che siamo finiti in galera. Il carcere è un posto di tortura fìsica e psichica. (...) Edo ha voluto finire subito con questo male infernale. (...) intanto mi castigano e mi mettono in isolamento (...), hanno paura che io mi uccida, secondo loro'iì mio è un isolamento cautelare, lo fanno per «salvaguardarmi»; è così deresponsabilizzarsi se anche io decido di finire con questa tortura. (...) Io cercherò la forza da qualche parte, (...) lo farò per la mia digttità e in nome di Edo. (...) Protesto, protesto con tanta rabbia e dolore,,. subito con questo male infernale. (...) intanto mi castigano e mi mettono in isolamento (...), hanno paura che io mi uccida, secondo loro'iì mio è un isolamento cautelare, lo fanno per «salvaguardarmi»; è così deresponsabilizzarsi se anche io decido di finire con questa tortura. (...) Io cercherò la forza da qualche parte, (...) lo farò per la mia digttità e in nome di Edo. (...) Protesto, protesto con tanta rabbia e dolore,,. tentato di aggredire il magistrahanno preso a sassate l'auto deldi un'emittente privata: ferita laA sinistra, Maria Soledad Rosas. In alto, il suo compagno Edo Massari. A destra, la manifestazione degli squatter a Torino il 4 aprile scorso Il dolorDalle lott A sinistra, Maria Soledad Rosas. In alto, il suo compagno Edo Massari. A destra, la manifestazione degli squatter a Torino il 4 aprile scorso
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