I giudici: la democrazia è in pericolo di Paolo Colonnello

I giudici: la democrazia è in pericolo Allarme dell'Associazione magistrati contro «i politici che si sottraggono alla legge» I giudici: la democrazia è in pericolo Bruti Liberati: attacchi impensabili in un altro Paese MILANO. Suona l'allarme tra i magistrati italiani. E il disagio per quello che molti vivono ormai come un assedio viene espresso in un comunicato approvato ieri all'unanimità dall'Associazione nazionale magistrati. Gli attacchi alla giurisdizione, scrivono i giudici, «rischiano di minare le fondamenta dello stesso sistema democratico del quale l'autonomia della magistratura costituisce insopprimibile caposaldo». E' allarme per i ripetuti attacchi del leader dell'opposizione e dell'intero Polo alla procura e al tribunale milanese, seguiti alla condanna di Silvio Berlusconi. Preoccupazione per le vere finalità della Commissione parlamentare su Tangentopoli. Edmondo Bruti Liberati, uno dei più autorevoli esponenti dell'Anni, lo dice senza giri di parole: «Se la Commissione parlamentare dovrà indagare sul fenomeno della corruzione nel nostro Paese, allora la si definisca subito, senza indugi, con una finalità di prevenzione per il futuro. Se invece l'ipotesi è quella di una commissione che indaghi sull'operato dei giudici che hanno perseguito la corruzione, allora saremmo di fronte a una prima mondiale assoluta. In nessun Paese democratico si sarebbe mai vista una cosa simile». Dottor Liberati, davvero la magistratura italiana pensa che gli attacchi ai giudici siano un pericolo per la democrazia? «Intanto sarà meglio precisare di cosa si parla, senza timori: gli attacchi alla magistratura milane- se e alla magistratura in generale dopo la sentenza di condanna di Silvio Berlusconi, sono attacchi che non sarebbero immaginabili in qualsiasi altro Paese democratico». Ma un imputato avrà pure il diritto di criticare la propria sentenza. «Che un imputato critichi una sentenza è assolutamente normale, tanto che la legge prevede anche degli strumenti legittimi di critica che sono il ricorso in appello. Voglio ricordare che c'è stata anche una condanna per falso in bilancio di un personaggio come Cesare Romiti e il suo commento, come quello del suo difensore, è stato: "Questa sentenza non ci soddisfa, ricorreremo in appello". Punto e basta. Nel caso della sentenza su Berlusconi invece abbiamo assistito agli interventi di un condannato che sono stati di delegittimazione dell'intera magistratura. Più preoccupanti ancora sono stati i commenti degli altri politici che hanno parlato di "tribunale speciale" o di "sentenza predefinita". Sono fatti inammissibili e creano pericolo per le istituzioni democratiche». In che modo si manifesta questo rischio? «In questi ultimi giorni abbiamo assistito a dei passaggi davvero singolari. Intanto l'invocata commissione d'inchiesta su Tangentopoli: io non voglio minimamente discutere sui suoi poteri. Non è questo che interessa. Voglio invece sapere precisamente quali saranno gli obiettivi di questa commissione: indagare sul fenomeno della corruzione o su chi ha perseguito la corruzione? Se il fine è rappresentato dalla seconda ipotesi, sarebbe una grave rottura deU'equilibrio tra i poteri, una grave interferenza sui processi ancora in corso». Qualcuno è tornato a parlare di amnistia per raggiungere una pacificazione generale. Può essere una strada da percorrere? «Anche qui, al di là dei vincoli di legge, che sono notevoli, bisogna sapere che proporre l'idea di un'amnistia durante dei processi in corso diventa un segno inequivoco. Non sarebbe assolutamente un modo per chiudere con il passato e ripartire da zero, piuttosto il tentativo di bloccare l'accertamento dei fatti». L'Anni è preoccupata che le feroci polemiche sulla giustizia facciano arrivare un segnale distorto all'opinione pubblica. Che tipo di segnale? «Un segnale nel quale la politica si sottrae al giudizio delle leggi. Il Parlamento può dettare le leggi ma poi queste devono essere applicate. Invece così si fa intendere che sono esclusivamente gli equilibri politici a decidere le questioni di giustizia». A questo punto si può già parlare di rapporti alterati tra le istituzioni? «Grazie a Dio, no. La posizione assunta dal presidente Scalfaro è stata fermissima. Ha fatto critiche su alcuni aspetti specifici dell'azione della magistratura ma ha anche preso una posizione netta sul fatto che le leggi debbano essere osservate e che le sentenze dei giudici che accertano dei reati vadano rispettate». Nel documento l'Anni fa un esplicito richiamo al Parlamento perché affronti le priorità della giustizia. Quali sono? «Lo sveltimento dei processi, la dislocazione delle risorse, le riforme. Tutte questioni che nell'ultimo anno, prima con la Bicamerale ora con la commissione su Tangentopoli, continuano ad essere rinviate. Queste sono le priorità per una giustizia che funzioni. Non altre». Paolo Colonnello «L'amnistia? Non sarebbe un modo per chiudere con il passato e ripartire da zero ma il tentativo di bloccare l'accertamento dei fatti» «Sì alla critica Ma con Berlusconi abbiamo assistito agli interventi di un condannato che possono delegittimare l'intera magistratura» Edmondo Bruti Liberati

Persone citate: Berlusconi, Bruti Liberati, Cesare Romiti, Edmondo Bruti Liberati, Scalfaro, Silvio Berlusconi

Luoghi citati: Milano