L'EUROPA ALLA FRANCESE di Barbara Spinelli
L'EUROPA ALLA FRANCESE MONDIALI DI CALCIO E DIRITTI DI CITTADINANZA L'EUROPA ALLA FRANCESE FRANCIA e Brasile in finale dei Mondiali è un regalo talmente insperato che i francesi ancora stentano a crederci. Sembrano tutti Lilian Thuram, quando, mercoledì ha fatto gol contro la Croazia ed è rimasto impalato dallo stupore, chiedendosi come mai proprio lui, che in fondo non era pronto a tanto trionfo. Si rallegrano naturalmente i tifosi, pieni d'orgoglio e anche di ambascia perfora decisiva di stasera. Ma si rallegrano un po' tutti in Francia, comunque: nelle periferie, nei centri città, nella capitale agghindata. Invadono le strade, si colorano le facce, si fanno sorprendentemente socievoli: come per magia, hanno congedato il malumore che si portavano appresso da tempo, valigia ingombrante. Negli ChampsElysées erano 350.000, mercoledì. Nella piazza del municipio, a Parigi, si festeggiano carnevali attorno a schermi giganti. Erano venute molte ragazze, che per settimane si erano tenute alla larga: ora accorrevano trafelate, come il neofita che arriva tardi ma arriva convinto. Molti dicono: non si son viste esplosioni simili dal '68. Altri ricordano le feste di unità nazionale, alla Liberazione. Il patriottismo calcistico ha sempre volti multiformi belli, brutti, farabutti - ma il volto francese mette in questi giorni allegria. E' un patriottismo che non esclude, non è recintato, è con tagioso. Non somiglia al nazio nalismo fascistoide degli hooli gan o dei tifosi che in Croazia hanno assalito musulmani bo sniaci. Il tricolore è al centro d'ogni emozione. E certo, gli stendardi sventolano sempre nelle gare mondiali, ma in Francia succede qualcosa di diverso attorno alla bandiera. Nessuno sa più dirne i colori al solito modo: blu, bianco, rosso. Tutti ripetono rapiti che la «vera» ban diera è black-blanc-beur, è nerobianco-maghrebina (beur è nome dato ai francesi di origine nordafricana). Perfino i politici corrono dietro l'evento, elencano i nuovi colori. Sono i colori della squadra di Francia, che è multinazionale come l'olandese o l'inglese ma con una fierezza in più. E' il volto nero di Thuram, di Desailly. E' lo sguardo grave del più grande idolo francese dei Mondiali: Zinedine Zi- dane, detto anche Zizou, nato nella banlieue marsigliese, di origine algerina. Le sue radici sono iti Cabilia, che di questi tempi resiste all'arabizzazione e all'annullamento di due lingue vitali per l'Algeria: il berbero e il francese. E' la stessa terra che ha dato i natali a Matoub Lounès, il cantante adorato in Algeria come in Francia, ucciso in giugno dal terrorismo islamista. Con questa Francia multietnica si identifica il popolo francese, sia pure lo spazio di una festa. Ci hanno salvato i black! I beurs! Ci salverà Zinedine! Quando la Francia diventa universalista si salva sempre grazie ai suoi meteci, ai suoi impuri: ne era persuaso anche de Gaulle nella Resistenza. De Gaulle d'altronde non parlava di etnia, né di BlutundBoden, di terra e di sangue. Parlava di «una certa idea della Francia»: un'idea che si può coltivare sotto altri cieli, che pellegrini o esiliati trasportano sotto le suole delle scarpe. Ha detto una volta Ceronetti in un bellissimo articolo che la bandiera rappresenta l'Italia «in astratto», che «la si afferra come archetipo» e come «riscatto dalla politica» (La Stampa 7-1-97) Lo stesso avviene quando si ha «una certa idea» della patria, e quando si brandisce la bandiera nero-bianco-maghrebina. Per la prima volta da anni, il tricolore è tolto ai neofascisti di Le Pen e preso da chi sogna ancora una Francia universalista, una Parigi che prenda il posto di Vienna nell'immaginario europeo Questi Mondiali durano poco ma sono pur sempre una delle prime sconfitte, per il Fronte Nazionale. Nei sondaggi salgono Chirac, Jospin. Le Pen evapora. Le Pen aveva attaccato più volte la composizione della «co siddetta squadra di Francia, che non sa neanche cantare la Marsigliese». Quel che sta accadendo lo ha del tutto sorpassato Perfino il giornale conservatore Frankfurter Allgemeine reagisce stupefatto, ammirato Non senza invidia, il comrnen tatore Michael Eder descrive una squadra «a immagine della società francese», ed elogia un Paese «che può vincere nelle gare mondiali solo se è multietnico Barbara Spinelli CONTINUA A PAG. 8 PRIMA COLONNA
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