Tangentopoli, gli ulivisti si impuntano

Tangentopoli, gli ulivisti si impuntano Scambi di invettive Di Pietro-La Loggia. Si media sul nome di Zecchino come possibile presidente Tangentopoli, gli ulivisti si impuntano E torna in bilico l'armistizio sulla Commissione ROMA. Tutti contro tutti in pubblico. Delicate trattative in privato. Sulla commissione parlamentare d'inchiesta su Tangentopoli, l'armistizio raggiunto mercoledì scorso con il rinvio di una settimana del voto decisivo, è in bilico. Nel «comitato dei nove», incaricato di trovare un accordo sui compiti della commissione, si limano gli emendamenti, si lasciano circolare anche nomi di possibili candidati alla presidenza. Come se il 15 luglio la Camera dovesse, davvero, varare l'indagine sulla corruzione politica in Italia. Ma le proposte di maggioranza e opposizione sono ancora lontane. E arrivano bordate violente dal «movimento per l'Ulivo» e da quello di Di Pietro, l'«Italia dei valori», che imbarazzano la maggioranza e che innescano una reazione a catena di polemiche nel Polo. Il più duro è Antonio Di Pietro. L'operazione è chiara, dice: si vuole mettere in piedi una commissione d'inchiesta su Tantentopoli «per arrivare all'assurdo teorema tutti colpevoli, nessun colpevole». Così si imporrebbe «il paradosso» di far salire sul banco degli imputati i magistrati «che hanno fatto il loro dovere» e sul banco degli accusatori «la politica della prima Repubblica». Di fronte a questo «misfatto», dice Di Pietro, «non staremo a guardare». L'offensiva di Di Pietro fa infuriare il presidente dei senatori di Forza Italia, Enrico La Loggia. «Mi chiedo se il Di Pietro che fa battute di così basso profilo è lo stesso che disse di Berlusconi "a quello lo sfascio", se è lo stesso della Mercedes, dei cento milioni e dei telefonini». La Loggia contrattacca: «Di Pietro dovrebbe finalmente parlare del suo progetto politico, dovrebbe dire se utilizzò la sua funzione di magistrato per abbattere Berlusconi e per prendere il suo posto». Immediata la replica di Antonio Di Pietro: «Vorrei rassicurare La Loggia che Mani pulite non è stata frutto di alcun progetto politico, ma di obbligatorie attività giudiziarie. Anche un somaro se ne renderebbe conto». Controreplica di La Loggia: «Demagogo senza scrupoli». Ma questo scontro è soltanto la punta dell'iceberg delle difficoltà che navigano sulla rotta della commissione d'inchiesta parlamentare. Ieri anche l'Udr, con Buttigliene e con Scognamiglio, si è pronunciata per una «commissione con poteri pieni». E per il relatore di An nel «comitato dei nove», Ser- gio Cola, «la verità è che si sta cercando di insabbiare la prima seria inziativa parlamentare sulla corruzione». Anche il socialista Enrico Boselli ammette che «trapelano all'interno della maggioranza preoc- cupanti tentennamenti e ripensamenti». Proprio l'atteggiamento favorevole alla commissione di Boselli e dei parlamentari di Rinnovamento italiano avevano convinto, mercoledì scorso, le altre forze dell'Ulivo a una posizione meno rigida. • Ma in queste ultime ore gli elementi di rigidità stanno riaffiorando. Anche u «movimento per l'Ulivo» ha sparato a zero contro la commissione definita, in un lungo comunicato, «un modo per delegittimare la magistratura» che lascia «sgomenti e perplessi». H «movimento per l'Ulive» conclude con un appello ai partiti della maggioranza: «Non scendete a compromessi con coloro che hanno come unico obiettivo quello di soggiogare la magistratura e piegare la democrazia per difendere i propri interessi di parte». Tra i Democratici di sinistra, maggiori azionisti dell'Ulivo, la presa di posizione del «movimento» non viene drammatizzata. Si afferma che la posizione dei partiti della maggioranza è «concorde» e che il rischio, semmai, è «il nuovo irrigidimento del Polo». Anche il presidente della Camera, Luciano Violante, smorza le po¬ lemiche. «Abbiamo fatto commissioni d'inchiesta su tutto. Non farla su un fenomeno che ha prodotto il crollo della classe politica dirigente italiana mi pare francamente sbagliato». Il problema, anche per Violante, è quello degli obiettivi e degli strumenti. La commissione, dice il presidente della Camera, «non deve aprire una rissa permanente tra le parti e uno scontro tra mondo politico e autorità giudiziaria». Una mediazione, insomma, è possibile. E il «partito del compromesso» fa circolare anche un nome - quello del senatore del Ppi Ortensio Zecchino - come possibile presidente della futura commissione. Zecchino, parlamentare di Ariano Irpino, fedelissimo di De Mita, avvocato, attualmente presidente della commissione Giustizia del Senato, è considerato dal Polo un «garantista» e potrebbe essere la chiave di un accordo. Se ci sarà. Enrico Singer £ fi Ma l'intervento del capo dello Stato è condivisibile nelle sue parti davvero importanti, non in quelle enfatizzate subito dopo H fi fi Ha ragione quando avverte che la commissione su Tangentopoli non potrà valutare l'opera" deimagistrati■■ Qui sotto Marco Pivetti, consigliere di Magistratura democratica al Csm. A destra il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi

Luoghi citati: Ariano Irpino, Italia, La Loggia, Roma