La violenza? E' un gioco

La violenza? E' un gioco PRIMI CINEMA Esce lo scandaloso «Funny Games» dell'austriaco Haneke, r«Arancia meccanica» degli Anni Novanta La violenza? E' un gioco Due teppisti torturano urta famiglia FUNNY Games» vuol dire giochi buffi, giochi divertenti: un titolo sardonico per il film austriaco di Michael Haneke che ha provocato polemiche e paure, turbato la critica internazionale al festival di Cannes 1997, allarmato Wim Wenders e suscitato molte discussioni sulla violenza al cinema. Non è un film bello e neppure brutto: ma ha un'efficacia terribile, con mezzi di grande semplicità spaventa più di qualsiasi horror. Un giorno d'estate, una piccola famiglia benestante, padre, madre, ragazzino, arriva nella sua villa sul lago per una vacanza. Viaggiando in automobile, con la barca a rimorchio, l'uomo e la donna giocano agli indovinelli musicali ascoltando pezzi lirici e sinfonici, cercano di tener tranquillo il bel cane: non sono ricchi arroganti né volgari, ma quel tipo di persone sobrie, colte, eleganti, legate da una profonda intimità affettuosa, per le quali il benessere ha preso il posto della felicità. Il tempo è bello, tutto è dolce e famigliare, si salutano di lontano amici e vicini dandosi appuntamenti per il tennis, si ripetono i gesti consueti per sistemarsi. Lei comincia a preparare da mangiare, lui e il figlio vanno a mettere in acqua la barca. Alla porta si presentano prima uno, poi due ragazzi che si dicono mandati da un'amica a chiedere in prestito delle uova: hanno modi cortesi e bell'aspetto, sono studenti universitari ben vestiti di bianco, curiosamente portano persino guanti di cotone bianco. Non faticano a entrare in casa, a insinuarsi nelle stanze. Toccano tutto, da principio sembrano soltanto petulanti, invadenti, strani: e goffi, per esempio fanno cadere nell'acquaio il telefono portatile, rendendolo inservibile. Poi mettono paura: spaccano una gamba all'uomo con una mazza da golf, picchiano il bambino, uccidono il cane, spadroneggiano, legano i loro prigionieri. «Perché fate così?», è la domanda sgomenta; «Perché no?», è la risposta, nei toni di soave cortesia che caratterizzano il comportamento degli invasori. Minacciando il bambino, costringono la donna a spogliarsi, commentando crudelmente il suo aspetto, facendole perdere il decoro borghese, umiliandola. Riuscito a fuggire, il bambino scopre che nella villa vicina tutti sono stati uccisi: e anche lui viene ammazzato. Gli invasori torturano l'uomo e lo uccidono. Sono passate molte ore. Al mattino salgono in barca a vela con la donna, la affogano, e si presentano calmi a una nuova villa. Non rubano, non spiegano: il regista Haneke ritiene che ogni spiegazione sia rassicurante e razionalizzi una violenza invece enigmatica, ma si può immaginare che i due giovani as- sassini agiscano per sadismo, per noia, per senso di onnipotenza, per disprezzo antiborghese, per distruggere la tranquillità altrui. Lo stile del film elimina ogni spettacolarizzazione e ogni estetismo nella rappresentazione della violenza, resiste pure alla tentazione d'attribuirla a un atto gratuito o alla tentazione di forzare in chiave drammatica l'interpretazione degli attori che sono invece molto controllati: però mostra ogni conseguenza di sofferenza fisica e di annichilimento morale provocata dall'aggressione. Dal bellissimo racconto di Saul Bellow «Un dono della città» a tanti episodi della serie televisiva dell'ispettore Derrick, dall'«Ore disperate» diretto da William Wyler a quello diretto da Michael Cimino, l'irruzione della violenza prepotente in una casa serena, la sopraffazione criminale d'una famiglia inerme, sono state raccontate molte volte. Michael Haneke, nato a Monaco, cittadino austriaco, 56 anni, regista soprattutto televisivo, non è un autore di speciale qualità: ma in «Funny Games» sono l'insensatezza dell'ag¬ gressione immotivata, il pensiero che cose simili sono già capitate a tanti e potrebbero accadere a chiunque, la fredda crudeltà indifferente del delitto a far star male davvero. Lietta Tornabuoni FUNNY GAMES di Michael Haneke con Arno Frisch Susanne Lothar Frank Gioring Ulrich Muehe Drammatico; Austria, 1997 Cinema Reposl di Torino Una scena tratta da «Funny Games», ii tìtolo del film austriaco significa giochi divertenti Un'altra scena tratta dal film di Michael Haneke che ha provocato polemiche e paure, turbato la critica internazionale al Festival di Cannes 1997, allarmato Wim Wenders e suscitato molte discussioni sulla violenza al cinema

Luoghi citati: Austria, Cannes, Monaco, Torino