Se a rubare sono le guardie di Lietta Tornabuoni

Se a rubare sono le guardie Se a rubare sono le guardie ATURALMENTE, la auestione della conanna di Silvio Berlusconi a due anni e nove mesi, per corruzione, si può porre così: il capo dell'opposizione viene processato, riconosciuto colpevole, condannato al carcere anche se non ci andrà. Naturalmente, si può porre anche così: un uomo d'affari entrato in politica per proteggere il proprio patrimonio e per difendere se stesso da tribunali e detenzione, non arriva a evitare i procedimenti giudiziari, nonostante tutti gli accordi, proclami e compromessi politici messi in opera a questo scopo. Naturalmente, la questione si può ulteriormente porre così: dato che per commettere il reato di corruzione le parti devono essere due, corruttore e corrotto, chi dà e chi prende (in questo caso, quattrocento milioni per evitare verifiche fiscali esatte in tre aziende del gruppo Berlusconi), com'è che le condanne inflitte ai graduati della Guardia di Finanza ci interessano tanto meno di quella a Berlusconi? Magari potrebbero interessare pure molto di più: Berlusconi è parlamentare e leader politico ma resta una persona, un privato, mentre sono tre i condannati di quella Guardia di Finanza che è un'istituzione dello Stato, l'istituzione^appunto preposta alla correttezza fiscale, al controllo degli evasori; e, per parlare soltanto di questi giorni, altri 46 finanzieri, 20 dei quali arrestati, sono stati imputati a Napoli di complicità in truffa ai danni di un Ente pubblico. In maniera vagamente analoga, il furto dei quadri di Van Gogh e di Cézanne a Roma l'ha reso possibile una dipendente della Galleria d'arte moderna, viceresponsabile di quel servizio di sorveglianza incaricato di salvaguardare le opere d'arte dal furto e dai danneggiamenti. In maniera vagamente analoga, gli incendi distruttivi appiccati nel Centro-Sud, secondo un'ipotesi forte, vengono attribuiti alle stesse persone che dovranno ora lavorare a rimettere a posto i terreni arsi: se un tempo la colpa della vegetazione e degli alberi bruciati veniva addossata alla speculazione edilizia, alla I bruc | la si volontà di eliminare quel verde che ostacolava le costruzioni e la cementificazione dei luoghi, adesso viene data non più alla voracità dello sfruttamento, semplicemente al bisogno di lavoro. Di questo tipo di colpevoli veri o presunti si parla poco, di sfuggita, con reticenza, quasi per vergogna o per paura di riconoscere una realtà, e se ne parla sempre come se si trattasse di casi isolati, di assolute eccezioni. Ma il moltiplicarsi degli episodi dice che non è così, provoca un senso di insicurezza profonda, di smarrimento: se, oltre ai ladri, a rubare sono le guardie, chi ci salva dal capovolgimento del ruoli e dall'inversione delle regole, chi ci aiuta? FOTOCOPIE Si può anche non essere tutti contenti all'idea che la Rai ci rifriggerà con qualche spolveratura attuale, per quindici puntate, la trasmissione radiofonica Àrbore-Boncompagni di 28 anni fa, o che ci si ritroverà davanti quel Gian Burrasca ideato 78 anni fa e portato in tv 34 anni fa. Ci sono già un'infinità di repliche, di bruttissimi film comici dei Quaranta-Cinquanta, di vecchi Totò e di polizieschi conosciuti a memoria a forza di venir ripetuti, a fare della programmazione Rai un'immensa minestra riscaldata, uno scandalo permanente, un furto ai danni degli utenti. Invece di telecomparire e farsi teleintervistare ovunque, forse il presidente dell'azienda potrebbe occuparsi dei programmi: se gli abbonati fossero meno pazienti, indifferenti o rassegnati, se fossero più coerenti, pagherebbero il canone per metà in soldi e per metà in fotocopie di soldi. Lietta Tornabuoni ani |

Persone citate: Berlusconi, Boncompagni, Gian Burrasca, Silvio Berlusconi, Van Gogh

Luoghi citati: Napoli, Roma