Braccio di ferro su Tangentopoli di Enrico SingerCarlo Federico Grosso

Braccio di ferro su Tangentopoli Il Polo respinge una mediazione dei Ds. Mussi: disponibili a dare carte su coop e Urss Braccio di ferro su Tangentopoli Commissione, voto rinviato di una settimana ROMA. Otto ore di trattative, di riunioni segrete, di emendamenti, di parole grosse in aula e di ipotesi di accordo discusse nelle salette dei gruppi e naufragate una dopo l'altra. Poi, ieri sera alle 18,15, tutto è finito con un rinvio. Della commissione d'inchiesta parlamentare su Tangentopoli si riparlerà - e si deciderà - mercoledì 15 luglio. Con maggioranza e opposizione su fronti ancora lontani. Ma con un fatto nuovo: dal no secco alla richiesta del Polo, l'Ulivo è approdato a un sì sottoposto a una condizione, che la commissione non possa «interferire con le competenze dei giudici né sindacare le loro azioni». E su questo limite l'accordo non c'è ancora e non si annuncia nemmeno facile. Silvio Berlusconi ha lasciato nella cartellina rossa il discorso di fuoco che aveva preparato per le dichiarazioni di voto, che non ci sono state, e a caldo dice che questa convulsa giornata «segna un punto a favore» perché la maggioranza ha cambiato rotta. Ma avverte anche che il rinvio è un espediente per prendere tempo e per far abbassare «la febbre nell'opinione pubblica che ci dà ragione» dopo la sua condanna a Milano. TI «cambiamento di rotta» di cui parla Berlusconi è maturato in una notte di contatti tra i partiti della maggioranza. Ufficialmente, come racconta Antonio Soda, Ds, relatore di maggioranza, perché dal Polo erano arrivati «segnali importanti» sul rispetto dell'azione dei magistrati. Ma anche perché erano apparse delle crepe nella compattezza della maggioranza. I socialisti di Boselli avevano apertamente annunciato di essere a favore della commissione d'inchiesta, e la stessa posizione era emersa tra i parlamentari di Rinnovamento. Con la Lega schierata al fianco del Polo ieri mattina la maggioranza non era tranquilla sull'esito di un voto. E la «svolta» ha preso corpo. «Ma possibile che quelli del Polo non si rendano conto del risultato che hanno ottenuto?», dice il verde Boato. «Fino a ieri eravamo muro contro muro, adesso il principio di istituire una commissione parlamentare è accettato». Ma nel Polo questa «mano tesa» non convince. Casini lo ha detto chiaramente in aula: «H problema non è la pausa di riflessione, il problema è di sostanza perché mai prima d'ora sono stati posti tanti limiti a una commissione d'inchiesta parlamentare. E a uno strumento muu lato noi diciamo di no». Lo scontro sui limiti è tutto concentrato nell'articolo 4 della legge istitutiva della commissione. La proposta del Polo, presentata e difesa fino all'ultimo da Franco Frattini, prevede che «la commissione può richiedere atti e documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria». Questo, secondo Soda, significa darle il potere di «mettere sotto accusa i giudici». La controproposta è di precisare che «le indagini della commissione non possono interferire con le com¬ petenze esclusive dell'autorità giudiziaria e non possono essere dirette ad accertare responsabilità personali, né a sindacare le modalità di esercizio dell'azione penale e della giurisdizione». Di questo emendamento, dopo due interruzioni del dibattito in aula ed estenuanti negoziati, il Polo ha accettato soltanto la prima parte. «Noi siamo disposti ad affermare che le indagini della commissione non possono interferire sull'azione dei giudici», ha detto Frattini. «Ma una commissione parlamentare non può rinunciare anche al diritto di dare un giudizio politico». Sarebbe quello che Casini definisce «strumento mutilato» ricordando che né la commissione antimafia né quella sulle stragi né quella sulle deviazioni dei servizi segreti hanno mai subito limiti di questo genere. Alle riserve del Polo, la maggioranza replica su due piani distinti. Da una parte invita a «non perdere l'occasione storica di indagare sulla corruzione politica», dall'altra ribadisce che una simile indagine non può trasformarsi in un «processo ai giudici». Dice Fabio Mussi, capogruppo dei Ds: «Il Polo insiste nel dire che vuole soltanto la verità storica sulla corruzione e noi siamo andati a vedere le carte. Se è veramente così è giusto precisare che non si deve interferire con i processi in corso. Se il Polo rifiuta, avremo invece la prova che i nostri sospetti erano fondati, che si volevano mettere sotto accusa i giudici». Mussi dice anche che il suo partito «è pronto ad aprire gli archivi», a fornire tutti i documenti sui finanziamenti dall'Urss e sui rapporti con le cooperative. «Gh altri faranno vedere i documenti dei soldi che arrivavano dalla Cia», dice Folena, «ma questo va bene perché un processo alla storia politica si può fare. Quello che non si può fare è processare in Parlamento la magistratura». A questo punto, c'è una settimana per tentare un'intesa concreta. L'auspica anche Cossiga, che parla di «spiraglio di dialogo» tra maggioranza e opposizione. Ma le distanze sono ancora grandi. Enrico Singer L'intervento di Pietro Folena dei Democratici di sinistra durante il dibattito alia Camera sulla Gommissione per Tangentopoli A destra: il vice presidente del Csm Carlo Federico Grosso

Luoghi citati: Milano, Roma, Urss