QUALCOSA GLI DOBBIAMO di G. Fer.
QUALCOSA GLI DOBBIAMO ILMÌTOELVOMO QUALCOSA GLI DOBBIAMO c <j E' chi invecchia bene. Con serenità e dolcezza, con un cuore puro e un sorriso sincero. Ho rivisto Joan Baez, l'anno passato. I suoi occhi erano gli occhi di Woodstock e della perduta America dell'amore e dell'estate dei fiori e delle speranze; erano gli occhi di una donna che ha vissuto la vita con forza e dignità; occhi sempre giovani. Gli anni passano, e c'è l'argento nei capelli, ma la bellezza interiore illumina l'esistenza, e la vecchiaia non è inverno crudo, è autunno lungo e caldo. C'è chi invecchia male. Spesse volte, quelli del rock invecchiano male: il contratto con il diavolo non prevedeva l'invecchiamento, e uno si sente truffato, e quelli di oggi invidia, o singhiozza se gli passano avanti. Le rughe sono dure e cattive, arrivano fin nell'anima. E ti guardi allo specchio e non ti ritrovi più. Così sia di Bob Dylan. Dicono che il suo ultimo album è molto bello; ma non servono gli album belli; e non serve neanche cantare per il Papa. Non serve quando hai quel tormento dentro, e scopri di essere un alieno caduto su un pianeta che non è più il tuo pianeta, vero Mister Tamburino? Rimettiamoci la giacca, i tempi stanno per cambiare. Anzi. Sono cambiati. Eppure, noi - che abbiamo rubato l'Europa e l'America e adesso siamo stanchi - andremo al concerto di Bob Dylan. Ci andremo perché conserviamo in cantina qualche copia di Linus, e qualche volantino ciclostilato; perché abbiamo ancora quella foto in cui lei sorrideva e non guardava; perché non sappiamo dove sono finiti tutti i fiori, ma da qualche parte dovranno pur essere; perché stiamo scrivendo queste righe piene di vecchie canzoni che i kids non riconoscono più; e perché possediamo ancora un giradischi, e i dischi di vinile con le copertine rovinate e i solchi consunti, e vicino ai dischi di vinile montagne di ed, e nei ed niente da ascoltare. Andremo al concerto di Bob Dylan perché vorremmo invecchiare come Joan Baez e non come Bob Dylan, e per invecchiare così forse è utile ascoltare Bob Dylan senza la rabbia di non essere più quelli di quei tempi là; e ci portiamo tutto dentro e nessuno ce lo potrà mai togliere; e se soltanto riusciremo a decifrare nel borbottìo dylaniano i versi amati, «come ti senti a essere da solo, come un perfetto sconosciuto, senza un posto dove andare, come una pietra che rotola», il cuore ci esploderà ancora una volta; e siamo stati tutti, nella giovinezza inquieta, pietre che rotolano, perfetti sconosciuti senza un posto dove andare; poi magari abbiamo trovato qualcosa, o stiamo ancora cercando; però ci accompagnano quelle parole, ripetute nel momento del dolore e della sconfitta, per poi rialzarci e continuare la strada. E almeno questo, a Dylan, lo dobbiamo. Hello, Mister Zimmerman. [g. fer.]
Persone citate: Bob Dylan, Joan Baez, Mister Zimmerman
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